il Giornale, 6 novembre 2022
La versione di Fontana
Milano Attilio Fontana, governatore della Lombardia, è già in campagna elettorale?
«No, quando inizierà bisognerà dedicarle particolare attenzione, e il mio impegno ora è tutto rivolto all’azione amministrativa. Per ora penso da presidente, non da candidato. Non ci ho ancora messo la testa».
E la data? Il potere di convocare il voto adesso è suo.
«La legge non è stata ancora approvata. Nonostante la speciosa polemica delle opposizioni, fra l’altro, quel potere lo hanno tutti i presidenti di Regione, io ho proposto di adeguarci, vedremo. Se invece decidesse il governo, non sarebbe vincolato nei tempi».
Lei sente il bisogno che i partiti insieme annuncino il sostegno alla sua candidatura o è implicito?
«Lo sto ottenendo ogni giorno. Si lavora con grande solerzia. I tre partiti, anzi quattro, singolarmente hanno già detto che il candidato sono io, prima che la dottoressa Moratti si dimettesse ci si poteva forse attendere questo, adesso è superfluo. Presto la faranno comunque».
Cosa pensa della condotta della sua vice? Le ha lasciato l’amaro in bocca?
«In democrazia ognuno è libero di seguire idee e progetti, l’unica cosa che voglio dire è che escludo che quella scelta sia stata determinata da contrasti. Mai abbiamo bloccato delibere della vicepresidente, che ha avuto ampia autonomia, abbiamo sempre concordato le scelte, sempre discusso in giunta le sue proposte. Tutta l’attività è stata molto partecipata, a volte dal Consiglio, altre dalla giunta, altre ancora da me. Si è trattato di una attività condivisa».
E, nel caso del Covid, condivisa da Guido Bertolaso, ora assessore alla Sanità.
«Gran personaggio. Nei momenti di difficoltà non si è mai tirato indietro, ha lavorato in modo eccezionale, fatto squadra, dato risposte, ha realizzato l’ospedale in Fiera prendendo il Covid. Nella campagna vaccinale ha dimostrato capacità fuori dal comune. Sarà altrettanto capace come assessore».
La sua nomina dimostra anche che la retromarcia sui «no vax» non esiste.
«Non esiste. In Lombardia poi il numero è risibile, e la misura del governo sarebbe entrata in vigore fra un mese e mezzo. Non si è stravolto un principio, solo anticipato la decisione, non si può fare una tempesta in un bicchier d’acqua per questo».
In cuor suo ha sempre saputo che si sarebbe ricandidato?
«Ci sono stati momenti di estrema difficoltà, in cui mi sono sentito anche stanco, ma devo dirle che mi hanno convinto i tanti che ho incontrato e che mi chiedevano di andare avanti. È la spinta decisiva».
Dopo un mandato funestato dal Covid, cosa porterà a bilancio ai cittadini?
«Un risultato è questo. La nostra campagna è stata fra le migliori in Europa, apprezzata anche dall’Oms. Siamo stati la regione più colpita e abbiamo affrontato il dramma da soli, senza dispositivi sanitari o linee da seguire, io sono stato insultato per la mascherina, ci sentivamo abbandonati, ma siamo passati da 700 letti di rianimazione a oltre 1.800».
E in piena tempesta ha varato il Piano Lombardia.
«Nel momento peggiore abbiamo guardato avanti, sapendo che altrimenti a dramma si sarebbe sommato dramma, anche economico. La Corte dei conti dice che abbiamo anticipato il Pnrr. Il merito è dei lombardi, non nostro, ma è stato un segnale, misurabile nel Pil».
E per il secondo mandato?
«Stiamo preparando per il 28 novembre un grande evento con le miglior menti dell’impresa e della ricerca. Abbiamo le nostre idee ma vogliamo ascoltare. Il futuro lo vedo nell’innovazione, nell’idea di smart land. A Mind arrivano ricercatori da tutto il mondo, start up, c’è il progetto del Polo col Politecnico, quello di Pavia. Questo è il futuro, senza dimenticare l’agricoltura, da difendere, e il turismo che può crescere».
I rapporti di forza nel centrodestra sono cambiati. È un problema?
«Non sarà un problema. Da molte parti si soffiava sul fuoco ma non abbiamo mai avuto una crisi, una tensione, non abbiamo visto liti o attacchi».
C’è un avversario con cui le piacerebbe misurarsi?
«Non ci ho mai pensato. Non vedo la campagna come un momento in cui far vedere muscoli. L’importante è che sia seria, spero che non la si voglia buttare in caciara. Potrei farlo anch’io, ma la Lombardia non lo merita».
E la Lombardia ha il compito di trainare il Paese.
«È nel suo dna, pensa al bene comune più di quanto non si dica, e lascia che altri si riempiano la bocca di parole. Io sono convinto che sarà la legislatura dell’autonomia. Il Paese ha un’organizzazione vecchia, da rinnovare, e l’autonomia va in questa direzione. È questa la strada da intraprendere».