Corriere della Sera, 8 novembre 2022
Mazzola e Rivera raccontati da Sconcerti
Ma è vero che Mazzola e Rivera non potevano giocare insieme? Nel calcio all’italiana degli anni ’70 era così. Non c’erano schemi, c’erano compiti. E quelli di Rivera e Mazzola erano spesso opposti. Mazzola aveva quello che a Rivera mancava e viceversa. Mazzola giocava in due ruoli possibili, attaccante o centrocampista. Rivera era un artista che andava lasciato libero e faticava a marcare gli avversari. Uno si adeguava e completava la squadra, all’altro la squadra andava costruita intorno. Sono sintesi estreme, nel mezzo c’ è tanto spazio, ma la sostanza è questa. Oggi non sarebbe più così. Basterebbe un 3-4-1-2 o qualcosa di simile per mettere Rivera alle spalle di Mazzola e un altro attaccante. Non ho comunque mai creduto che i due si detestassero. Era impossibile amarsi, erano diversi anche come uomini, ma uno sapeva che l’altro gli portava discussione, quindi popolarità. C’era una gratitudine oscura nel loro rapporto, come se essere sempre confrontati alla fine convenisse a tutti e due. Rivera ha fatto più volte in nazionale la riserva di Mazzola di quanto sia toccato all’altro, ma sono stati due geni unici. La famosa staffetta dei mondiali fu un successo di Mazzola. Rivera venne messo in panchina, si ribellò contro gli alti dirigenti federali e sembrò una punizione inutile quando Valcareggi lo inserì negli ultimi sei minuti della finale. Voleva coinvolgerlo gratis nel disastro? No, non hai questo tipo di pensieri quando giochi una finale mondiale. Pensi a quello che conviene alla squadra, o forse ti dimentichi di pensare. Ma quella staffetta produsse una leggenda che ancora dura. Anche se non c’era praticamente mai stata. Non era una staffetta, giocava sempre Mazzola. Solo contro la Germania Rivera entrò nel secondo tempo. Nella finale, i suoi sei minuti, Rivera li giocò al posto di Boninsegna. Mazzola rimase sempre in campo. Detto questo, ne riparliamo tra un anno, quando anche Rivera compirà i suoi ottant’anni.