la Repubblica, 10 novembre 2022
DeSantis a valanga. Trump lo minaccia
Martedì sera, alla festa per la rielezione a valanga di Ron DeSantis, i suoi sostenitori urlavano a pieni polmoni: «Two more years! Two more years!», «altri due anni!». Ma come mai, se aveva appena conquistato il secondo mandato quadriennale a governare la Florida? Perché tutti si aspettano che fra due anni lascerà l’incarico, per la corsa alla Casa Bianca, preparando il terreno per uno scontro con Donald Trump che già si annuncia feroce, ed esponendo il Gop al rischio di una frattura interna capace di ricondannarlo alla sconfitta. La scelta però sembra segnata, perché Ron è stato l’unico capace di cavalcare l’annunciata ondata repubblicana, fallita invece nel resto dell’America, dove l’ex presidente aveva imposto candidati e linea. Perciò il ragionamento della leadership del partito, ma ormai anche di una parte dell’elettorato, sta diventando ovvio: con DeSantis si vince e con Trump si riperde. Poi fate voi, scegliete di che morte volete morire.
Pronipote di italiani sbarcati ad Ellis Island all’inizio del secolo scorso, suo padre installava i box della Nielsen per l’audience televisiva. A scuola era campione di baseball, fino alle Little League World Series, ma poi entrò a Yale per la laurea e a Harvard per la specializzazione in legge. Con questi pezzi di carta poteva scegliere qualsiasi lavoro, ma si arruolò in Marina nel servizio legale, lavorando prima a Guantanamo e poi schierato con il SEAL Team One a Fallujah, Iraq. Al ritorno si candidò alla Camera e il restoè storia. All’inizio sottobraccio a Trump, che nel 2018 lo appoggiò per la prima candidatura a governatore, contro il prediletto dell’establishment Adam Putnam. Ma ora contro, perché insidia la sua ricandidatura alla presidenza. Perciò Donald lo ha soprannominato “Desanctimonius”, l’ipocrita, minacciandolo apertamente: «Se si candida si farà molto male. Posso rivelare cose non proprio lusinghiere sul suo conto, che forse sa solo sua moglie». Non proprio una dimostrazione di fiducia in se stesso, ma piuttosto l’ammissione che l’ex capo della Casa Bianca lo teme ed è pronto a distruggerlo.
Però l’ex militare Ron non ha alcuna intenzione di lasciarsi intimidire. Durante la campagna elettorale ha raccolto circa 200 milioni di dollari, molto più di quanto gli servisse, dimostrando di avere un forte appeal nazionale tra i grandi finanziatori. Uno di loro, l’ex ambasciatore americano in Italia Mel Sembler,spiega così aRepubblica il suo successo: «Fa quello che promette, è un politico integro e determinato. Ti puoi fidare, ed è una qualità rara. La decisione di tenere la Florida aperta durante il Covid, salvando così la nostra economia, è quella che lo ha reso popolare, nel nostro Stato e in tutta l’America».
In realtà si è fatto notare anche per varie iniziative, tipo la legge “Don’t Say Gay” per non nominare l’omosessualità nelle scuole, la battaglia culturale contro la Disney accusata di essere troppo liberal, o il rapimento dei richiedenti asilo venezuelani in Texas per scaricarli sull’isola dei vip democratici Martha’s Vineyard.