Corriere della Sera, 6 novembre 2022
Storia delle fesserie fatte dagli autisti dell’Atac
Messa così è una provocazione, ovvio. Un insulto nei confronti di tanti dipendenti dell’azienda di trasporto romana che fanno fino in fondo il loro dovere, inchiodati per ore al volante, riuscendo miracolosamente a evitare una miriade di incidenti nel caos dell’infernale traffico capitolino. Difficile ignorare però un crescendo di episodi sconcertanti.
Vogliamo partire, a rovescio, dalle cronache a lieto fine? Basti ricordare Simona Fedele, l’autista di un autobus che poche settimane fa, come hanno raccontato Manuela Pelati e Massimo Gramellini, fermò il pullman che guidava e sul quale era salito un ragazzino tormentato da un branco di coetanei prepotenti, si fermò, prese per mano la vittima dei bulli, si fece dare il numero della madre, le telefonò perché andasse a prendere il figlio. O Pasquale S., che pochi mesi fa, vedendo nello specchietto retrovisore un molestatore sempre asfissiante verso una ragazza bloccò il bus, chiuse le porte, diede l’allarme e protesse la donna fino all’arrivo della polizia. O i due autisti che, in momenti e luoghi diversi, si accorsero all’ultimo istante che nel primo caso una signora e nel secondo un uomo stavano buttandosi da un ponte e riuscirono a fermarli, ad aprire un dialogo con gli aspiranti suicidi, a guadagnare loro fiducia...
Per non dire di quanti conducenti, mandati a fare il loro lavoro in quartieri delle periferie più difficili frequentati a tarda sera da bande di balordi o lupi solitari, sono stati presi a sassate, minacciati, rapinati, picchiati a sangue. Come un autista che risaliva via Orti della Farnesina e aveva osato prendere di petto («Ragazzi, finitela, state disturbando troppo») un branco di rissosi pronti al pestaggio. O un suo collega che, in un momento dei più gravi per il Covid, chiese a un tizio di mettere la mascherina guadagnandosi un pugno in faccia. O ancora di Laura Zaratti che una decina di anni fa chiese a un passeggero di vedere il suo biglietto e fu colpita con una testata che le spaccò il setto nasale. Una botta tremenda che mesi dopo, il giorno di Natale, fu seguita da un aneurisma cerebrale da un difficilissimo recupero segnato da ventidue interventi e due stati comatosi. A farla corta: guai a generalizzare sulle mele marce.
Gli altri
C’è però chi ha difeso un ragazzo dai bulli.
E chi ha fatto arrestare
un molestatore
Ci sono però altri casi, come dicevamo, in cui ti chiedi: ma come sono stati assunti, certi dipendenti cui viene affidata la vita di quei quattro milioni di passeggeri che ogni giorno si servono dei mezzi pubblici romani? L’episodio di quattro giorni fa, scoperto grazie al video di un cittadino che alle nove di sera era salito su un bus in viale Trastevere («Dalle parti del ministero dell’Istruzione mi sono accorto stupito che il conducente raschiava, uno ad uno, una serie di tagliandi Gratta e vinci. Pareva che tutta la sua attenzione fosse concentrata lì») è stato solo l’ultimo di altri episodi lasciano sbigottiti gli abitanti della capitale.
Già colpiti ad esempio, a metà settembre, da un altro video diffuso in rete, in cui si vedeva chiaramente che l’autista della linea 881, quella che da Corso Vittorio Emanuele arriva in via della Pisana, guidava nel traffico di punta alle sette di sera guardando su uno smartphone, sorretto da una staffa portacellulare, la partita della Lazio contro il Midtjylland. Episodio seguito due settimane fa dal video di un altro passeggero, con l’autista che in questo caso guarda un film su un tablet. Riprendiamo la cronaca di Maria Egizia Fiaschetti: «Intorno alle 7 il conducente è stato immortalato in viale Angelico, nel quartiere Prati, con gli occhi puntati sul monitor invece di concentrarsi su manovre che richiedono la massima attenzione sia per il traffico, intenso già di primo mattino, sia per la responsabilità di trasportare centinaia di persone. Per non farsi scoprire avrebbe anche tappezzato la cabina con fogli di giornale, ma l’escamotage non avrebbe funzionato. Era un video musicale...”, ha provato a giustificarsi, forse confidando nel fatto che la maggiore brevità rispetto alla durata di un lungometraggio fosse un’attenuante, ma la reazione di Atac al “comportamento inqualificabile” è stata ferrea: sospeso dal servizio e dal pagamento dello stipendio».
Per non dire delle chiacchierate via chat di un’altra autista, Valentina Dora, licenziata dall’azienda di trasporto per il fittissimo viavai di messaggi e video scambiati mentre conduceva gli autobus a lei affidati: «Le immagini alla guida spericolata tra smorfie, linguacce e risate erano destinate ai suoi quasi seimila follower», ricorda la cronaca del Corriere, «Lei aveva tentato di giustificarsi presentando all’Atac un certificato medico che diagnosticava la sua “dipendenza cronica dal cellulare”, cosa che non è servita a salvarle il posto di lavoro. L’ex autista, che effettuava le riprese col telefonino truccata e mascherata, mostrando anche unghie lunghe e coloratissime, era stata assunta appena un anno fa». E come dimenticare il video in cui un conducente registrò una sua performance erotica poi inviata per errore a un gruppo aziendale? Nel filmato, scrisse Repubblica, «si vede il conducente usare una mano per toccarsi, l’altra per stringere il cellulare e riprendersi in un selfie lungo 47 secondi. Il volante diventa un accessorio da sfiorare di tanto in tanto…»
Ma pensavano davvero, tutti questi sventurati, di potersene infischiare delle regole aziendali, dei contratti e prima ancora del buon senso? Possibile che queste stupefacenti sbandate siano così abituali e diffuse da spingere gli autisti scoperti e svillaneggiati a pensare di restare impuniti? La risposta, forse, è nell’andazzo di un’azienda dove per decenni è stata tollerata una gestione gerontocratica, clientelare, fallimentare, finanziariamente catastrofica dove nessuno aveva mai pagato davvero. Dicono tutto, ad esempio gli storici abissi di assenteismo. Così radicati che ancora oggi, mentre è in corso l’ennesimo tentativo di risanamento affidato al direttore generale Alberto Zorzan, che dirigeva fino a marzo i trasporti pubblici milanesi, l’assenteismo nel II Trimestre di quest’anno è del 13,89%. Un tasso altissimo che dal 7,39% dei quadri si impenna tra il personale ispettivo a uno stratosferico 25,26%. C’è qualcosa da aggiungere?