Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  novembre 10 Giovedì calendario

Zaia dice no alle trivelle in Adriatico

ROMA «Nel referendum del 2016, io avevo sostenuto il no alle trivelle, come quasi l’86% dei veneti e degli italiani. E oggi, confermare quel no non è soltanto una questione di coerenza». Luca Zaia, il governatore veneto, prende la parola per la prima volta dopo che il governo (con un emendamento al dl Aiuti ter) ha dato il via libera all’estrazione di gas dai giacimenti più grandi. Per il Veneto, significa la possibilità che si trivelli in un’area sul mar Adriatico al largo delle coste del Polesine. E il punto è proprio questo.
Perché dice che non è solo coerenza con il 2016? A che cosa sta pensando?
«Mi riferisco a un fatto che è sotto gli occhi di tutti. Gli esiti della subsidenza – lo sprofondamento dei terreni e dei fondi marini – in seguito alle trivellazioni degli anni Cinquanta sono stati imponenti e devastanti. Ci sono zone in cui il fondo si è abbassato di quattro metri, con una progressione dei cedimenti anche oggi inesorabile».
Insomma, presidente: «Non nel mio cortile»?
«La nostra gente è sicuramente inquieta per quello che è successo. Al di là dei colori politici, lo ha scritto bene sul Corriere di ieri Gian Antonio Stella. E la preoccupazione è diffusa anche per un fatto a cui si pensa poco: la prima industria del Veneto è il turismo, la metà del fatturato viene proprio dalle spiagge».
La Croazia però trivella eccome. E poco lontano. Non è un po’ strano?
«No. Noi abbiamo fondali sabbiosi, non rocciosi come quelli della Croazia. É tutto un altro contesto ed è ovvio che qualche punto interrogativo ci venga in mente».
Non sarà anche lei uno di quegli «ambientalisti ideologici» di cui ha parlato Giorgia Meloni?
«Macché, lei scherza. La nostra non è una posizione ambientalista e tantomeno ideologica. Per dire: noi siamo favorevoli ai rigassificatori e le posso dire che siamo pronti ad aumentare la capacità di quello che già c’è. Io capisco fino in fondo la preoccupazione del governo. Però c’è luogo e luogo».
Insomma, il suo è un no deciso...
«Ho visto dichiarazioni ufficiali secondo cui la verifica dei danni sarà conditio sine qua non. Il problema però è che noi di prove ne abbiamo già fatte, e il combinato disposto tra morfologia e fragilità del territorio ha dato esiti pessimi. Piuttosto, ripeto, si approfitti del rigassificatore che abbiamo e spingiamone al massimo le potenzialità. Tra l’altro, le nuove perforazioni potrebbero non darci risultati prima di tre o quattro anni».
Presidente, però il problema dell’approvvigionamento energetico è grave.
«Noi siamo perfettamente coscienti della crisi energetica e siamo convinti che sia grave. Ma è altrettanto vero che non si può passare sopra a questioni assolutamente serie in nome della ragion di Stato. Il Veneto si è sempre dimostrato attento e solidale, ma in questa fase sarà difficile dipanare le perplessità di una comunità che ha già pagato un conto salato per quello che è stato. Nel Polesine è stato un disastro colossale».
Che cosa risponde agli industriali che su questo tema protestano per il «silenzio della politica»?
«A tutti noi verrebbe da dirlo, non si può morire per mancanza di materia prima. E personalmente sono noto per aver fatto opere pubbliche anche ciclopiche, anche contro i comitati. Nessuno meglio di me può comprendere e condividere la voglia di fare. Ma sono gli stessi consulenti che gli industriali usano per altri dossier a dire che è pericoloso. Si tratta di capire se c’è qualcuno che sia in grado di certificare che non ci siano rischi. A me, al momento, non risulta. E mi faccia dire anche un’altra cosa...».
Prego.
«L’Adriatico è un mare ma con molte delle caratteristiche di un lago. In questo contesto, gli effetti di eventuali danni ambientali sarebbero devastanti per turismo e balneazione in un raggio amplissimo, con un danno anche d’immagine complessivo enorme: il 66% dei nostri turisti sono stranieri».
Come valuta le prime mosse del governo?
«Giorgia Meloni si sta dimostrando coerente e operativa. Certo: di fronte abbiamo delle sfide, anche come centrodestra, che probabilmente sono simili a quelle del dopoguerra, siamo di fronte a una ricostruzione. Ma penso che i presupposti per fare bene ci siano tutti, e la presidente del Consiglio mi pare assolutamente sul pezzo».