la Repubblica, 5 novembre 2022
I super rendimenti del Btp Italia
MILANO – In arrivo una valanga di “cedolone” per i Btp Italia, che nel 2022 si apprestano a chiudere l’anno con rendimenti lordi stellari, da un minimo dell’8,15% al più “generoso”, del 26 novembre 2022, che offre al sottoscrittore della prima ora un rendimento del 9,87%. Senza contare il premio fedeltà, che viene distribuito alla scadenza a chi lo ha comprato in emissione. In novembre saranno ben cinque i Btp su cui va a maturazione la cedola del semestre: i calcoli definitivi sono ancora in corso ma, al netto di qualche variazione decimale, ormai i rendimenti del semestre sono già noti: si va dal 4,18% del Btp 26 novembre 2022 (ormai prossimo alla scadenza) al 3,706% della cedola del 20 novembre 2023, il valore più basso, passando per il 4,155% del Btp che scade nel maggio 2025. Calcolando le due cedole, di maggio e di novembre, in un paio di casi si sfiora il rendimento lordo del 10%. Un signor rendimento, in grado di battere anche l’inflazione nel 2022: quella acquisita, secondo l’Istat, fino a tutto ottobre è pari infatti all’8%. E in effetti il Btp più amato dagli italiani, il Btp Italia, offre una buona protezione dalla corsa dei prezzi, anche se la copertura non è sempre totale e lo stesso meccanismo di indicizzazione non è a tenuta stagna. Bisogna considerare infatti che il calcolo dell’inflazione (indice Foi esclusi i tabacchi) viene fatto considerando il mese precedente a quello in cui viene staccata la cedola; insomma, il pagamento degli interessi sconta un mese di ritardo nell’adeguamento dei valori. Inoltre, va tenuto conto del fatto che nell’arco di vita del Btp, specie se è lunghetto (per esempio 6 anni, ma l’emissione di giugno scorso è stata pari a 8 anni) il rendimento complessivo tende a non allontanarsi troppo da quello di un Btp “tradizionale”; considerazione che tra l’altro dà un po’ di respiro al Tesoro, che di questi tempi sta pagando cedole salatissime (nel 2022 è prevista una maggiore spesa pari a 7,4 miliardi per interessi sui titoli indicizzati, rispetto agli esborsi del 2021). La ragione per cui i rendimenti tendono a convergere nel lungo periodo è abbastanza semplice ed è legata proprio al funzionamento di questi Btp: c’è una cedola fissa (il tasso reale) che viene corrisposto sempre e comunque, su base semestrale e per tutta la durata del titolo. A questo si aggiunge l’indicizzazione all’inflazione. Che ora è ai massimi, ma che prima o poi scenderà. Se scendesse molto, a quel punto il rendimentoper il sottoscrittore sarebbe formato in larga misura dal tasso fisso stabilito all’emissione. Che è nettamente più basso di quello di un Btp corrispondente. Del resto è ovvio: la cedola è formata dadue componenti (una fissa e una legata all’inflazione) per cui se quella solo fissa è tanto più bassa rispetto agli altri Btp, per guadagnarci bene occorre che l’inflazione sia un po’ sostenuta. Insomma, senza il “turbo” dell’inflazione, il rendimento può non essere particolarmente brillante. Al contrario, durante le fiammate, soprattutto se non previste, le cedole del Btp Italia esplodono (e le altre no), come è successo quest’anno. Il che non significa che anche la prossima sarà agli stessi livelli, né che i guadagni di quest’anno specialissimo dureranno a lungo. L’altro vantaggio dei Btp Italia è che il prezzo sul mercato secondario tende ad essere ben più stabile (anche se non immobile) dei “cugini” a tasso fisso, ulteriore garanzia per il risparmiatore individuale. L’investitore ideale cui guarda il Tesoro, che il prossimo 14 novembre tornerà a proporre un nuovo Btp Italia a sei anni (e l’11 fisserà il tasso reale minimo).