il Fatto Quotidiano, 8 novembre 2022
L’ultima confidenza di Falcone a Scarpinato
Venti giorni prima di saltare in aria a Capaci, ai primi di
maggio del 1992, in un incontro al ministero della
Giustizia, Giovanni Falcone confidò al collega Roberto Scarpinato l’intenzione di riaprire le indagini su Gladio una volta nominato Procuratore nazionale antimafia,
circostanza di cui era convinto dopo avere appreso che al
Csm si era formata una maggioranza favorevole al suo incarico. Dopo averlo rivelato lo scorso anno nel processo per
il depistaggio di via D’Amelio, il neo senatore Scarpinato ha
ribadito lo scambio di confidenze con Falcone, intervenendo venerdì 28 ottobre scorso a Palermo alla presentazione
del libro Chi ha ucciso Pio La Torre?di Armando Sorrentino
e Paolo Mondani, edito da Castelvecchi.
“Nell ’ultimo incontro a Roma – ha detto Scarpinato –
Falcone mi disse: finalmente potremo riprendere le indagini che tu sai”. Il riferimento è ai contrasti con l’allora procuratore Pietro Giammanco, sulle indagini da avviare sul
ruolo della struttura Gladio nelle trame sanguinose in Sicilia. “Sono stato presente allo scontro durissimo nella stanza di Giammanco – ha aggiunto Scarpinato – quando Falcone minacciò di dare le dimissioni dal Pool antimafia perché l’allora procuratore non gli voleva consentire, con vari
stratagemmi, di fare queste indagini”. E poi ha proseguito:
“Dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio fui chiamato al Csm
e lì raccontai cosa c’era alla base di quello scontro: le indagini sui delitti politici. Quello era il punto’ ’. Che quelle indagini fossero uno dei nodi investigativi irrisolti di Falcone
lo testimonia anche Pino Arlacchi nel suo libro, Giovanni e
io (Chiarelettere, 2022) del quale, durante la presentazione, Sorrentino ha letto alcuni passi in cui il sociologo cita le
parole di Falcone: “Sono stato a Palermo da Paolo, c’è lo
scompiglio ovunque, si sta preparando qualcosa di grosso.
È chiaro che se vogliono sopravvivere devono ripetere
quanto hanno fatto dieci anni fa quando si sono sbarazzati
di La Torre e Mattarella. Stavolta è più difficile perché non
hanno le coperture di allora. La Cia si disinteressa di loro, la
Nato è quasi morta, gli è rimasto Andreotti, che non è poco,
ma non è abbastanza”. Per Falcone, scrive Arlacchi, il delitto
Mattarella “è stato un caso Moro-bis, l’esecuzione fu opera
di killer mafiosi e di terroristi neri, inviati dalla P2, e sostenuti, forse anche ospitati, dalla base Gladio di Trapani. Sto
ancora cercando riferimenti però ho una buona fonte negli
ambienti di destra”.