Avvenire, 10 novembre 2022
In Spagna, un giovane su 4 si dichiara «apertamente razzista»
Un giovane su 4 si dichiara «apertamente razzista» in Spagna, dove la principale causa di discriminazione è l’origine etnica. È quanto emerge dallo studio “Giovani e razzismo” presentato dal Centro Reina Sofia della Fondazione indipendente Fad Juventud, in base a un rilevamento realizzato su un campione di 1.200 spagnoli fra i 15 e i 29 anni.
Nella patria di Cervantes le tre principali cause di discriminazione sono l’origine etnica, indicata dal 42,3% degli intervistati, seguita dal sesso o genere (40,5%) e dall’orientamento sessuale (39%). Le persone di etnia gitana sono quelle che suscitano più sentimenti xenofobi, poiché il 24% dei giovani assicura di «non gradirle» come vicini, né come professori o capi, tantomeno come agenti di polizia. Mentre sale al 30% la percen-tuale di quanti non vorrebbero un sindaco gitano. Dopo la comunità rom, sono gli immigrati di origine marocchina o provenienti dall’Africa subsahariana i principali bersagli del razzismo. E, secondo il profilo, sono soprattutto i giovani di ideologia di estrema destra, senza studi universitari, a mostrare pubblicamente il rifiuto nei confronti delle persone provenienti da questi Paesi. Vale la pena evidenziare che 3 su 4 giovani iberici (il 75%) rifiuta la xenofobia e pone in valore il multiculturalismo, esprimendo «un alto grado
di accordo» sulla protezione dei collettivi più fragili, soprattutto per la copertura sanitaria universale e l’assistenza ai minorenni non accompagnati.
Il rapporto sulle attitudini e le percezioni razziste rivela anche che il 40% degli intervistati è convinto che i discorsi xenofobi affondino le radici nel «mancato adattamento dei migranti». E una maggioranza (il 60.4%) attribuisce la responsabilità ai media e all’immagine che danno dell’immigrazione, mentre sono segnalate in secondo luogo le proposte xenofobe dei partiti di estrema destra (49,7%). Quanto alla violenza razzista, il 32% dei giovani interpellati riconosce di aver assistito ad aggressioni fisiche e quasi la metà a insulti o scherno in pubblico, soprattutto nelle reti sociali. Molti ammettono di averle sofferte (14%), qualcuno anche di averle inflitte (5,7%).
Per un confronto comparativo con gli anni scorsi, Anna Sammartín, vicedirettrice del Centro Reina Sofia, rimanda agli ultimi dati diffusi dal ministero degli interni, secondo i quali i reati di odio sono aumentati del 5,6% rispetto al 2019. «Anche se – rileva – il maggiore incremento riguarda proprio quelli di razzismo e xenofobia, che rappresentano oltre il 35% del totale».