La Stampa, 6 novembre 2022
Vito Mancuso lascia Twitter contro Musk
Ho deciso di disattivare il mio account Twitter, dopo averlo usato per quasi dodici anni. Lo consultavo quasi quotidianamente, spesso anche più di una volta al giorno, per raccogliere notizie, leggere le opinioni di persone che stimo e mi interessano e in sostanza per avere una finestra sul mondo, essere aggiornato e in contatto con le cose che succedono. Ho sempre pensato che Twitter fosse uno strumento importante, almeno per me, non tanto per cinguettare, quanto per ascoltare i cinguettii degli altri.
La mia non è stata una scelta a cuor leggero. Mi dispiace non avere più la possibilità di dire la mia ogni tanto, proponendo qualche interpretazione, qualche visione del mondo e, soprattutto mi dispiace non poter più entrare in contatto con le persone di cui ero, come si usa dire, follower. Ho agito come ho fatto molti anni fa, quando ho lasciato Mondadori, la mia casa editrice di allora. Nel 2010, Silvio Berlusconi era sia capo del governo che proprietario della Mondadori, e io scrivevo per la Repubblica. Chiesi al giornale di pubblicare un articolo nel quale comunicavo la mia scelta di lasciare la casa editrice, poiché mi metteva terribilmente a disagio il fatto che Berlusconi avesse confezionato, per non rinunciare a niente, una delle sue molte leggi ad personam. Oggi, su Twitter, avverto lo stesso disagio, pertanto lo abbandono. Sono ben consapevole che succederà niente, così come successe niente quando uscii da Mondadori, sebbene molti autori mi avessero espresso la mia stessa insofferenza: di loro, solo il caro Don Gallo fece immediatamente quanto aveva detto e, come me, lasciò Mondadori. Nessuno lascerà Twitter.
Questo, probabilmente, riveste di irrazionalità la mia volontà, e tuttavia non mina la mia convinzione. C’è sempre dell’irrazionalità nell’indignazione: ti porta a fare cose che comportano una perdita. Eppure, io sento non solo di non potermi esimere, ma pure di guadagnare molto nel seguire una spinta interiore. Guadagno la fedeltà a me stesso, di certo. E guadagno anche la certezza di aver fatto qualcosa contro la prepotenza. Qualcosa di molto piccolo ma fondamentale: impedire a un prepotente di esercitare la sua sopraffazione sulla mia interiorità. Ed è questo il senso della dimissione del mio account. Penso che ciascuno di noi possa, forse persino debba, impedire ai prepotenti di piegargli la coscienza, la mente. Elon Musk è un prepotente: lo dimostrano quello che sta facendo con i lavoratori di Twitter e le politiche che promette adottare prossimamente per rimodulare il social network. Io non voglio averci a che fare. Mi sento un po’ come Don Chisciotte, ma devo anche dire che, ogni tanto, è bello e onorevole combattere contro i mulini al vento.