Il Messaggero, 6 novembre 2022
Quando il cellulare ti fa venire il tumore
TORINO Si è ammalato di tumore perché usava sempre il telefonino per lavoro. Almeno due ore al giorno per tredici anni. E ora l’Inail è stata condannata anche in appello a riconoscergli una rendita professionale di invalidità. La sentenza, pronunciata lo scorso 2 novembre, riguarda il caso di un ex tecnico specializzato dell’Acciai Speciali Cogne. Un uomo di 63 anni residente ad Aosta che si era ammalato di neurinoma acustico, un tumore benigno che colpisce un nervo dell’orecchio. In un primo momento l’Inail aveva rigettato la sua istanza di indennizzo. Gli avvocati Stefano Bertone, Chiara Gribaudo e Jacopo Giunta, hanno però sostenuto il nesso di causalità tra l’uso del cellulare prolungato per motivi lavorativi e la malattia riscontrata. E alla fine hanno ottenuto un doppio verdetto positivo, prima del tribunale di Aosta e ora della Corte d’Appello di Torino.
I CONSULENTI
Si tratta del secondo caso al mondo che si è concluso a favore di un lavoratore colpito da questa malattia: alcuni anni fa, sempre la corte d’Appello di Torino, aveva dato ragione a un ex dipendente di Telecom Italia, riconoscendogli un risarcimento per la prolungata esposizione alle frequenze emesse dal telefonino. In quest’ultimo caso, anche i due consulenti del tribunale hanno stabilito come il cellulare avesse causato «con elevata probabilità» il tumore e l’Inail, nel 2020, era stata condannata a pagare la rendita per malattia professionale di circa 350 euro al mese. L’ente aveva però impugnato la decisione chiedendo una nuova consulenza tecnica. La Corte d’Appello aveva così nominato il professor Roberto Albera, ordinario di otorinolaringoiatria dell’Università di Torino, autore di 400 pubblicazioni che nella sua lunga esperienza ha eseguito oltre 10 mila interventi tra cui poco meno di 200 per neurinomi. E anche lui ha confermato l’elevata probabilità tra l’esposizione alle radiofrequenze e la malattia riscontrata dal paziente.
Il lavoratore aveva utilizzato il cellulare sempre dall’orecchio sinistro, perché il destro era già stato lesionato a causa di un trauma pregresso, con un calcolo complessivo tra le 10 e le 13mila ore, dal 1995 al 2008. Operato per il tumore ha riportato la totale sordità da quell’orecchio e anche un danno al nervo facciale con conseguente paresi da quel lato del viso e uno stato di depressione. L’elevata probabilità di correlazione tra tumore e cellulare in questo caso è stata accertata sulla base dell’assenza di altre possibili cause e l’esposizione prolungata a radiofrequenze si è così rivelata l’unico fattore di rischio per l’ex lavoratore dell’acciaieria.
GLI AVVOCATI
Per gli avvocati Stefano Bertone e Renato Ambrosio, che stanno seguendo anche altri cinque casi di persone che si sono ammalate di neurinoma o sono decedute per glioblastomi, «il pericolo maggiore è per il pubblico, compresi i bambini: le radiofrequenze si percepiscono solo con i rilevatori elettrici. I Wi-Fi, le saponette, gli hotspot emettono e ricevono tutte radiofrequenze». Anche in un documento di valutazione del rischio di un’importante compagnia telefonica, l’azienda ha espressamente informato i suoi dipendenti che i cellulari non debbono stare «in contatto con il viso», indicando l’uso di auricolari «a cavo», e non sono disponibili per loro cordless o similari. Una sentenza a cui ne faranno seguito molte altre.