il Giornale, 7 novembre 2022
Ritratto di Aboubakar Soumahoro
In realtà la destra era arrivata prima anche qui. Toni Iwobi, per dire, il senatore di colore della Lega, fu eletto nel 2018. Anche se non ricordiamo particolari festeggiamenti degli attivisti anti-apartheid.
A parte che un conto è essere di colore, ma verde, come un leghista qualunque, e un altro essere di colore, ma rosso, come le persone perbene; e non è la stessa cosa. Comunque, Aboubakar Soumahoro nuova freccia vincente dell’arcobaleno, una Boldrini che ha completato il percorso di transizione di genere; un altro Saviano, però afro è indubbiamente l’espressione più felice della Sinistra che si impone il dovere di aver maggiori diritti: il Lei e non il tu, «la» al posto di «il», Patria invece di Nazione, naufraghi e non clandestini, libera cannabis in libero mercato, libero rave in terreno privato, ius scholae, ius soli E come dice Enrico Letta a proposito delle coalizioni elettorali, meglio soli che
Ma chi è il nuovo referente politico di Letta&Co.?
Nome: Aboubakar, composto da abu, «padre di», e bakr, «giovane cammello», letteralmente «padre del giovane cammello». Da cui il passo evangelico «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un povero entri nel Pd». Cognome: Soumahoro, di Bétroulilié, Costa d’Avorio, Africa occidentale, terra di antilopi, gazzelle, cantanti reggae e calciatori pagati il triplo del Pil dello Stato (più o meno come da noi); 42 anni, in Italia da quando ne aveva 19; laurea in Sociologia all’Università di Napoli; un passato da bracciante agricolo; da sempre in prima fila nelle battaglie per i diritti dei lavoratori (quindi lontano dalle priorità del Partito democratico); teorico del campo larghissimo, sognando una super confederazione delle Sinistre secondo la massima politica africana «Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante»; sindacalista inquieto contro lo sfruttamento e il caporalato (ma non si è lasciato bene con l’Unione Sindacale di Base...), rapporti tesi coi musulmani italiani, e nelle ultime elezioni candidato alla Camera nella lista Alleanza Verdi e Sinistra. È riuscito nell’impresa di perdere male in un collegio blindato, come Modena; ma è stato ripescato. Olè!
E così Aboubakar Soumahoro, il paladino degli ultimi, è il primo a spiccare tra gli onorevoli colleghi il giorno dell’insediamento in Parlamento: pugno alzato, grandes chaussures et beaux cerveaux, entra a Montecitorio con indosso gli stivali sporchi di fango simbolo delle sofferenze e del lavoro, ci sta giusto il tempo di battibeccare con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni «Mi dia del Lei!» #laPeggioreDESTRAdiSempre – e quando esce è già il Papa nero della Sinistra. Da quelle parti dell’emiciclo è così: basta la battuta buona al momento giusto, e subito qualcuno comincia a far girare il tuo nome come possibile segretario del Partito. Non vediamo l’ora di assistere allo spettacolo: scorpacciata di popcorn congressuali. Però, si sa: nei conclavi si entra Papa e
Elemento cardinale nel nuovo progetto politico riformista, lucido, determinato e terribilmente credibile per gente abituata a Letta e Bonaccini, l’italo-ivoriano Aboubakar Soumahoro è tutto ciò che la Sinistra vorrebbe essere e, purtroppo, è. Ultraeuropeista, turbo-green, fluida, femminista, pacifista e iper immigrazionista: è salito sulla nave delle Ong twittando «Vergogna! Sono indignato! Il governo Meloni è disumano». Click.
Curriculum chic di Aboubakar Soumahoro, detto dagli amici «Abou bu-Sette-te» per la frequentazione della rete di Urbano Cairo: un blog su HuffPost, una rubrica sull’Espresso, un libro per Feltrinelli, uno sciopero della fame e un rifiuto razzista subito da un tassinaro romano. Pensatori di riferimento: Mandela, Gramsci, il decolonizzatore Frantz Fanon, Chiara Ferragni, la Moratti, Pif e Diego Bianchi, in arte Zoro: E dajie Sogni: sostituire il reddito di cittadinanza con quello di esistenza; l’istituzione di una patente del cibo che ne certifichi la provenienza (insomma una sovranità alimentare terzomondista); cancellare i decreti sicurezza (quando lo disse all’assemblea del Pd a Bologna, tre anni fa, venne giù dagli applausi la sala Convegni del Fico, e Oscar Farinetti voleva adottarlo: «Figlio mio!!»); e soprattutto l’assorbimento di quel che resta della Lega nord nella Lega dei braccianti. «Se fossi il Salvini nero, la pacchia finirebbe: ma per i lumbard».
E in effetti, fossimo Salvini, ci preoccuperemmo. Dopo lo scenografico ingresso in Parlamento – da cui il modo di dire «sindacalista con gli stivali», o anche «dei miei stivali» – ospite nel giro di una settimana di Fabio Fazio e twitstar del momento, Aboubakar Soumahoro («Sono laureato, può chiamarmi dottore») rappresenta la punta più colored nella scala cromatica dei neri di tendenza. Come Rula, più di Rula. Appellativi: «l’Obama di Cerignola». «Il nostro Bernie Sanders». «Mister Pacchia»... È il Sidney Poitier del Transatlantico. Come dicono i cronisti parlamentari quando lo vedono: «Indovina chi viene alla bouvette?».
Tutti i meme di Soumahoro. Con gli stivali di Prada. Con i Moon Boot. Con le scarpe coi tacchi. Con i piedi da Hobbit. Vestito da Hobbit. Che fa i Campi Hobbit.
Tag-line del suo account Twitter: «Meglio fare un passo con il popolo che cento passi senza». Che è un po’ il «Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora» in salsa habanero. Molto piccante, ma buona.
Buono, buonista, buongustaio, buoni propositi e buono a sapersi, furbo, dalla parte degli invisibili ma mediaticissimo, istrionico, vittimista, simpatico e familista (e non staremo qui a citare la Coop di famiglia, fondata dalla suocera e gestita dalla moglie, che non pagherebbe i lavoratori), Aboubakar Soumahoro, ivoriano in misura residuale ormai, è la dimostrazione esemplare che italiani si nasce, ma soprattutto si diventa. Acquisendo tutti i nostri peggiori difetti, è diventato italiano prima ancora di esserlo. Si è integrato perfettamente con la casta, considera i comizi una forma di intrattenimento minore rispetto alle ospitate tv, ha fatto sua la capacità delle persone più colte di farsi credere migliori rispetto a quello che sono, ed è un maestro nell’ars oratoria figlia del peggior vendolismo (s.m., da Nichi Vendola: forma particolare di illusionismo verbale; sin.: «discorso fumoso»), quella narrazione parolaia e vuota, tipica della più stanca retorica di una sinistra puramente reattiva, che riempie l’agenda politica dicendo il nulla. «Patriottismo solidale», «depotenziare l’elemento identitario escludente», «norme razzializzanti», «eco-ansia»... A ognuno il suo storytelling... Rilfesso pavloviano di un dem: «Avercene in Parlamento persone preparate come #AboubakarSoumahoro». Con l’hashtag.
Social, sociale (nella lingua del popolo baulè della Costa d’Avorio per dire «uomo» si usa il termine sran, «colui che tesse relazioni», e lui è bravissimo), socievole (ha moltissimi amici, anche se i suoi ex compagni di lotta&capolarato lo hanno già rinnegato: «È solo marketing»), carisma e diastema, stivalone e boldrinismo, se è vero che al Pd serve più radicalità, Soumahoro è il leader ideale. La sua ricetta di fratellanza e solidarietà profuma di sinistra più di tutto il campo progressista messo insieme. Eau de Rive gauche.
La politica, si sa, è un territorio impervio. Come la savana. Sì: l’apologo del leone, la gazzella e del correre per sopravvivere Qui da noi invece ci sono i congressi, le correnti, i lettiani, i civatiani Lei, onorevole Soumahoro, sa muoversi bene, ha fame di giustizia e – Lei sì – ha gli occhi di tigre (anche se quelle vivono in Asia). Forse può farcela.
Per il resto, complimenti per aver spiegato alla Sinistra cos’è il mondo reale. E buon lavoro.