La Stampa, 5 novembre 2022
Il rave quotidiano nelle strade delle nostre città
Non entro, per manifesta personale incompetenza, nei dettagli giuridici e filosofici del progetto di legge che imprudentemente il nuovo governo sta elaborando per tentare di regolamentare i cosiddetti “rave party”. Vorrei piuttosto esprimere un certo sgomento che mi assale a leggere la levata di scudi di una parte, non certo minoritaria, dell’intellighenzia che a vario titolo e con diverse argomentazioni ha espresso la propria legittima contrarietà a tali intenzioni politiche. Un atteggiamento che mi sembra caratterizzato da un certo grado di presbiopia ciò che impedisce di vedere quello che ci circonda da vicino. Ovvio constatare che di rave se ne organizzano pochi, per la natura stessa “clandestina” dell’evento e se lo è, come gli organizzatori stessi vogliono e pretendono, un motivo c’è: accadono cose illegali, dalla mescita di alcol a qualsiasi età (chi può giurare che a Modena o altrove non ci fossero tredicenni o quattordicenni stremati da ogni tipologia di bevande alcoliche?), al mercato aperto a ogni genere di droga comprese quelle micidiali come il crack, alla più evidente evasione fiscale, alla possibile contaminazione con agenti della criminalità organizzata (che specula su tutte queste cose). Non ultima l’incolumità stessa dei partecipanti che possono, sotto l’effetto di qualsiasi stordimento, arrivare a violenze su di sé e su altri (l’anno scorso in provincia di Viterbo morì un giovane, così come era accaduto in Toscana tempo fa e come accadde a due carabinieri che intercettarono due partecipanti finendo in rianimazione l’uno e per morte cerebrale l’altro).Chi se la sente di “sdoganare” tutto ciò? Tuttavia l’aspetto che mi preme sottolineare è la continuità tra un “rave party” e un “city party”, ovvero quel prolungamento, nemmeno tanto “sottovoce”, che ha inglobato migliaia di vie e piazze d’Italia, dove quasi H24 si può acquisire, ad ogni età, qualsiasi cosa con il corredo magnifico di un’assordante musica tecno. Cosa possa favorire queste dilatate “no men land” è davanti ai nostri occhi, sempre che la vista ci soccorra: preadolescenti e adolescenti che arrivano non di rado a un pronto soccorso in coma etilico (se va bene), formazione di squadracce pronte a accoltellamenti, botte, violenze (solo a Trastevere in due notti successive sono avvenuti pestaggi e ferimenti per mano di quindicenni). Il tutto sotto l’ala protettiva di qualche boss locale e con il compiacimento di chi tiene locali aperti fino all’alba per la delizia di chi per sfiga abita un piano sopra o tenta di farsi una passeggiata notturna. Vi sono intellettuali che hanno per anni osannato don Ciotti e le attività benemerite della sua “Libera” che come pochi si è battuta contro le Mafie, salvo poi chiudere quattro occhi di fronte a quanto accade ogni notte nel proprio quartiere che è l’esempio di una cieca connivenza con i più loschi affari.Siamo rimasti tutti affranti per la morte di un ragazzo di 18 anni colpito a morte da un auto guidata da una ragazza che le cronache ci dicono essere risultata positiva ai test (peraltro le era già accaduto), abbiamo letto dello strazio di quei genitori, salvo poi cambiare pagina e leggere, solo pochi giorni dopo, di un altro omicidio stradale, questa volta è capitato a una ragazza: ancora giovani, ancora alcol e droga, ancora epilogo di una seratona di cui nessuno – opinione pubblica, sindaci, educatori, politici – ha il coraggio di occuparsi per condannare: una generazione, la nostra, che ha contestato i propri genitori per genuflettersi al cospetto dei propri figli. Imbarazzante, evidentemente. Quindi il problema non è solo contrastare una proposta di legge liberticida, ma salvare e non a parole la nostra gioventù. La questione non è un rave in un capannone, ma la nostra città, il loro futuro. Ultima nota a margine. Vorrei far notare che questi “open space” in cui vagano zombi a volte poco più che bambini distribuiscono un prodotto culturale evidentemente condiviso: l’anestesia. Cocaina, alcol, musica tecno sono anestetici potentissimi. Mi chiedo e vi chiedo: perché vogliamo annientare un’intera preziosissima generazione? Dove è finito il nostro buon senso, la nostra passione? Perché in molti sembrano così felici di vivere in una “selfish comunity”, dove trionfa cinismo, indifferenza e cecità? A volte perfino un politico maldestro e in cattiva fede può essere utile a ritrovar il filo di una matassa che troppi paludati ma pavidi benpensanti sembrano aver smarrito.