La Stampa, 6 novembre 2022
I bonus inutili secondo Giorgia
La telefonata, alla fine, è arrivata ieri mattina: per mercoledì pomeriggio Giorgia Meloni ha invitato a palazzo Chigi i vertici di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Sbarra e Bombardieri. Incontro che arriva quasi in extremis alla vigilia del varo del nuovo decreto aiuti da 9 miliardi annunciato venerdì dalla premier e con una legge di bilancio di fatto già impostata con l’approvazione della Nota di aggiornamento. I sindacati puntano ad un confronto stabile, duraturo, trasparente e soprattutto preventivo a tutto campo su tutti i temi più caldi: il caro energia e l’inflazione, la tutela del potere d’acquisto di salari e pensioni, la riforma della previdenza, la lotta alla precarietà e la questione sicurezza.
Il ministro del Lavoro Marina Calderone ieri ha auspicato un confronto «di ampio respiro lungo tutto l’arco della legislatura per definire le priorità» assicurando che l’incremento del potere d’acquisto e la riduzione del cuneo fiscale «sono obiettivi da raggiungere in tempi brevi». Tra i sindacati non mancano, però, i distinguo. «Se tutte le risorse vengono concentrate sull’emergenza energia, per tutto il resto, dal taglio del cuneo fiscale alle pensioni, cosa rimane, non c’è nulla? Voglio capire cosa pensano di fare» ha spiegato ieri Maurizio Landini a margine dell’assemblea di Federmeccanica. Oltre a questo il leader della Cgil ha osservato di non aver sentito nulla sugli extraprofitti e soprattutto sulla necessità di intervenire su una riforma fiscale. «Non ci preoccupa il fatto che si agisca in deficit – sostiene invece Pierpaolo Bombardieri della Uil -. Abbiamo sempre detto che è necessario chiedere all’Europa un nuovo programma Sure, ma se è necessario salvare imprese e lavoratori, di necessità si fa virtù». Quello che serve e che il sindacato si appresta ad esigere, come dice Luigi Sbarra (Cisl), è comunque una «visione che conduca ad un progetto-Paese per assicurare riforme capaci di garantire coesione, crescita e partecipazione sociale».
Che quello delle risorse sia un problema oggettivo lo ammette indirettamente la stessa Meloni che ieri sui social ha spiegato che coi prossimi interventi il governo «concentrerà le risorse a disposizione per aiutare gli italiani a far fronte all’aumento del costo dell’energia, senza disperdere risorse in bonus inutili».
Secondo il vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni industriali, Maurizio Stirpe, in questa fase tanto delicata «è sbagliato per le parti sociali presentarsi separate al tavolo col decisore politico, col rischio che poi non si accontenta né una parte né l’altra. Bisognerebbe mettersi attorno ad un tavolo, per scegliere 5-6 punti assieme e porli al governo come visione delle parti sociali». Però, ha aggiunto scherzando, «non chiamiamolo patto perché porta male. Ogni volta che parliamo di un patto poi succederà qualcosa». «Non ci siamo mai sottratti al confronto» replica subito a caldo Bombardieri. «Facciamo un patto: non parliamo più di patto – aggiunge Landini. Disponibilissimi a discutere: se troviamo un’intesa bene». «Condivido il metodo – sostiene invece Sbarra -. Occorre definire le priorità».
Carlo Bonomi prima esprime apprezzamento per la decisione del governo di mettere tutte le risorse sulla crisi dell’energia, sul “gas release” e sulla volontà di mantenere barra dritta sulla finanza pubblica, quindi riprende il tema del rapporto coi sindacati e si toglie qualche sassolino dalle scarpe. «Se si parla di alleanza, Confindustria ha sempre dato la massima disponibilità, ma ci vuole la volontà di farla veramente. Il problema non è chiamarlo patto o non patto, ma è quale futuro vogliamo disegnare per il Paese. Se vogliamo discutere nel merito siamo pronti, è due anni che siamo pronti» ha poi aggiunto, salvo poi lanciare frecciate contro chi «coi governi precedenti ha pensato di poter avere dei vantaggi parlando direttamente, perché magari c’era qualche ministro ideologicamente spostato da quella parte», e contro «battaglie corporative» come quella sul cuneo fiscale. Bonomi non cita direttamente Landini ma l’idea del segretario della Cgil di destinare interamente ai lavoratori i benefici del cuneo fiscale non è accettabile: per Confindustria un terzo dei 16 miliardi che le imprese propongono di tagliare devono, infatti, andare alle imprese che in questa fase hanno subito l’aumento spropositato dei costi dell’energia e delle materie prime e solo i restanti due terzi ai lavoratori. Ricordando che «se non ci sono imprese non c’è lavoro». Patto o alleanza che sia, con queste premesse, parte già in salita.