il Fatto Quotidiano, 7 novembre 2022
Il divieto di sbarco è legittimo
Il Fatto quotidiano 7 novembre 2022
Marco Franchi
S econdo Gèrald Darmanin, ministro dell’I nterno francese, il diritto internazionale è molto chiaro nello stabilire che, quando una barca chiede di accostare con dei naufraghi a bordo, è il porto più sicuro e più vicino che deve accoglierla. L’affermazione non tiene conto di due profili. A) Tutte le navi ong di soccorso convergono esclusivamente sui porti italiani: secondo quella tesi, l’Italia sarebbe obbligata a ricevere tutti i naufraghi quale unica area prescelta dai comandanti di quelle navi. Il diritto internazionale, così, si rivela strumento di unidirezionale disegno degli operatori umanitari navali, al quale l’Italia dovrebbe adattarsi. Il che pare quanto meno debordante: una norma sicuramente valida per il singolo caso (soccorso ai naufraghi) diviene canone generale applicabile per un intero settore marino e quale mera conseguenza di decisioni adottate da soggetti privati e per giunta su mezzi che non appartengono alla marineria nazionale. B) Il risultato dell’azione delle navi ong è quello di completare un trasporto gestito in partenza da organizzazioni criminali ed effettuato su mezzi inadeguati pilotati da delinquenti (c.d. scafisti). Se questo è vero, l’azione delle ong non sfugge alle previsioni dell’ar t. 19, c. 2 del trattato del mare di Montego Bay del 1982 (Convenzione Onu), secondo il quale “il passaggio di una nave straniera è considerato pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero se, nel mare territoriale, la nave è impegnata in una qualsiasi delle seguenti attività:… g) il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero…”. L’INTERVENTO ha come esito lo scarico nel territorio italiano di persone che, al di là del profilo umanitario, sono migranti clandestini, completando di fatto l’o pe ra zi on e programmata dal crimine organizzato e rendendo “offensi – vi”, secondo l’articolo 19, quei passaggi di navi. IL PROBLEMA esula dalle attuali emergenze per le quali il governo potrebbe consentire con atto di buona volontà lo sbarco di migranti avvertendo che non sopporterà ulteriori forzature: esso riguarda il futuro. Il precedente specifico risale al 1997 quando il governo Prodi dispose, tramite l’accordo preventivo con gli stati rivieraschi, il blocco navale dell’Al b an ia. Alti esponenti europei affermano l’ille – gittimità di quello strumento. In linea teorica, il blocco navale al limitato fine d’interrompere l’af – flusso di migranti ad opera di malavitosi non costituisce illecito internazionale perché rientra tra i numerosi esempi del c.d. blocco pacifico. Qui si segnalano solo quelli effettuati dall’Italia anche con altre potenze: blocco delle coste greche del 1886, di Creta nel 1897/98, delle coste montenegrine ed albanesi nel 1913, dell’Alba – nia nel 1997. Si tratta d’is tituto reso ammissibile in diritto internazionale dal ricorso non proprio sporadico ad esso. Così configurato sfuggirebbe pure alle previsioni dell’art. 8 bis Statuto della Corte penale internazionale (mancando il fine dell’aggressione come individuato nel comma 2 di quella norma) nonché dell’art. 87 Convenzione Montego Bay sulla libertà nell’alto mare non invocabile da chi commette illeciti (quali atti di pirateria). Il ricorso al blocco pacifico, però, è reso perplesso da un canone fondamentale del diritto italiano ed europeo: il rispetto della proporzionalità, non applicabile per evitare l’arrivo di un numero sostanzialmente modesto di migranti e fin quando tale limite non sia superato. Proporzionalità anche economica per gli alti costi dell’inter vento. Senza dimenticare i possibili incidenti. Lo speronamento di una nave albanese da parte della corvetta Sibilla (tragedia di Otranto del venerdì santo 1997 con oltre 50 migranti morti) deve far riflettere, anche perché l’a ccor do con gli stati rivieraschi non sembra bastare, come stabilito dall’Alto Commissariato N.U. per i rifugiati nel dichiarare illegale il blocco dell’Alba – nia: da qui il pericolo di nuova sanzione internazionale. © RIPRODUZIONE RISERVA
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