la Repubblica, 10 novembre 2022
Il sesso secondo Emma Thompson
La protagonista di Il piacere è tutto mio è un’ultracinquantenne, da tempo invisibile agli sguardi degli altri, come quasi tutte a quell’età, della cui vita sessuale nessuno parla e tantomeno si cura. La materia è poco battuta al cinema, quando affrontata viene privata di complessità, spesso travisata: ecco le donne “toste” che si godono il sesso facile come gli uomini. Più in generale c’è un calo generale del tema, dovuto alla dittatura commerciale della commedia per famiglie. Anche per questo il film scritto da Katy Brand e diretto da Sophie Hyde è stato un’apprezzata sorpresa al Sundance e alla Berlinale (ora in sala con Bim). Certo, il merito del gradimento è molto di Emma Thompson, la signora del cinema inglese: 63 anni, un Oscar da protagonista per Casa Howard e uno da sceneggiatrice per Ragione e sentimento, che qui si mette in gioco e a nudo, emotivamente e fisicamente. Nancy è un’insegnante di religione vedova, ha un figlio noioso e una figlia petulante, che decide di noleggiare un lavoratore sessuale, (l’ottimo Daryl McCormack) alla ricerca di quell’orgasmo che in trent’anni di matrimonio – con il defunto consorte – non ha mai provato.
Nell’asettica e lussuosa camera d’hotel, in quattro incontri – tra timore, pudore, piacere, “lista” di voglie da soddisfare – scoprirà molto. Nell’incontro a due in un albergo di Berlino, Thompson racconta di averaccettato in un baleno il ruolo: «Il copione era insolito, ribelle, coraggioso. Non parliamo mai di piacere o vergogna in modo utile. È un film che esplora la realtà, affronta un momento esistenziale speciale per una pensionata che ha fatto tutto ciò che ci si aspettava da lei, in famiglia e sul lavoro. Che non abbia mai avuto un orgasmo è piuttosto realistico, secondo studi succede al 15% delle donne. La storia ci insegna che il piacere femminile non è importante, è ora di affermare il contrario». Sottolinea che il film non è una storia d’amore ma «il viaggio di qualcuno finalmente libero dal peso del romanticismo che l’ha danneggiato per decenni. Una delle tante donne inglesi che, dopo aver vissuto secondo stringenti regole morali, realizza che non servono a nulla. E si mette a nudo per la prima volta».
Il lungometraggio è una danza a due ma anche un viaggio verso l’accettazione del proprio corpo con un nudo frontale di Thompson: «Non è stato facile e non ho voluto nessun ritocco digitale sul mio fisico. Nella scena finale, il mio personaggio fa qualcosa di incredibile: si guarda allo specchio senza giudicarsi. Senza questa scena il film non sarebbe stato lo stesso». Rispetto all’immagine, dice che «nella carriera ho subito il lavaggio del cervello ma oggi con i social è anche peggio. Invece di vivere il proprio corpo con forme e misure reali, ci si ritocca: quel che facevano le riviste con le foto di copertina oggi si fa da soli col cellulare. Dilaga l’idea di una perfezione industriale e banale, a otto anni le ragazzine dicono “non mi piacciono le mie gambe”, dilaga l’anoressia. Non posso far molto, però posso dire che oggi il mio corpo magari non lo amo ma lo accetto».