Corriere della Sera, 6 novembre 2022
Trump non bloccherà gli aiuti militari americani
Il presidente Joe Biden continuerà ad aiutare la resistenza ucraina, almeno per tutto il 2023. Di sicuro non saranno interrotte le forniture di armi. La Casa Bianca sta preparando un «piano anti-Trump» da presentare al Congresso subito dopo le elezioni di midterm, in programma martedì 8 novembre. Si tratta di un altro mega finanziamento da circa cinquanta miliardi che si aggiunge al pacchetto complessivo di 65,9 miliardi, già approvato dal Congresso, in tre tranche, nel corso del 2022.
La Speaker della Camera, Nancy Pelosi, e il leader dei senatori democratici, Chuck Schumer hanno rassicurato i consiglieri della Casa Bianca: ci sono i numeri per il via libera in tutti e due i rami del Congresso.
L’Amministrazione Usa e il governo di Volodymyr Zelensky si sono molto agitati il 18 ottobre scorso, quando il numero uno dei repubblicani alla Camera, Kevin McCarthy, aveva detto che il suo partito, se in maggioranza nella nuova legislatura, «si sarebbe opposto» a nuovi stanziamenti a favore dell’Ucraina. Motivo? Quelle risorse ora servono agli americani colpiti dall’inflazione e, inoltre, il debito pubblico è già troppo alto: 31 mila miliardi di dollari.
A Washington si è sempre data per certa la ricandidatura di Donald Trump alla presidenza. Al Congresso, in pochi ne dubitavano: ora ci siamo. Ciò che invece nessuno sa con ragionevole sicurezza è come si comporterà l’ex presidente rispetto alla guerra iniziata da Vladimir Putin. Trump è, ormai per definizione, una mina vagante. Biden, quindi, ha chiesto a Pelosi e a Schumer di prepararsi per lo scenario peggiore: una rumorosa campagna dei trumpiani per spingere verso il disimpegno in Ucraina. Un sondaggio condotto per conto del «Wall Street Journal» e pubblicato giovedì 3 novembre, segnala che il 48% degli elettori repubblicani pensa si stia spendendo troppo per Kiev. La percentuale, però, scende al 30% se si considera l’intera opinione pubblica del Paese.
Ma queste cifre vanno interpretate politicamente. Intanto bisogna vedere gli equilibri reali nel Congresso. Al momento i trumpiani più accesi, i cosiddetti «Maga», costituiscono il 30% della rappresentanza parlamentare repubblicana. Secondo i calcoli, dopo le elezioni, potrebbero arrivare a una soglia massima del 40%. Va anche ricordato che i nuovi eletti (tutti i deputati e un terzo dei senatori) si insedieranno solo a gennaio. Da qui ad allora resterà in carica l’attuale Congresso. I trumpiani puri e duri potranno certamente organizzare azioni di disturbo, ma non dovrebbero essere in grado di dettare l’agenda allo schieramento maggioritario che, nei mesi scorsi, non solo ha sempre votato a favore degli aiuti, ma ha anche sollecitato Biden a fare di più.
C’è un altro passaggio chiave da esaminare. A che cosa puntano davvero McCarthy e gli altri capi repubblicani? L’ipotesi più probabile è che vogliano tagliare la parte dei finanziamenti destinati all’assistenza economica e umanitaria dell’Ucraina, al sostegno dei profughi. Stiamo parlando di tanti soldi: 25,3 miliardi di dollari sui 65,9 miliardi distribuiti dal Congresso nel 2022. La voce «armamenti», che comprende tutto, dai missili alle munizioni, finora ha coperto circa 20 miliardi di dollari. Il resto è andato per finanziare le operazioni di addestramento, la manutenzione dei mezzi militari Usa e così via. Ebbene la corrente repubblicana maggioritaria, il «Republican Study Commitee», cui oggi fanno capo circa 150 parlamentari conservatori, chiede addirittura l’aumento del bilancio alla Difesa (oggi è già a livelli astronomici, con 742,3 miliardi di dollari all’anno) e un’energica azione di sostegno militare all’Ucraina per bloccare l’aggressione di Putin.
Per le forniture di mezzi militari, dunque, non dovrebbero esserci problemi.Sull’assistenza umanitaria, invece, l’Amministrazione potrebbe essere costretta a qualche compromesso.
In questa fase, comunque, il vero tema è quello degli armamenti. Biden ha già utilizzato 17,9 miliardi di dollari sui 20 messi a disposizione dal Congresso. Restano pochi margini, dunque. Occorre una nuova infornata di altri 20 miliardi in ordigni, sui 50 allo studio, per garantire un sostegno adeguato all’Ucraina per almeno 10-12 mesi. Ultimo fattore da non trascurare: la lobby dell’industria bellica americana si farà sentire, soprattutto con deputati e senatori repubblicani.