Corriere della Sera, 10 novembre 2022
Quando la televisione diventa un tribunale supremo
Martedì sera, le Iene (parliamo al plurale per riferirci a un metodo non a una singola persona), in apertura di trasmissione hanno replicato alla sconvolgente storia che da una settimana li vede coinvolti. Di mezzo ci sono due suicidi, un servizio particolarmente violento delle Iene nei confronti di un signore di Forlimpopoli, un mare di polemiche, vari e audaci sforzi di stabilire un nesso causale tra il suicidio di una persona e la gogna mediatica, soprattutto una duplice tragedia: un uomo di 64 anni si finge donna e seduce online un ragazzo che, scoperto l’inganno, si toglie la vita. Dopo che la storia è finita in tv, sono arrivate le minacce e anche l’autore dell’inganno si è ucciso.
Forse, da parte delle Iene, sarebbe stato meglio il silenzio. Invece, non paghi del loro metodo che da anni condanniamo (l’intervista imboscata, la violazione della privacy, la gogna, la tv come tribunale supremo), si sono difesi dando la colpa alla società. Invece di aspettare che la giustizia faccia il suo corso, la loro missione è anticipare la giustizia, imponendo una loro giustizia.
Poi, se è successo quello che è successo la colpa è del «meccanismo perverso tipico del cat-fishing». Se due persone si sono suicidate la colpa è del vuoto normativo: «E soprattutto abbiamo gli strumenti per proteggere le persone più a rischio? Nel nostro ordinamento è previsto il reato di sostituzione di persona, ma siamo sicuri sia sufficiente?». Nell’attesa, loro precedono e procedono.
Mai un’assunzione di responsabilità, mai un ammettere il cialtronismo di certe interviste, mai chiedere scusa. E dire che il catalogo di servizi deprecabili ormai è lungo.
Stupisce anche l’assenza di Mediaset, rafforzando l’impressione che l’azienda sia ormai divisa in diversi sultanati. Alla linea editoriale si è sostituita la morale del punto in più di share.