Corriere della Sera, 4 novembre 2022
Giorgia Meloni nel libro di Bruno Vespa
Esce oggi 4 novembre da Mondadori Rai Libri il libro di Bruno Vespa «La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni», 390 pagine, 21 Euro.
Pubblichiamo un brano dall’ undicesimo capitolo (E una donna arrivò a Palazzo Chigi).
«Mario, che fai? Mica facciamo sul serio? Te ne vai e mi lasci sola?». È mezzogiorno di domenica 23 ottobre 2022. Giorgia Meloni scherza con Mario Draghi durante la cerimonia della campanella, dove avviene il passaggio di testimone dal premier uscente a quello entrante. Al termine, Draghi scende nel cortile di palazzo Chigi per ricevere gli onori militari di commiato e la Meloni resta sola nello studio presidenziale con le due amiche collaboratrici di sempre, l’assistente Patrizia Scurti e la portavoce Giovanna Ianniello. «Conoscevo bene questa stanza» mi dice subito dopo il presidente del Consiglio, che ama essere chiamata con il nome della carica declinato al maschile, che poi sarebbe un vocabolo neutro. «C’ero stata tante volte durante il governo Berlusconi. Ma è questo il primo momento in cui mi chiedo: che mi è successo? Che sto provando? Soddisfazione, certo, ma soprattutto ansia, perché l’impatto è pesante». Adesso il piccolo studio (scrivania del Settecento, salottino, tavolo delle riunioni per poche persone) deve sembrarle immenso, perché immense sono le responsabilità cadute addosso a questa donna minuta e decisa alla quale, nella vita, nessuno ha regalato niente. Uno studio che, peraltro, non la fa sentire a suo agio. Non le piacciono gli ori, i damaschi, il balconcino affacciato su piazza Colonna. Non le piace, gelosa com’è della sua libertà, il protocollo soffocante e l’idea di essere seguita a ogni passo, di rendere subito di dominio pubblico ogni incontro, essendo da sempre le mura di palazzo Chigi udenti e parlanti. Tant’è vero che la Meloni ha conservato gelosamente il suo magnifico e decentrato ufficio alla Camera, con una terrazza che le è capitata per sbaglio e che tutti le invidiano.
Giorgia Meloni si accomoda in una poltrona color oro per riprendere fiato con un caffè negli attimi che precedono il primo Consiglio dei ministri. Confessa di aver temuto di piangere di commozione mentre passava in rassegna il picchetto in cortile e ha udito l’ufficiale gridare: «Onori al presidente del Consiglio dei ministri!», come ha pianto calde lacrime alla sua prima uscita dopo il giuramento ai funerali di Francesco Valdiserri, il diciottenne investito da una donna ubriaca mentre camminava con un amico sul marciapiede di via Cristoforo Colombo. (La madre di Francesco, la giornalista del «Corriere della Sera» Paola Di Caro, segue da molti anni il centrodestra e la consuetudine con Giorgia Meloni si è trasformata con il tempo in amicizia). Si è commossa sabato 22 ottobre quando, uscendo di casa per le consultazioni, ha visto che dal palazzo di fronte un signore che non conosceva sventolava la bandiera tricolore. E si è commossa il pomeriggio dello stesso giorno quando, andando con la madre Anna alla Festa dei Nonni alla scuola frequentata dalla figlia Ginevra, pur entrata di soppiatto per guadagnare l’ultima fila è stata accolta da un grande applauso che ha lasciato di stucco il sacerdote che, intento a parlare, non aveva visto entrare la famigliola presidenziale.
E mamma Anna?, chiedo alla Meloni. «Non è mai stata una donna cerimoniosa» mi dice «ma mi ha mandato un messaggio strappalacrime: credevo di non aver fatto niente nella vita e invece…» La sua inseparabile sorella Arianna? «Piange sempre. Le devo molto. Mi è stata sempre vicina». E Ginevra? «Una sera è venuta e, per la prima volta, mi ha chiamato presidente. “Presidente, ho un regalo per te.” E mi ha offerto dei cioccolatini. “Adesso che fai, com’è il tuo lavoro?” “Ginevra, ricordi il capofila della classe? Be’, io adesso sono il capofila di una fila lunghissima…”». Riesce ad accompagnarla a scuola? «Sempre e, dopo una dura battaglia, sulla mia storica Mini. A scuola preferisco non andare con l’auto di servizio. Vado in tuta perché, quando è possibile, torno ad allenarmi». E comunque non ha mai preso in considerazione l’idea di trasferire la famiglia a palazzo Chigi nel brutto appartamento presidenziale, restando nella vecchia casa della Garbatella.
Prova a distendersi, Giorgia Meloni, in attesa di presiedere il primo Consiglio dei ministri (sbircio nel salone: quante vecchie conoscenze e quante new entry). Le sembra tuttora impossibile essere arrivata fin qui. (…)
Tanto sente di giocare fuori casa nel Palazzo, Giorgia Meloni, che nella prima riunione del Consiglio dei ministri dice: «Troppi uccelli del malaugurio aleggiano sul governo. Diamo una risposta corale: siamo una bella sorpresa per l’Italia».