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 2022  novembre 09 Mercoledì calendario

DIN DON, ARRIVA RON! – IL GOVERNATORE DELLA FLORIDA, IL REPUBBLICANO DESANTIS, VIENE RICONFERMATO A VALANGA: HA UN VANTAGGIO DEL 20% SUL DEMOCRATICO CHARLIE CRIST – È UNA BRUTTA NOTIZIA PER TRUMP: DESANTIS È L’UNICO CHE PUÒ METTERGLI I BASTONI TRA LE RUOTE ALLE PRIMARIE. NON A CASO, L’EX PUZZONE DELLA CASA BIANCA HA INIZIATO AD ATTACCARLO DANDOGLI DELL’IPOCRITA – STUDI TRA HARVARD E YALE, SPOT DOVE DICE DI ESSERE “MANDATO DA DIO”, LA GESTIONE ALLEGRA DELLA PANDEMIA: IL RITRATTO DEL “TRUMP CON IL CERVELLO” -

Mario Sechi e Rita Lofano per AGI Il voto di Midterm non è ancora consolidato, la maggioranza del Congresso è tutta da scoprire, ma una cosa è certa: la campagna per le presidenziali inizia domani e parte dalla Florida. Dice Donald Trump: "Stanno succedendo tante cose buone". E se lo dice lui, che spesso ne combina di cattive, allora almeno questo è vero. C'è festa nel resort di Mar-a-Lago, si celebra l'elezione del senatore Marco Rubio e quella di Ron DeSantis che fa il bis al governo della Florida, una vittoria-lampo. Rubio era il candidato di The Donald, DeSantis è l'uomo nuovo del Partito repubblicano.

I media dichiarano la vittoria di DeSantis subito dopo la chiusura delle urne, il vantaggio su Charlie Crist è del 20%, è l'affermazione no-limits di un 44enne che quattro anni prima aveva vinto con un distacco minimo di circa 30 mila voti e un riconteggio. Dopo il primo mandato, eccolo qua, in trionfo, conquista anche due contee blu, la 'latina' Miami-Dade (che da vent'anni era inespugnabile, l'ultimo a prenderla fu Jeb Bush) e la roccaforte progressista (e ultra-ricca), Palm Beach.

Altra coccarda blu che diventa rossa: la contea di Osceola, a maggioranza portoricana. "Sono onorato di aver conquistato la vostra fiducia e il vostro sostegno", commenta DeSantis, non solo riconfermato alla guida del Sunshine State, ma addirittura proiettato (per ora virtualmente) nella corsa alla Casa Bianca.



Il 2024 è vicino e nello stesso tempo lontano. Lo scenario della corsa presidenziale emerge nel suo commento a caldo: "Non abbiamo solo vinto le elezioni, abbiamo riscritto la mappa politica". La battaglia è gloria in Florida, che "è rimasta un rifugio sano in un mondo che è diventato pazzo". E la guerra? C'è tempo per dichiararla, ammesso che lo voglia, in ogni caso l'obiettivo presto o tardi sara' la Presidenza degli Stati Uniti.

DeSantis ha i voti e anche i soldi: ha corso una campagna da 31 milioni di dollari, ma ne ha incassati 200 milioni in donazioni, la notizia è che ha risparmiato un tesoretto pari a 66 milioni di dollari. Per una campagna presidenziale sono una goccia, ma anche un buon inizio. Tre volte congressman, DeSantis dopo aver ottenuto quattro anni fa la nomination repubblicana a governatore della Florida, si è dimesso.

Non aveva la vittoria in tasca, ma è riuscito a superare le primarie da outsider contro il candidato dell'establishment del Gop proprio grazie all'endorsement di Donald Trump. È una 'creatura' dell'ex presidente e la sola idea che questo 'figlio' possa candidarsi alla Casa Bianca nel 2024 - per soprammercato senza il suo via libera - lo fa imbufalire, fino a battezzarlo con il nome di 'Santimonious'.

La leadership di DeSantis è cresciuta durante la pandemia, quando si è opposto all'obbligatorieta' del vaccino e ai lockdown, cosi' la Florida ha tenuto botta durante la crisi. Il suo profilo oggi è quello di un 'trumpiano' che pensa e agisce da solo, forse ha un piano, forse no, quando ha fatto decollare due aerei pieni di immigrati clandestini verso Martha's Vineyard, la base repubblicana ha fatto la ola.

Durante la campagna elettorale Trump e DeSantis non si sono mai incontrati, hanno tenuto comizi paralleli, ma su coste opposte. La distanza tra Ron e Don c'è, l'abbiamo vista anche nella notte del trionfo. Trump a Mar-a-Lago, DeSantis a Tampa dove ha definito il suo Stato come una "terra promessa".

E di nuovo, siamo alla metafora biblica e a un contesto piu' elevato, la piattaforma è la Florida, l'obiettivo è la nazione: "Ora, mentre il nostro paese annaspa a causa di una leadership fallimentare a Washington, la Florida è nella giusta direzione". Indirizzo: 1600 Pennsylvania Avenue, Casa Bianca.



2 - DESANTIS CONFERMATO IN FLORIDA: CHI È IL RIVALE REPUBBLICANO DI TRUMP NELLA CORSA VERSO LE PRESIDENZIALI 2024 Marilisa Palumbo per www.corriere.it

Un nuovo Donald, «ma con il cervello». Negli ambienti conservatori amano definirlo così, Ron DeSantis. Quarantaquattro anni appena compiuti, sposato con l’ex presentatrice televisiva Casey, tre figli tutti con la M (Madison, 5 anni, Mason, 4, e Mamie, 2), DeSantis aveva vinto nel 2018 in Florida con appena 30 mila voti di scarto proprio grazie alla benedizione dell’ex presidente. Quest’anno, in uno Stato che un tempo era considerato un «battleground» e oggi è sempre più solidamente repubblicano, la sua rielezione non è mai stata messa in discussione anche se il suo avversario era il molto conosciuto ex deputato ed ex governatore Charlie Crist.

Nel discorso della vittoria DeSantis ha parlato chiaramente come un esempio per i repubblicani e come qualcuno la cui ascesa politica è appena cominciata: «La sopravvivenza dell’esperimento americano richiede una rinascita dei veri principi americani — ha detto al Tampa Convention Center — La Florida ha dimostrato che si può fare. Offriamo un raggio di speranza: ci aspettano giorni migliori».

Ma come ha fatto DeSantis a trasformarsi in pochi anni da vincitore per il rotto della cuffia a ultimo portabandiera delle crociate identitarie conservatrici e probabile candidato alla presidenza per il 2024? Il governatore, che pure ha studiato nelle non proprio popolari Harvard e Yale, ha un folto catalogo di nemici: la critical race theory (una teoria accademica sul razzismo intrinseco delle leggi americane), l’immigrazione incontrollata, i giudici finanziati da Soros, gli atleti transgender, la Disney (simbolo del capitalismo di sinistra e vittima volenterosa della cancel culture), la distopia fauciana.

È proprio con il Covid che la sua ascesa nazionale è cominciata, quando ha scoperto - battendosi contro i distretti scolastici per eliminare le mascherine e le lezioni a distanza anche nei momenti più drammatici del contagio - che le classi potevano diventare il campo di battaglia privilegiato delle nuove guerre culturali. Nel giro di pochi mesi ha approvato lo «Stop Woke Act», che limita come possono essere insegnati temi legati alla razza e consente ai genitori di citare in giudizio scuole e insegnanti in caso di violazioni, e poi la legge per i diritti parentali nell’istruzione, ribattezzata dai critici «Don’t Say Gay», «Non dire gay», che vieta si parli di orientamento sessuale e identità di genere alle elementari e ne restringe la discussione alle superiori.

«Un tempo le elezioni» spiega al Corriere Tom Nichols, autore di Il nemico dentro: Perché siamo noi stessi a distruggere la democrazia, e uno dei più noti repubblicani anti-Trump «si combattevano su chi avesse ricette migliori per garantire pace e prosperità. Oggi viviamo in un Paese in larga parte tranquillo e non si mobilitano più i cittadini sventolando un piano per le tasse. Sono le battaglie culturali che motivano le persone e le convincono ad andare a votare».

L’offensiva del governatore sui programmi scolastici ha come immediata conseguenza che nelle scuole da poco riaperte per mezzo milione di studenti, alcuni insegnanti lamentano di dover fare lo slalom tra quello che si può e non si può dire, altri fanno notare che nei curricula gli argomenti «incriminati» non erano mai entrati.

Altri ancora che l’indottrinamento semmai è al contrario. Barbara Segal, docente di un liceo di Fort Lauderdale, ha raccontato alla National Public Radio di aver partecipato a un seminario di aggiornamento in cui ha ricevuto testi che ridimensionavano il ruolo della schiavitù nella storia americana, «per non farci sembrare troppo cattivi».

DeSantis d’altronde l’aveva detto: «Non permetteremo che i soldi delle tasse della Florida vengano spesi per insegnare ai bambini a odiare il nostro Paese o a odiarsi a vicenda». I democratici faticano a combattere questa narrazione e anzi, secondo Nichols, «fanno il gioco dell’avversario. Nessuno insegna la critical race theory all’asilo, è una ridicola bugia.

Ma invece di farlo notare continuano a cercare di spiegare che però “è giusto parlarne nelle scuole di legge”... Ma in politica se ti metti a spiegare vuole dire che stai perdendo». Quello dell’educazione sessuale è un tema che ha fatto breccia anche in parte dell’elettorato democratico negli Stati «in bilico ».

«Ma tutta questa storia, e lo dico io che sono un uomo di centrodestra» spiega Nichols «è assolutamente esagerata. Il Paese non è vittima della propaganda di un esercito di queers! È una fantasia». Eppure, alle elezioni di fine agosto per i consigli scolastici in Florida, di solito poco politicizzate, i candidati appoggiati da DeSantis proprio con piattaforme «anti-woke» hanno vinto 20 seggi sui trenta in ballo.

Il meccanismo di vivere come presente una minaccia lontana dalla propria realtà, è lo stesso sfruttato da molti politici di destra sull’immigrazione, nota Nichols: «Persone che non hanno mai incontrato un migrante, vivono in aree del Paese a stragrande maggioranza bianca e con tassi di criminalità bassissimi, pensano di essere a New York City perché è quello che vedono in tv».

E gli elettori di tv ne vedono un sacco. «Cercano spettacolo» prosegue Nichols «e per offrirglielo non basta dire: “Joe Biden è uno spendaccione”. Bisogna spaventarli. Il partito repubblicano è diventato un caso di psicosi di massa. Se guardi Fox dalle sette alle undici di sera è come se vivessi su un altro pianeta. È come stare dentro un film dell’orrore» (guarda caso, DeSantis è tra i politici più amati dalla tv di Murdoch).

L’ultima mossa del governatore sembrerebbe ispirata proprio da uno dei volti più noti di Fox News, Tucker Carlson, aedo del nazionalismo bianco. Dopo che per tutta l’estate il collega del Tex as George Abbott aveva mandato autobus di clandestini fino a Washington e New York per protestare contro le politiche migratorie secondo la destra troppo lasche dell’amministrazione Biden (costo dell’operazione: 12 milioni di dollari dei contribuenti), DeSantis si è messo in scia usando una via ancora più spettacolare.

Una sua emissaria è andata in Texas a «prendere» 50 migranti che ha letteralmente spedito in aereo fino a Martha’s Vineyard, il tempio delle vacanze delle élite, il cuore della mitologia kennediana, il posto degli Obama e dei ricconi liberal. Una mossa cinica con aspetti potenzialmente criminali (traffico di esseri umani) che gli ha attirato una tempesta di critiche, ha arricchito le casse dell’avversario Charlie Crist, il quale ha raccolto oltre un milione di dollari in 48 ore, e ha diviso la crescente comunità di esiliati venezuelani in Florida, parte ormai importante della coalizione elettorale repubblicana nello Stato. Ma, come prevedibile, ha anche fatto impazzire di gioia la base trumpiana. E irritato il titolare del brand.

In questi anni DeSantis, che si ritrova il padrino-rivale in casa da quando l’ex presidente ha fatto della residenza di Mar-a-Lago il suo quartier generale, ha cercato di sottrarsi a qualunque conflitto con Trump, ma ha sgomitato per prendersi il suo spazio. Pur giurando di essere concentrato sulla Florida, da settimane gira il Paese e nei circoli ultra conservatori viene spesso introdotto come «il prossimo presidente degli Stati Uniti».

Il conduttore del podcast più seguito d’America, Joe Rogan, tifa per lui, il miliardario trumpiano Peter Thiel sta con lui, anche Elon Musk ha detto di votarlo. Trump non l’ha presa bene. Secondo il Washington Post avrebbe fatto pressioni sui suoi donatori per tenerli lontani dal governatore e non ha fatto campagna con lui (addirittura i due si sono quasi «sfidati» a distanza con due comizi separati nello stesso giorno) e qui e lì emergono retroscena che lo raccontano definire Ron «grasso», «lamentoso», «falso», e sbottare: «Ingrato, l’ho creato io».

Ora che DeSantis è stato riconfermato in Florida, a destra ci si interroga: meglio scaricare Trump, con i suoi eccessi e i suoi guai legali? E se sì, ci si può fidare di DeSantis, o è un cinico ambizioso che virerebbe al centro se eletto? «Ho sentito persone dire che Trump è Giovanni Battista che spiana la strada a Gesù» ha detto alla Cnn un funzionario di una importante organizzazione conservatrice «ma ho anche raccolto le preoccupazioni di chi teme DeSantis abbia fiutato il vento e si sia messo nella giusta posizione al momento giusto, ma che non ci si possa fidare di lui». La corte si aggiorna.