Il fatto, 9 novembre 2022
Il fu Mattia Torre va su Rai 3
“Questo lavoro è il tentativo di valorizzare e amplificare il teatro di Mattia Torre”. Per il drammaturgo, sceneggiatore e regista romano scomparso nel 2019 ad appena 47 anni, Paolo Sorrentino nutriva una sincera affezione: “Mi manca molto Mattia, quando sentivo gli attori sul palco mi sembrava di udire la sua voce. Non è ambizione, ma necessità: la sua opera merita il grande pubblico della tv, e della Rai in particolare”.
Da Migliore a Gola, passando per Perfetta, Qui e ora, 465 e In mezzo al mare: dal 19 novembre, per cinque sabati consecutivi alle ore 22.00 su Rai3, Rai Cultura propone Sei pezzi facili, altrettante opere teatrali di Torre, con la regia televisiva di Sorrentino. L’episodio mostrato alla stampa – dal 12 novembre disponibile su RaiPlay – Gola inquadra l’Italia attraverso il cibo, dalla sovrabbondanza all’inappetenza, dalla guerra alla psiche, traendone lo spettro dell’indifferenza quale carattere nazionale. È Valerio Aprea, che incarna pure In mezzo al mare e, con Paolo Calabresi, Qui e ora, a interpretare il monologo, che nel teatro di Torre, l’Ambra Jovinelli, Sorrentino riprende “con minimi appigli cinematografici, l’unica cosa che so davvero fare”. Eccetto per il pee wee, il camera dolly che fa di Aprea un Papa benedicente nel finale “anche per (scherza, ndr) giustificare il lauto compenso della Rai”, la regia è semplice, esplicitamente di servizio, asseconda l’attore e zooma su belle ragazze ridenti in platea. Sorrentino non si scompone: “Non si tratta di pigrizia, semplicemente dovevo trovare angoli, inquadrature e ritmo televisivo che combaciasse con quello teatrale nel migliore modo possibile. Perché Torre è come Eduardo, e io Eduardo non lo porterei mai in giro (frecciatina, ndr) per i Quartieri Spagnoli”.
Insomma, “il teatro di Torre è totalmente compiuto, non aveva bisogno di chissà quali interventi: la fantasia supporta quando le cose non funzionano”, e qui una fantasia supplementare avrebbe comportato “il rischio di essere ridondanti e retorici”.
L’ad di Rai, Carlo Fuortes, associa Sei pezzi facili a Esterno notte, la (fuori)serie di Marco Bellocchio sul caso Moro in onda il 14, 15 e 17 novembre, nel novero dei “progetti originali per la tv che hanno coinvolto Fellini, Bertolucci, Ronconi e Olmi: una grande tradizione da continuare”; il direttore di Rai Cultura, Silvia Calandrelli, elegge Torre a “classico della contemporaneità” e ascrive al Servizio pubblico il compito di “rendere fruibile da e per tutti la sua opera”. L’operazione, proposta dalla vedova di Torre, Francesca Rocca, a Sorrentino, e concertata da Lorenzo Mieli per Fremantle e The Apartment, è ingegnosa, al pari della collocazione in palinsesto, perché fa letteralmente sistema, innescando – si spera – un moltiplicatore spettatoriale.
Sei pezzi facili impiega due brand autoriali non immediatamente assimilabili, Torre e Sorrentino, e si associa temporalmente a Esterno notte e a Boris 4, entrambi prodotti da Mieli e il secondo orfano dello stesso Mattia. È Aprea, che ne interpreta fantasmaticamente lo sceneggiatore alter ego nella quarta stagione su Disney+, a tracciare il parallelo: “Il teatro di Torre non solo non è noioso, è da paura, è lo stesso materiale di Boris, ha una comicità irrinunciabile, rivoluzionaria e non fine a se stessa. Intrattenimento, non con la “i”, ma tutto maiuscolo”. Valerio Mastandrea, ovvero il Migliore Alfredo Beaumont che si scopre cattivo e trova il successo, parla di “viaggio sentimentale: ognuno con Mattia s’è fatto il suo” ed elogia Sorrentino: “Ha portato la sua emozione accanto e non sopra la nostra”; Geppi Cucciari, che nel monologo Perfetta racconta un mese di vita attraverso le quattro fasi del ciclo femminile, ricorda come “Mattia sapesse a chi dare la parola, ora può ambire all’immortalità”. Complice, sottintende Cucciari, l’apporto di Sorrentino, che da parte sua non esclude un giorno di poter portare al cinema 465 e Qui e ora: “Sono meravigliosi punti di partenza per un film”. Ma il grande schermo può attendere, Mattia Torre trascende la destinazione d’uso, si ama: “Partendo dal comico muove su temi profondi, delicati, anche paurosi, in completa libertà. Non è schiavo delle derive degli ultimi tempi (leggi: politically correct, ndr), è libero nelle sue parole, appassionate ma mai offensive. È indagatore – conclude Sorrentino – dei nostri vizi e delle nostre miserie, che ci ricorda come possano essere amate, valorizzate e messe in scena: questo me lo rende vicino”.