Corriere della Sera, 6 novembre 2022
Il contrasto tra governo italiano e ong
ROMA Sulle mappe del traffico marittimo, seguendo i segnali emessi dai trasponder, le loro sagome saltano subito all’occhio. Ferma al largo di Catania ecco la norvegese Geo Barents. Davanti a Fiumefreddo (Catania) si muove lentissima la tedesca Rise Above. Quasi affiancata, aveva la Humanity 1, che ieri sera è arrivata in porto. Continua invece a restare quasi al limite delle acque territoriali, di fronte ad Acireale, la norvegese Ocean Viking. Ora le tre navi delle Ong rimaste davanti alla costa della Sicilia orientale devono aspettare. Hanno ricevuto il permesso di entrare nell’area delle 12 miglia per proteggersi dal cattivo tempo, ma questa è l’unica concessione. La direttiva del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è chiara: sulla base dell’articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e in seguito alle note verbali già trasmesse dal nostro ministero degli Esteri alle ambasciate degli Stati di bandiera, le navi Ong non sono «in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale». Una lettera firmata dai ministri dell’Interno, Difesa e Infrastrutture ha già informato gli equipaggi che sarà loro vietato rimanere nelle acque territoriali per un periodo più lungo del «necessario per garantire operazioni di soccorso e assistenza a persone in condizioni di emergenza e in condizioni di salute precarie». A terra i migranti più fragili. Poi tutti via. Durante la sosta in acque italiane, inoltre, dovranno essere osservate «le leggi dello Stato ospitante», le norme «di buona navigazione» e l’ordinanza del comandante del porto che regola gli ancoraggi e la sicurezza nei punti di rada.
Ma tra governo italiano e Ong è scontro. La Convenzione dell’Onu a cui fa riferimento la direttiva Piantedosi afferma che «le navi di tutti gli Stati godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale». Ed il passaggio è inoffensivo «fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero». Queste ultime condizioni si verificano se la nave è impegnata in alcune attività, tra cui «il carico o lo scarico di persone, in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, sanitari e di immigrazione vigenti nello Stato costiero».
Bruxelles
Le ong citano anche la Commissione Ue: «Salvare i migranti in mare? Obbligo legale»
Le Ong però replicano citando la portavoce della Commissione Europea, Annitta Ripper: «Salvare i migranti in mare è un obbligo morale e legale». E si richiamano anche loro all’Onu, ricordando la Convenzione del 1982 che all’articolo 98 dispone: «Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo». Una controversia che va avanti da anni.