La Stampa, 8 novembre 2022
Tiziano Ferro è tornato
«Tiziano Ferro is back». Tiziano è tornato, e dopo ben tre anni dall’ultima fatica (Accetto miracoli) e sei dall’ultimo live, le tredici nuove canzoni ci riportano agli esordi del cantautore di Latina. Lo slogan in inglese su una delle t-shirt pensate dal merchandising («I’m back») segue il lancio de Il mondo è nostro, l’album che sarà pubblicato venerdì e ricorda a tutti (ce ne fosse bisogno) che da tempo ormai l’artista vive a Los Angeles con il marito Victor Allen e i due bambini Margherita e Andres. I tredici brani prodotti da Ferro e Marco Sonzini raccontano un nuovo capitolo della vita dell’artista da oltre 20 milioni di dischi venduti nel mondo. Inaspettatamente fra i duetti si fanno notare i nomi di Roberto Vecchioni, Sting, Ambra Angiolini, Caparezza e thasup.
Roberto Vecchioni che canta in «I miti», un pezzo con orchestra swing, o Sting sono due belle sorprese.
«Vecchioni è sarcastico, ha capito che quello che volevo era una cosa particolare, ma non avevo dubbi. Lui è uno dei colpevoli quando si parla di chi mi ha spinto a fare questo mestiere; I Miti era la sua canzone perché lui è un mio mito. Ricordo ancora quando ebbi il privilegio di coinvolgere Carmen Consoli o Jovanotti, aspettai anni prima di disturbarli ma quando riuscii a duettare con loro fu estasi. Mi piace lavorare con chi stimo immensamente. Caparezza per esempio mi ha regalato la sua voce su L’angelo degli altri e di se stesso che ha fatto diventare pazzesco».
E con Sting? Come è andata?
«Devo dire grazie a un amico che sta Los Angeles ed era in vacanza in Italia a casa di Sting. Stava passando un mio pezzo alla radio e disse che avrebbe dovuto conoscermi. Ci siamo sentiti e mi ha proposto di entrare in una sua canzone. Un’occasione unica e visto che per me esiste la gerarchia della musica nel mio album trovate For Her Love (Sempre amata) di Sting feat. Tiziano Ferro e non il contrario. Mi disse: «Vorrei ascoltare delle parole italiane su questa mia canzone che parla dell’amore e della fatica dell’amare. Fai tu, mettici quello che vuoi». Lei che farebbe? Mi ci sono buttato».
Dopo «La vita splendida», il bel singolo apripista scritto da Brunori Sas, venerdì nel giorno della festa del papà esce un pezzo sul tema.
«E si intitola proprio La prima festa del papà. L’arrivo dei miei due piccolini Margherita e Andres è una benedizione di Dio. Nel disco ci sono due canzoni dedicate a loro: A parlare da zero e Mi rimani tu. Se non avessi scelto, a monte del percorso che mi ha portato ad accettare la mia sfera sentimentale, di condividere questa mia parte personale con il pubblico, oggi non dovrei star lì a raccontare di quanto sia giusto essere padre o meno. Spesso ho pagato per la mia sincerità. Nel brano parlo dell’amarezza di essermi sentito solo e additato per essere stato sincero. Ma questo non mi ha fermato: la crisi è spunto di risoluzione».
La pandemia e i mesi in solitudine sono stati pesantissimi, ma hanno prodotto le canzoni di «Il mondo è nostro».
«Da quel "tempo fermo" sono nati incontri virtuali come quello con thasup per r()t()nda, lui è uno dei giovani più ispirati della sua generazione. C’è poi il duetto con la mia amica Ambra Angiolini. L’ho intitolato Ambra/Tiziano: lei è una sorella carissima, abbiamo vissuto anni splendidi a Roma. Le nottate passate a confidarci cose, a piangere... Quanto ai miei fan li ritroverò nel 2023, a partire da Lignano Sabbiadoro il 7 giugno».
Parlando di canzoni che esprimono un disagio ne «Il paradiso dei bugiardi» c’è tutta l’idiosincrasia per gli haters.
«Sono per la tolleranza zero verso di loro, vorrei che ci si potesse iscrivere sui social solo presentando un documento di identità, visti i danni creati dai climi d’odio. Io ho fatto pace con il mio passato e non rinnego nulla, neanche la depressione che, se ti fai aiutare, può essere superata. I social sono buoni per veicolare messaggi di contenuto ma anche io, come tutti, ci ero cascato. Mi è sembrata una buona idea mettere in musica ciò che mi ha ferito. Ho in mente nomi e facce: li ho buttati tutti nello stesso cassonetto».
Qualche cicatrice però è ancora viva.
«Oggi viviamo nel periodo del politicamente corretto, che non è solo forma, ma è un milione di storie che trasudano lacrime e sofferenze di persone che dietro certe parole hanno visto stigma e persecuzione. Parole che ho subito anche io. Cariche di un senso di offesa potente e di discriminazione ed estromissione dal gruppo. Quando te le senti sbattere addosso da piccolo, arrivi a 40 anni ancora ferito. Oggi c’è un confronto aperto, ma non dobbiamo dimenticare i ghetti della discriminazione in cui in tanti siamo stati rinchiusi».
Come vede da Los Angeles il nuovo corso del governo italiano?
«Sono fiducioso, credo che la politica abbia bisogno di slogan estremi per arrivare a vincere un dibattito, ma mi auguro che chiunque sia al governo faccia il bene del Paese e voglia farci crescere. C’è ancora tanto da fare per i diritti civili, che non hanno colore. Siamo indietro. C’è urgenza di alzare l’asticella. L’Italia è un Paese che ha bisogno di costruire e di crescere, mi auguro non si perda tempo a distruggere. Io parlo di una storia fatta di due padri, ma non c’è bisogno di arrivare a quello per capire quanto siamo arretrati. Ma sono ottimista: al di là degli slogan, sarebbe assurdo dedicare tempo a peggiorare la condizione di qualcuno. Togliere diritti non migliora le condizioni di nessuno».