Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  novembre 05 Sabato calendario

Trump è pronto a ricandidarsi

WASHINGTON – L’ex presidente Donald Trump si appresterebbe a lanciare la sua terza corsa alla Casa Bianca: «Molto probabilmente mi ricandiderò», ha affermato ieri notte.Forse lo farà già il 14 novembre, sei giorni dopo le elezioni di Midterm che vedono il partito repubblicano vicino alla maggioranza alla Camera e testa a testa con i democratici al Senato. Le anticipazioni del sito Axios confermano gli umori della capitale, con un terzo della base repubblicana fedele a Trump e il consenso del presidente Joe Biden al 42,1%, undici punti meno del 2021 malgrado le riforme economiche approvate in Congresso. Trump spera che l’opposizione riconquisti le Camere, privando Biden della maggioranza per nuove leggi, e la storia lo incoraggia: dal 1934 solo due presidenti, Roosevelt e Bush figlio nel 2002, hanno guadagnato seggi nel Midterm. Il successo del Grand Old Party potrebbe indurre altri leader a scendere in campo, come il popolare governatore della Florida Ron DeSantis (sarebbe il primo italoamericano alla Casa Bianca) o l’ex vicepresidente Mike Pence, inviso ai trumpiani per non aver incoraggiato l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, ma gradito a moderati e centristi. E dunque Trump vuol bruciare i tempi. Il businessman che presedi sorpresa l’America nel 2016, sconfiggendo Hillary Clinton con una campagna giostrata sui popolari tweet, ha una cassaforte solida: 110 milioni nei comitati di sostegno (i cosiddetti Pac), e ha mutato consiglieri. Oltre a Pence escono dallo stato maggiore – almeno per ora, il caos regna da sempre nel trumpismo – la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner, mentre conta l’ex capo di gabinetto Mark Meadows. Con l’influente senatore Mitch McConnell Trump ha rotto i rapporti, per il no alla campagna che nega la vittoria di Biden 2020, mentre si fida dei parlamentari radicali di destra, Jim Jordan e Marjorie Taylor Greene. Dalla Florida, dove Trump tiene corte nella villa di Mar-a-Lago, la strategia politica è affidata a Susie Wiles, che dovrà decidere se anticipare tutti e aprire la campagna per le primarie repubblicane già il 14 novembre. Il vantaggio sarebbe cogliere Biden alle corde, e i democratici senza un candidato forte. 80 anni da compiere il 20 novembre, Biden è anziano e impopolare; la sua vice, Kamala Harris, non conquista il paese; e al voto di Midterm è stato ancora Barack Obama a scaldare i progressisti con una serie di comizi. Le primarie democratiche potrebbero essere acrimoniose: Biden è incerto se candidarsi, e la sinistra – che ha avanzato e poi ritirato, disastrosamente, una petizione per fermare le armi all’Ucraina – è animosa ma incapace di convincere gli indipendenti. Anche Trump però ha i suoi guai, e qui toccherà a Wiles aggirarli. Senza contare le inchieste giudiziarie e politiche, Trump polarizza l’America come nessuno. Per i democratici sarebbe l’avversario perfetto, capace di mobilitare alle urne incerti e delusi. Nel 2016 il suo partito gli schierò contro troppi rivali e, nella divisione, stravinse. Stavolta i tradizionalisti, guidati da McConnell, proveranno a mandargli contro giusto un paio di contendenti, per contenere l’ala estremista. Ci riusciranno? Il caso Arizona mostra come i giovani trumpiani, raccolti nel club Turning Point USA, abbiano saputo lapidare con una violenta sollevazione di social media i conservatori classici, vedi lo Speaker della Camera locale, Rusty Bowers, prendendosi la guida del partito. Trump 2024 potrebbe seguirne l’esempio, per esempio varando ancora la legge “Schedule F”, che gli permetterebbe di licenziare in tronco i funzionari federali considerati non leali. IlWashington Post raccontava ieri come il nuovo idolo dei repubblicani sia la premier italiana Giorgia Meloni, elogiata («il nostro modello di successo politico») dal senatore Ted Cruz (altro possibile candidato nel 2024), da Taylor Greene, da Kary Lake, in corsa da governatrice dell’Arizona: eppure, osserva l’analista Chico Harlan, su molti temi, interni ed esteri, «Meloni si è moderata», fino alla vittoria del 25 settembre. E, per quanti milioni ci siano in cassa, per quanti cervelli Susie Wiles raccolga e per quante gaffes i democratici inanellino, nessuno mai “modererà” Trump, nel 2016, 2020, 2024 e avanti.