La Stampa, 5 novembre 2022
La lotta per le deleghe
È stata lotta dura fino all’ultimo inciso. «Ferme restando le competenze delle singole amministrazioni»: con questa formuletta, all’articolo 12 del decreto-legge dedicato ai ministeri, Lega e Forza Italia sostengono di aver sventato il blitz sulla redistribuzione delle deleghe, che Giorgia Meloni avrebbe voluto realizzare attraverso la creazione di tre comitati a Palazzo Chigi. Questione purissima di potere che si cela dietro le nuove denominazioni dei dicasteri. Chi fa cosa, insomma. Perché ci sono i ministeri del Mare, dei Trasporti, del Turismo che rischiavano di accavallarsi nelle competenze. E poi ancora il ministero del Sud (che è lo stesso del Mare), della Coesione (che è anche degli Affari Ue e del Pnrr), che già iniziavano a calpestarsi i piedi. Gli Esteri e quello delle Imprese e il Made in Italy che si contendevano il Commercio all’estero… E dunque nella mappa del nuovo mondo meloniano serviva mettere ordine. E per farlo, assieme al sottosegretario della presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, la premier aveva pensato ad alcune soluzioni. Con un obiettivo che ha fatto immediatamente storcere il naso agli alleati: centralizzare il più possibile a Palazzo Chigi, o attraverso uomini di assoluta fedeltà (tutti di Fratelli d’Italia), il controllo sulle deleghe più contese o quelle dove transitano i miliardi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza.Meloni aveva un ulteriore problema, di natura più casalinga: come accontentare Nello Musumeci, costretto al passo indietro in Sicilia, dopo 5 anni da governatore, e oggi titolare di un ministero che appare come una scatola vuota. Tra le bozze visionate nel pre-consiglio dei ministri e il decreto arrivato in serata sul tavolo del Cdm le differenze sono significative. Le correzioni al testo, che La Stampa è riuscita a visionare, hanno tranciato di netto intere proposte. L’idea iniziale prevedeva tre Comitati interministeriali: uno per la Transizione ecologica, uno per le politiche del Mare, e il terzo denominato Comitato strategico per il Sud. Due – secondo e terzo – istituiti presso la presidenza del Consiglio e tutti e tre presieduti dal capo del governo o da un ministro di competenza. Nel caso delle politiche del Mare e del Sud, in entrambi il sostituto di Meloni sarebbe stato Musumeci. È finita però diversamente. Il Comitato strategico per il Sud è scomparso. Al suo posto, il titolo dell’articolo 13 riporta “Piano strategico per il Sud”. E infatti, il sottosegretario Mantovano durante la conferenza stampa cita solo il Comitato per le Politiche del mare e quello per il Made in Italy nel mondo, che condivideranno il ministro delle Imprese Adolfo Urso e il collega della Farnesina e vicepremier Antonio Tajani. Mantovano non cita nemmeno il Cite, il comitato interministeriale della Transizione ecologica che, a sentire Forza Italia, avrebbe di fatto commissariato Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Un piccolo giallo a cui diverse fonti contattate nel governo non hanno saputo (o voluto) rispondere.Sta di fatto che i leghisti e i berlusconiani escono soddisfatti dal Cdm. Le deleghe sono salve. «Se qualcuno pensava di svuotare il ministero, ora abbiamo la certezza che non potrà farlo», è il ragionamento di Matteo Salvini. Il leader della Lega ha mosso i suoi uomini perché alla fine il nome del suo ministero tornasse alla formula classica “dei Trasporti e delle Infrastrutture”, rinunciando a Mobilità sostenibile. Ma soprattutto, secondo Salvini, è fallita l’operazione di scippargli il controllo dei porti e di affidarlo a Musumeci sotto la regia di Palazzo Chigi. Il Comitato delle Politiche del mare sarà un tavolo di mediazione e di sintesi interministeriale, niente di più: avrà un ruolo «di coordinamento e definizione degli indirizzi strategici delle politiche del mare» anche «sulla valorizzazione delle vie del mare e sullo sviluppo del sistema portuale» ma «ferme restando le competenze delle singole amministrazioni». Un inciso che dovrebbe valere anche per «le concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative», cioè i balneari, oggi in capo al Turismo guidato da Daniela Santanchè anche se per tutto il giorno si è sentito dire che la materia sarebbe destinata a ricadere nelle competenze dirette di Palazzo Chigi.Tutto è bene quel che finisce bene, dicono anche da Forza Italia, contenti di aver aumentato le risorse destinate alle bollette e aver anticipato la norma di Pichetto-Fratin sull’estrazione nazionale del gas. Grazie a una deroga ad hoc, il fedelissimo sottosegretario Mantovano riceverà anche la delega sui servizi, ma alla fine, Meloni poteva concentrare a Palazzo Chigi ancora più potere di quello che ha.