la Repubblica, 7 novembre 2022
Intervista a Tosca
Lei è l’eccezione. Vistosa, appassionante, ma pur sempre un’eccezione. Basta seguirne le tracce per capire che tutto quello che pensiamo sulla musica che oggi scorre liquida tra invadenza dei social, effetti televisivi e ormoni ad alto tasso giovanile, è sbagliato, o almeno incompleto. C’è tutto un altro mondo di musiche che vive, prospera e scalda il cuore di migliaia di persone. Tosca ha appena girato il mondo, accolta come una regina, circa 90 concerti, con 30.000 spettatori in quasi tutti i continenti, da Algeri a Rio de Janeiro passando per le capitali europee, per concludere in bellezza con cinque date all’Auditorium di Roma tra il 26 dicembre e il primo del nuovo anno, con ospiti come Drusilla, Peppe Servillo e tanti altri in via di definizione. Tosca è iperattiva, dischi, concerti, documentari e un prezioso lavoro di supervisione all’Officina Pasolini di Roma, un hub di “alta formazione artistica” dove si studiano e si sperimentano i linguaggi di musica e teatro.
Dopo tutto questo girovagare per il mondo ha scoperto qualcosa che non sapeva?
«Per prima cosa che la nostra situazione è unica. Non mira alla valorizzazione della musica ma a quella dei prodotti, una medaglia che ha due facce, una legata al marketing, un’altra dimenticata e oscurata. I generi che hanno bisogno di più ascolto sono in una sorta di cono d’ombra.
Sembrerebbe un dato di fatto ineluttabile ma non è così, e te ne accorgi viaggiando: non succede in Francia, in Spagna, in Germania, in Portogallo, in Inghilterra. Da noi c’è una barriera tra quello che è stato e quello che è, ma nel mondo siamo ancora quel popolo bellissimo di cultura e memoria, basta dire che vieni dall’Italia ed è già una garanzia…».
Ha scoperto altro?
«Che fuori c’è tantissima musica ma qui non arriva perché è decaduta la curiosità, siamo abituati a essere guidati come se ci fosse un reticolato che ti mostra solo un certo scenario, se giri la testa dall’altra parte c’è il mare, ma se non ti giri non te ne accorgi».
Ce l’ha per caso con la televisione?
«Assolutamente no, ma la televisione un tempo era un punto di arrivo, ora è un punto di partenza e questo porta alla ricerca forzata di un risultatoimmediato, ma ci sono cose che hanno bisogno di più tempo e se questo è successo a star affermate figuriamoci ai giovani che emergono. Mi piange il cuore quando vedo un ragazzo che ha idee originali e poi cambia strada per farsi accettare».
Per lei è stato molto diverso?
«Ma sì, siamo partiti da quella che si chiama gavetta ma oggi sembra sia diventata un’onta, invece è un momento bellissimo, io me li ricordo i primi anni in cui cantavo, quando sbirciavo tra il pubblico e cercavo di capire le reazioni.
Facevo l’attrice, la cantante nei locali, ero confusa, mi dissero che c’era un posto, il Talent scout, dove ho conosciuto Stefano Palatresi e Gegè Telesforo, ho cominciato con loro e ogni tanto capitava RenzoArbore. All’epoca cantavo Think di Aretha Franklin, pensa che coraggio, e finì che mi ritrovai aDoca fare la vocalist nel gruppo.
Una sera come ospite c’era Tanita Tikaram ma all’ultimo momento saltò, io stavo seduta da una parte, tranquilla e Renzo mi disse: tocca a te, e sei sei brava poi cantiamo una cosa insieme. Mi fece cantareThink ,pensavo di morire ma andò bene e ho continuato a lavorare con lui per quattro anni».
È così che s’impara come
conquistare il pubblico?
«È tutto lì, e quando fai teatro è ancora più bello, impari a capire che ogni città ha reazioni diverse, figuriamoci quando ti ritrovi ad Algeri o Lisbona, ma diventa una sfida, un rapporto d’amore, se vai a Napoli e a Napoli trionfi, vuol dire che ce l’hai fatta davvero, è come una droga. Io ho sempre avuto fiducia nel pubblico, lo so che sembra assurdo ma la canzone che la gente ama di più quando faccio i concerti èRumania Rumania diAaron Lebedev del 1920, con la gente in piedi che balla, è in yiddish stretto eppure la gente ormai la aspetta, guai se non la canto. Insomma faccio parte di questo mondo di nicchia e ne sono fiera, ma come diceva David Riondino “accipicchia, quanta gente in questa nicchia”».
Forse paga anche la coerenza?
Qualcosa alla fine torna?
«Ma certo, a volte mi dicono meriteresti di più, perché non fai quello o quell’altro, ma la verità è che molto di quello che ti torna è per quello che fai ma ancora di più per quello che non fai. Nel 2020 a Sanremo mi è arrivata questa botta che non mi aspettavo, la canzoneHo amato tutto era stata presentata invano nelle cinque edizioni precedenti, c’era una resistenza, una canzone classica, senza ritornello, e devo dire che anche prima di iniziare a cantare, quella sera, questa cosa addosso ce l’avevo, ho pensato: madonna, forse sto a fa’ una cazzata, poi dopo i primi venti secondi ho capito che si era accesa la luce e l’amore col pubblico, ho chiuso gli occhi e in tre minuti ho portato 25 anni della mia storia. Magari attraverso di me si è aperta una porta nella quale possono passare in tanti che fanno questo mestiere con onestà».