La Stampa, 10 novembre 2022
Biografia di Ron DeSantis
Ron DeSantis è raggiante, la Florida è sua, il margine sullo sfidante per la carica di governatore Charlie Crist è oltre i 15 punti. Sale sul palco con la moglie e i figli per abbracciare il suo popolo. Confinato oggi nello Sunshine State, domani forse valicherà i confini statali. I media della destra lo santificano e il New York Post, un tempo il tabloid di casa Trump per l’attenzione che dedicava alle vicende di Donald costruttore e animatore della vita di New York prima ancora fosse presidente, gli ha consegnato la prima pagina con un titolo “DeFUTURE” che racchiude il senso di queste Midterm sul fronte della destra.
Si fermano forchette, brindisi e chiacchiere all’evento elettorale all’American for Tax Reform il think tank di Washington animato da Grover Norquist, quando DeSantis appare in tv, dichiara la sua vittoria sulla cultura woke ed esalta la piattaforma che l’ha portato al trionfo in casa e che sembra un modello per il conservatorismo del 2024. Tasse basse, contro l’immigrazione clandestina e contro le regole restrittive nella gestione del Covid. Non è un caso che la platea in Florida lo saluti ritmando «Two more years», ovvero il lasso di tempo che manca alle presidenziali.
Il clima è ben diverso a Mar-a-Lago, dove Trump tiene la sua festa elettorale. Mentre scorre la notte perde smalto e spegne sorrisi. All’alba arriva l’ordine di evacuare la zona per l’arrivo della tempesta tropicale Nicole, mentre per pura coincidenza temporale, il deputato anti-Trump Adam Kinzinger twitta: «Ora è ovvio che il Gop deve espellere la famiglia Trump dal vocabolario del futuro».
Alcuni dei consiglieri di Donald confessano alla Fox News che il tycoon la sera «era furioso e urlava contro tutti», anche con la moglie Melania, ha raccontato Maggie Haberman, del New York Times, per «le scelte di candidati sbagliati e non all’altezza». Aveva inaugurato il party lanciando un messaggio ambiguo: «Se vinciamo è merito mio, altrimenti non datemi la colpa». Il problema è che se i repubblicani sono andati sotto le attese, i candidati che Trump ha sponsorizzato sono andati ancora peggio. E DeSanctimonius, il soprannome che gli ha affibbiato, vola strapazzando pure il record di consensi in Florida e vincendo nella blu Miami-Dade.
Nessuno de candidati trumpiani impegnati nelle corse in bilico ha vinto. L’elenco dei candidati “deniers” (quelli che considerano il 2020 l’anno del furto elettorale) spazzati via è lungo, e quelli che hanno vinto, come JD Vance in Ohio, si sono “dimenticati” di ringraziare il tycoon nel discorso celebrativo. Lui e Budd in North Carolina, notano maligni gli esperti, avrebbero vinto ugualmente vista la tendenza repubblicana dei due Stati.
I piani però non cambiano. Il 15 novembre Trump ha convocato tutti a Mar a Lago per un grande annuncio, che non può essere che la terza candidatura alla Casa Bianca. Cancellarlo dopo lo stop delle Midterm sembrerebbe un’ammissione di responsabilità che Trump non vuole fare. Ma soprattutto è astioso per DeSantis e i coriandoli e i festoni che lo inondano sul palco. I consiglieri di Trump alzano preventivamente i toni contro il 44enne di Jacksonville che ha portato i repubblicani a stravincere. «Sono i media – chiosano – a costruire la sua immagine di candidato» per il 2024. Trump qualche ora prima aveva avvertito Ron con un linguaggio opaco che se «corre rischia di farsi male». Quindi aveva accennato a segreti e informazioni che «posso condividere». Al di là di come chiuderanno queste Midterm, la Florida ha abbattuto un leader e ne ha elevanto, potenzialmente, un altro.
Dentro il partito repubblicano qualche conto verrà regolato, gli scambi di accuse sono iniziati. Kevin McCarthy vuole fare lo Speaker e ieri ha convocato i deputati per ragionare su agenda legislativa della House e misurare dietro le quinte contare il supporto che ha. Non così granitico. Poche ore prima del voto aveva incassato quello di Trump, improvvisamente diventato marchio deperito. Nel 2020 è stato il primo presidente dai tempi della Grande Depressione a perdere contemporaneamente Casa Bianca e Congresso. Nel 2018 aveva perso le Midterm e nel 2022 il suo contributo alla causa repubblicana è perlomeno contestato. Trump non sfonda il tetto del 35% del consenso nazionale, Mike Cervovich, stratega conservatore dice: “Ha zero chance per il 2024”. DeSantis non è testato a livello nazionale ma non ha il passato ingombrante del tycoon e il capo del Gop in Texas lo incensa: «È il brand vincente del Partito».
Mitch McConnell, il numero uno del Gop al Senato, è come al solito una sfinge. «Non so nulla in più di voi», dice ai reporter che lo attendono a Capitol Hill. Tutti sanno che non è vero. Forse ha già visto la via d’uscita dal trumpismo.