Corriere della Sera, 8 novembre 2022
Diana Del Bufalo: «Ho una sindrome: la coprolalia»
«Io non sono ambiziosa, so che può sembrare difficile da credere. Mi nutro di così tanto altro oltre al mio lavoro. Poi certo, la reazione del pubblico è quella che è, quindi capirai per il mio ego... Io cerco di ridimensionarlo perché è importante per un’attrice. Oddio è importante anche per gli attori maschi: sono ancora più primedonne delle attrici femmine. (Pausa, prende fiato). Qual era la domanda?».
Diana Del Bufalo, romana, classe 1980, attrice, cantante, comica, conduttrice, personaggio sui social si fa le domande, dà le risposte, perde il filo del discorso e di tanto in tanto lo fa perdere anche all’interlocutrice.
Riparte: «Il fatto di essere sovraeccitata, un po’ emozionata, soprattutto in tv, è perché ho paura del giudizio delle persone, una cosa che mi porto dietro fin dai tempi della scuola, una scuola inglese, campagnola (l’istituto privato Britannia International School of Rome, ndr). Non andavo bene, sbagliavo i verbi. Da allora sono insicura, ma so di essere anche carismatica. L’ambizione però è un’altra cosa, è la cazzimma. No,non ce l’ho, io voglio solo stare sul prato sotto il mio albero di noce con il mio cane».
Racconta: «Ho un disturbo: la coprolalia , l’impulso di dire inadeguatezze. La prima volta che mi è capitato ero nel negozio della ex di mio fratello. Una signora ha chiesto se su una collanina si poteva incidere altro, oltre ai fiori. La ex di mio fratello risponde “no, solo i fiori”. E io dico: “Marta, magari la signora ci voleva un bel fallo!”. Mi hanno spiegato che è un ramo della sindrome di Tourette , mi capita quando mi sto annoiando e sono tutti formali».
Siamo a Milano, nella sede di Disney, a cui Del Bufalo ha prestato la voce per il cortometraggio di Natale Il Dono, dopo aver doppiato Isabela Madrigal in Encanto nel 2021 sempre per Disney, e mentre è a teatro con 7 Spose per 7 fratelli.
Andiamo con ordine: professione?
«Libera professionista: faccio un lavoro stupendo ma molto precario. Sono cresciuta circondata dall’arte: papà è architetto, ma anche esperto di arte antica; mio fratello ha una galleria d’arte, mia mamma è una cantante lirica. Ho sempre fatto parte di questo ambiente e devo dire che mi è riuscito tutto molto semplice. “Amici” (il talent show di Canale 5: Del Bufalo ha partecipato nel 2010/2011) mi ha permesso di saltare la gavetta. Poi c’è il web: sono riuscita a emergere e ho continuato».
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Un milione e 700 mila follower su Instagram: un altro lavoro praticamente.
«All’inizio mi piaceva pubblicare foto, tuttora lo preferisco a TikTok. Quando i follower hanno iniziato a crescere mi sono detta che sarebbe stato un peccato uscire. Ci ho pensato, a uscire intendo, ma mi dispiace, è uno strumento di comunicazione utile per il mio lavoro e mi rappresenta. Il profilo è come sei tu, ci sei, esisti, è questo che vogliamo dalla vita, esistere».
Esistere, in questo caso, in balia degli algoritmi.
«Per quello che mi riguarda possono anche cancellarmi o bannarmi il profilo. Non può mica diventare un’angoscia. Faccio fatica a immedesimarmi in chi fa solo quello di mestiere, io non potrei, se devo vivere in balia di un algoritmo allora lavoro. E lo dico sempre ai giovani: fate quello che vi piace e non lavorerete mai».
Fa anche lei i post sponsorizzati, però.
«Ne farò quattro o cinque all’anno, sempre cose che mi rappresentano e di aziende ecosostenibili e che commercializzano prodotti non testati sugli animali. Perché? Voglio investire su qualcosa. Adesso sto lavorando, che dio mi benedica, ma cosa succede se non lavoro più? Il futuro è un’angoscia infinita, è questo che preoccupa i giovani, l’incertezza. Prenda gli attori che adesso hanno 70 anni: mi raccontavano che con i film ci compravano le case. Ora non è più così».
Nella fase più drammatica della pandemia ha criticato i vaccini.
«Sa cosa penso? L’umanità non è pronta all’interscambio di opinioni. Non è come prima, quando i filosofi si mettevano intorno a un tavolo e discutevano, parlavano delle loro idee».
Per la prima volta l’Italia ha una premier donna, Giorgia Meloni.
«Non ne so molto di politica, ma credo sia un passo importante. Noi donne abbiamo questo retaggio ereditato delle streghe, che sono state messe al rogo perché minacciavano il potere degli uomini. Io ho studiato tanto, ho fatto un corso di risveglio femminile. Poi Meloni in quanto donna ha forse una sensibilità diversa. Non la conosco personalmente, il suo piano me l’ha spiegato un po’ mia mamma. Io non l’ho votata, ho votato per quello che mi poteva interessare».
Cioè?
«Libertà, giustizia e logicità delle cose».
Logicità?
«Per esempio non è logico che per una coppia etero sia così difficile adottare un bambino e che le coppie gay non possano provarci. Non sta né in cielo né in terra. Chiaro che devono esserci dei controlli, ma viviamo in una società in cui ormai tutto è sicuro, è tutto tracciabile. Mi fa una rabbia, anche pensare che i figli delle coppie gay per la legge hanno un solo genitore. È tremendo. Dovrei aprire un dibattito...».
Ornella Vanoni?
«Abbiamo girato insieme 7 donne e un mistero. È una furbetta: quando non si ricordava cosa doveva dire spostava l’attenzione su di me. Io dicevo la mia battuta, la guardavo : “Ornella, ora tocca a te!”. E lei: “Eh? Non sento!”. Invece non si ricordava. Poi è diventato un gioco fra noi».
Maria De Filippi?
«Ha rappresentato l’inizio di tutto. È una donna poco fisica, non ti abbraccia, ma ti dimostra affetto parlando bene di te. Grazie a lei ho fatto il film Matrimonio a Parigi con Massimo Boldi. Gli disse: “Incontra Diana, ascoltala”».
Cristiano Caccamo?
«I nostri follower non credono al fatto che due che vanno d’accordo possano non stare insieme. Ci dicono di continuo: “Siete belli, simpatici, avete questa connessione speciale, ci volete far credere che non avete una storia?” Ebbene sì: l’amicizia tra uomo e donna esiste».
Paolo Ruffini, il suo super ex, ha detto di essere pronto a diventare padre.
«Davvero? Sono contenta per lui, ora abbiamo un bel rapporto. Io penso che vorrò diventare madre, un giorno, adesso no, manca un compagno. Con Paolo devo dire che la voglia mi era venuta».
Cosa la spaventa?
«La violenza, che è la separazione. Sto leggendo questo libro, The Anatomy of Loneliness, spiega che è la separazione a creare le guerre. Perdere tutto? Non mi spaventa. In qualche modo ce la faccio sempre. Ha presente l’uccellino che si poggia sul ramoscello più piccolo, anche se ce ne sono di più robusti? Sa che se anche se il ramoscello si stacca lui volerà via. Vivo così: mi poggio, mal che vada volerò».