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 2022  novembre 09 Mercoledì calendario

Un ritratto al vetriolo di Giuseppe Conte

Giuseppe Conte è un personaggio rinascimentale. Un capitano di ventura per cui conta il soldo e una bandiera vale l’altra: professionalmente privo di scrupoli, di dignità, di coerenza, di lealtà. Malgrado il suo aspetto curato, non che tipico di un intellettuale, è un selvatico predatore meritevole di studio. Oggi molto più di quanto lo sarebbe stato nel Cinquecento di Nicolò Machiavelli. In molti ovviamente non suscita simpatia, in altri suscita disprezzo, e tuttavia nel campo in cui si è impegnato ha raggiunto risultati tali che merita tutto il nostro «rispetto settoriale»: un rispetto simile a quello che si ha per un perfetto cretino che sia però un grande calciatore.
Conte è stato al servizio di Luigi Di Maio e della Lega di Matteo Salvini; poi, quando cadde il governo giallo-verde, si mise agli ordini di Di Maio e Nicola Zingaretti; poi è rimasto nel Movimento 5 Stelle durante il tempo in cui esso ha partecipato alla maggioranza del governo Draghi. Infine, anche se personalmente spernacchiato come politico e come leader dallo stesso fondatore Beppe Grillo, quando il Movimento è virtualmente scoppiato, ne ha raccolto i cocci e, con una politica demenziale, demagogica, degna del fratello minore di Masaniello, ha ottenuto nientemeno che il 15% dei voti alle ultime elezioni. Così è entrato in parlamento con un partito sostanzialmente suo e con quasi il doppio dei seggi di Forza Italia. Da trasecolare, ma anche da levarsi il cappello.
Volendo considerare Conte un politico ci si può chiedere: quali sono le sue idee, quali sono i suoi programmi? Le risposte sono desolanti. È come aprire una grande, costosa cassaforte, e trovarla vuota. Infine, quando è stato sicuro che i «grillini» non perdevano la pensione da parlamentare, ha fatto cadere il governo. Poi, in vista delle elezioni, ha battuto il Sud agitando esclusivamente bandiere demagogiche, soprattutto quella del Reddito di cittadinanza indiscriminato e quella del pacifismo irenico, se non del confessato putinismo. Ha comunque dato voce ai pagnottisti e agli scontenti di ogni pelame, proponendo soluzioni immaginarie con una sfacciataggine e un apparente entusiasmo da lasciare interdetti. Il segretario del Pd Enrico Letta non si è dimostrato capace di assicurare una buona salute a un partito nato cent’anni fa, lui ha detto a un cadavere «Lazare, veni foras» e quello è uscito dalla tomba.

Considerando questi risultati, ho dovuto mio malgrado coprirlo di lodi. Si può essere scoraggiati considerando che gli elettori del Sud sono a questo livello mentale, ma bisogna ammirare Conte che li ha capiti molto meglio di Silvio Berlusconi o di Letta. Tuttavia (se questi sono il passato e il presente di Conte) è lecito chiedersi quale può essere il futuro.
Come abbiamo visto con Tommaso Aniello, con Guglielmo Giannini, con Beppe Grillo e altri, le fiammate storiche a base di demagogia hanno vita breve. Le soluzioni «semplici» sono entusiasmanti ma non resistono alla verifica del tempo. Conte ad esempio ha promesso di difendere a spada tratta il Reddito di cittadinanza ma è un impegno che non può mantenere. Non ha un sufficiente peso parlamentare in proprio, né sufficienti alleati. Non soltanto tutti i partiti vogliono come minimo riformarlo in senso restrittivo, ma la maggioranza, se volesse, quel sussidio potrebbe abolirlo con un tratto di penna. Esattamente come, in questi giorni, ha licenziato gli inutili e costosi navigator. Quanto al pacifismo della piazza (infantile, ottusa, cieca e sostanzialmente filorussa) è senza logica e senza domani. E, tolti questi programmi, che altro può escogitare, Conte?
Quando si prende una posizione fanatica e sbagliata ci si avvia vita stentata, con un nocciolo duro di sostenitori, ma nell’ambito nazionale un’influenza pari a zero. Dovendo confrontarsi con la realtà,il partito di Conte rischia di essere più afasico dell’attuale Partito Democratico. La realtà è spietata. Economicamente siamo in pieno dramma e dal punto di vista internazionale l’Italia è inserita in un sistema di alleanze e trattati che ci lascia ben poco spazio di manovra. Lo stesso Conte, presidente del consiglio di ben due governi, nulla ha cambiato in materia ed è andato anzi fierissimo della simpatia di Donald Trump.
Il Partito di Conte è un’entità politica priva di senso. Quanto a lui personalmente, quand’anche il giudizio morale e umano fosse molto severo, nulla ciò aggiungerebbe o toglierebbe al giudizio politico. Si può sentire una sorta di schifo etico vedendo Conte attaccare einsultare in parlamento Salvini appena caduto, ma non ci se ne deve meravigliare: forse William Shakespeare ha esagerato quando ha rappresentato Riccardo III capace di corteggiare una donna dopo avere ucciso i suoi figli, ma sugli uomini politici ci ha impartito una lezione che non dovremmo mai dimenticare.