la Repubblica, 6 novembre 2022
Gli aiuti basteranno solo fino a marzo se il gas risale
Il rischio che i soldi messi in cassa contro il caro bollette possano bastare al massimo fino a primavera prende forma nella premessa della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. È qui che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti scrive che “al più tardi” a fine marzo si valuterà se serviranno altri aiuti per le famiglie e le imprese. Il condizionale è legato all’andamento della crisi del gas, ma la vulnerabilità delle prime risposte è stata già messa in conto. E il ragionamento è legato ai soldi perché il decreto Aiuti quater e la legge di bilancio hanno una dote complessiva di circa 30 miliardi per coprire le spese fino alla fine del 2023. Quest’anno Mario Draghi di miliardi ne ha dovuti spendere il doppio.
L’argine contro l’inflazione può essere irrobustito, ma i margini sono stretti perché il deficit per il prossimo anno è stato già portato al 4,5% e il Pil non può essere ritenuto una leva affidabile. Tra conti pubblici da tenere in ordine e il rischio recessione bisogna attrezzarsi con poco. E si parte subito, con un nuovo decreto Aiuti atteso la settimana prossima sul tavolo del Consiglio dei ministri. L’extragettito a disposizione ammonta a 9,1 miliardi ed è questa la cifra contenuta nella relazione che il Parlamento dovrà approvare per sbloccare le risorse. Il provvedimento assorbirà circa sette miliardi, mentre due copriranno in anticipo alcune spese previste per l’anno prossimo. Dentro al decreto ci sarà la proroga dello sconto da 30 centesimi per un litro di benzina e diesel fino al 31 dicembre, ma anche il rifinanziamento fino a fine anno dei crediti d’imposta per l’acquisto di gas ed elettricità in favore delle imprese e delle attività come i ristoranti e i bar. Due miliardi andranno al Gse, il Gestore dei servizi energetici, a copertura delle spese sostenute negli scorsi mesi per comprare il gas necessario a riempire gli stoccaggi. A completare l’elenco delle misure è una modifica al tetto dell’esenzione dei fringe benefit aziendali: ad agosto è stato alzato da 258 a 600 euro, adesso l’idea è di portare la quota dei beni e servizi esenti da imposte a tremila euro, ma solo per un paio di mesi. È una misura che nasce dall’esigenza di dare subito un segnale alle buste paga dei lavoratori.
La necessità di fare presto è spinta dagli industriali e dai sindacati, che chiedono misure strutturali e non interventi spot. La premier Giorgia Meloni rassicura sul fattoche i soldi non saranno sprecati con i bonus, rivendica di affrontare con tempestività il caro bollette, ma la partita si gioca su un campo più largo: la manovra. Se il decreto Aiuti quater per tamponare l’emergenza a dicembre è di fatto pronto, la legge di bilancio è ancora appesa alle soluzioni da trovare sui capitoli che non riguardano l’energia. Al ministero dell’Economia è stato definito un impianto di massima: circa nove miliardi si aggiungeranno ai ventuno che saranno riversati sulle bollette. Il totale fa trenta miliardi e per arrivare a questo importo si scaverà tra i risparmi di spesa, oltre a ridimensionare il superbonus e, in forma più lieve, il reddito di cittadinanza, oltre a interventi fiscali come la voluntary disclosure.
Cosa si farà con questi nove miliardi è la questione da risolvere. Le promesse della campagna elettorale ne usciranno fortemente ridimensionate, ma il tema riguarda anche il bilanciamento delle richieste interne alla maggioranza. Sul fronte fiscale arriverà una mini estensione della flat tax, da 65mila a 85mila euro, e questo renderà contento Matteo Salvini. La Lega, però, insiste per dare un segnale forte sulle pensioni. La ministra del Lavoro Marina Calderone dice che «si farà di tutto per evitare lo scalone imposto dalla legge Fornero» e il principio di quota 41 è il perno attorno a cui si sta costruendo la soluzione. Negli scorsi giorni dal dicastero di via Veneto e dal Tesoro è partita la richiesta all’Inps per avere in manole simulazioni su quota 41 con un paletto anagrafico. Le tabelle parlano di costi che crescono con l’abbassarsi dell’età. Quota 41 con 63 anni costa a regime circa 5 miliardi, mentre se il paletto venisse spostato a 62 anni l’esborso sarebbe di oltre 6 miliardi e di circa 7,6 miliardi se si dovesse optare per i 61 anni. Se si dovesse scegliere per una soluzione annuale, i costi sarebbero inferiori, ma sarebbero comunque importanti considerando che il bacino della manovra deve tenere dentro anche altre spese.
Confindustria e i sindacati chiamano un taglio delle tasse sul lavoro e anche solo replicando lo schema di Draghi si farebbe molta fatica a tenere in fila i saldi della manovra. Altri soldi si potrebbero ricavare guardando alla relazione sull’evasione fiscale, che è riapparsa nella Nadef. L’incasso potenziale non è spendibile immediatamente, ma da lì arriva più di un segnale in controtendenza rispetto alle scelte del governo di alzare il tetto del contante e di ridimensionare l’azione dell’Agenzia delle Entrate. Gli ultimi dati dicono che l’evasione si avvia ad andare sotto i 100 miliardi anche nel 2020, ultimo anno rilevato. Il livello resta elevato, ma la curva prosegue la discesa. Soprattutto funzionano tutte le misure introdotte negli ultimi anni. Quelle che la premier vuole smantellare.