la Repubblica, 4 novembre 2022
Un terzo dei ghiacciai si scioglierà entro il 2050
Le nevi perenni del Kilimangiaro resteranno solo nella letteratura di Hemingway. Né gli altri cappucci imbiancati delle vette africane, come il Monte Kenya, dureranno più a lungo. L’uomo si riprenderà una (effimera) rivincita con lo scioglimento del Jakobshavn Isbrae, il ghiacciaio da cui probabilmente si staccò l’iceberg che nel 1912 affondò il Titanic. In cambio tragedie come la Marmolada – il distacco del seracco che ha ucciso 11 alpinisti il 3 luglio – rischieranno di diventare più frequenti. Gli scalatori sull’Everest pianteranno le tende su un campo base di cui resterà il nome – ghiacciaio Khumbu – ma non il ghiaccio. E anche i parchi americani Yosemite e Yellowstone perderanno le loro nevi perenni.
«Un terzo dei ghiacciai iscritti nel patrimonio mondiale dell’Unesco scomparirà entro il 2050». Ormai è tardi per evitarlo. «Questo avverrà qualunque sia lo scenario climatico». Gli altri due terzi si salveranno se ridurremo le emissioni di gas serra e manterremo l’aumento della temperatura entro il limite di 1,5 gradi. Qui il rapporto dell’Unesco pubblicato ieri sui “Ghiacciai, sentinelle del cambiamento climatico” rivolge il suo appello alla Cop27: la conferenza dell’Onu sul clima che si terrà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dal 6 al 18 novembre.
I ghiacciai «saranno una delle sfide principali per la Cop27» scrive l’organizzazione Onu per la scienza, l’educazione e la cultura nel suo rapporto, messo a punto con la Iucn, l’Unione mondiale per la conservazione della natura, usando sia le immagini dei satelliti che i monitoraggi degli esperti. Il rapporto copre solo 50 ghiacciai nel mondo: quelli che ricadono nei siti considerati patrimonio mondiale dell’umanità. Nessuno di loro è in salute, ma 17 sono inevitabilmente destinati alla scomparsa, secondo l’Unesco, entro il 2050. I 66mila chilometri quadri collettivi dei 50 siti (il 10% dei ghiacciai della Terra) perdono ogni anno 58 miliardi di tonnellate di ghiaccio: l’equivalente del consumo annuo di acqua di Spagna e Francia insieme. Non èsolo una statistica. «La devastante alluvione del Pakistan di agosto, che ha lasciato un terzo del paese sott’acqua – spiega il rapporto – è stata causata da un monsone particolarmente intenso che ha fatto tracimare i laghi montani colmi a causa dalla fusione accelerata dei ghiacciai». Altrove, come in Italia, la scarsità di ghiaccio sulle montagne ha lasciato a secco i fiumi in primavera, spalancando le porte alla peggiore siccità estiva degli ultimi 70 anni.
La fusione del ghiaccio non ha come unico effetto quello di esporre al sole il terreno bruno, aumentandone l’assorbimento del calore. Dal permafrost scongelato sono emersi negli ultimi anni reperti archeologici, ma anche fossili di animali estinti. A luglio del 2021 un gruppo di ricercatori trovò, tra i resti di un ex ghiacciaio tibetano, perfino dei virus integri che erano rimasti intrappolati nel ghiaccio per 15mila anni. La maggior parte di essi è totalmente sconosciuta. Che la fusione dei ghiacci, si erano chiesti quei ricercatori, possa finire per causare la prossima pandemia?