Il Messaggero, 3 novembre 2022
Carmelo Bene e lo sport
Ripensandoci Bene, oggi, finiremmo per non sapere dove collocarlo un commentatore sportivo come Carmelo Bene. O forse finiremmo per provare a sdoganarlo attraverso i social per una legittimazione. Negli anni Ottanta, invece, una delle voci più importanti del teatro italiano era parte del dibattito. Scendeva dalle tavole di palchi che brutalizzava con il suo genio e che faceva vibrare con una voce davvero inimitabile e accettava il bar sport come estensione della sua Estetica.
Scriveva e discettava in tv; erano gli anni Ottanta post Mundial degli stranieri in A, i grandissimi Falcao, Zico, Platini, Rummenigge o il filosofo Socrates. E cominciava l’epopea che Biscardi trasformò in serialità di genere processando il pallone. In questo bar, Carmelo Bene grazie all’amicizia e alla condivisione (notturna, per lo più) con Giancarlo Dotto, allora inviato del Messaggero, e all’intuito da polemista arguto di Gianni Melidoni, capo di quelle pagine sportive divenne uno di noi. Con orgoglio: Ripensandoci Bene, la sua rubrica mai legata a date fisse, sempre occasionale mai episodica, ispirò le sue ospitate in tv.
SOTTOPANCIA
Al Processo del Lunedì Carmelo Bene si presentava pretendendo il sottopancia de Il Messaggero, con i capelli sbiancati da Amleto. E discettava di Falcao e altre celestialità calcistiche con il presidente-costruttore dell’Ascoli di Mazzone, Costantino Rozzi (celebre per polemiche e calzini rossi). Quell’agone va detto era frequentato nel gioco delle maschere dal fiorentino (anti-juventino) Franco Zeffirelli, da Pasquale Squitieri il napoletano. E nella diretta tu potevi avere Zico e Falcao e Liedholm, Trapattoni e Platini. Oltre a giornalisti sportivi da Brera in giù (che sfidò in Campidoglio).
Ecco di quel tempo in cui Bene per il calcio rappresentava il meglio sono raccontati da un libro In ginocchio da te che Gog Edizioni (collana Contrasti - 205 pagine, 17 euro) grazie al contributo essenziale della figlia Salomè Bene. Vi troviamo i testi per il giornale e quelli consegnati poi, negli anni Novanta come video-editoriali alla trasmissione Zona di Telepiù (siamo negli anni della nascita delle pay-tv e prima della fusione in Sky).
Gli articoli della rubrica tenuta dal 1982 al 1985 sul Messaggero Ripensandoci Bene, appunto sono accompagnati da piccoli quadretti di contesto: Bene scriveva affastellando calcio e altri sport (la Ferrari-trattore), sommando partite viste e giudizi sommatori (più che sommari). E così la spiegazione a lato aiuta a ricomporre un po’ il quadro storico. Ma in definitiva servono meno del previsto: tutto quello che descrive il grande salentino è l’extra-ordinario, tutto quello che eccede lo sport.
Parte da un assunto che riguarda gli atleti, cui sommamente guarda per le sue intemerate o salite altissime. Chi gioca, in realtà, è giocato. Il gesto è de-pensato: sgorga a prescindere dalla volontà. Eppure nella sua valutazione da Empireo assoluto, riemerge il capo-comico, il responsabile di una compagnia che deve ogni sera proporre-produrre uno spettacolo al pubblico: sceglie Paulo Roberto Falcao come eroe di quegli anni, non perché effettivamente è il trascinatore della Roma più bella, esteticamente e agonisticamente di sempre, ma perché la grazia dei suoi tocchi è igienica e organizza. E certifica la grandezza di un primattore del calcio quando da solista tocca il Sublime sapendo giocare Insieme, come un grande compositore di musica da camera che nell’ensemble tocca le cifre più alte
ESTETICA MENTE
Nella sua Estetica calcistica ecco che sono valori assoluti, difesi contro il brerismo che voleva un’Italia nel calcio ossuta e sempre di contropiede, il Brasile Grande Perdente del Mundial 82, Falcao appunto, la Zona di Liddas. E Platini esaltato nel suo evidente ed elegantissimo annoiarsi talora nella Juventus di campioni ma sparagnina di Trapattoni. Luca Buoncristiano, che cura una introduzione essenziale, ricorda anche che queste deviazioni calcistiche di Carmelo Bene e quel momento così popolare ed eppure letterario siano stati essenziali anche per creare una letteratura di genere. E che derivate di questo pensiero Alto del calcio e del gesto atletico siano diventate genere ovunque. Platini era per Carmelo Bene Ripensiamoci degno del Nobel della letteratura ben più che Dario Fo.
LE SANZIONI
Bene multava l’elettricista Carlini che dietro le quinte esprimeva «incautamente» un giudizio su Falcao che «in quanto artista è al di sopra di ogni giudizio». Le questioni sull’arte, per Bene, se le doveva vedere domineddio. Si ricorda quella sera in cui gli amori di Carmelo si composero: pochi mesi prima dello scudetto giallorosso, una serata al Quirino con tutta la pattuglia di Liedholm cui viene dedicata la serata per via della zona celeste (lo schema di gioco innovativo). E si dice che al termine di quel Macbeth trattato per Bene, Dodo Chierico, ala destra, chiese a Melidoni: «A dottò, me spiega che vor di’?»
Aveva a cuore Van Basten, fragile cigno di Utrecht (per l’attore un Achille pedatorio), tanto da rimproverare in camerino a Filippo Galli, unico del Milan ad accogliere il suo invito al Nazionale di Milano per Hamlet Suite, i calci alle caviglie in allenamento al compagno, poi ritiratosi anzitempo. Ma quella visione amletica fece guadagnare a Filippo Galli un Ti perdono in camerino.
Tra storia, leggende e legende rileggiamo quegli anni Ottanta e Novanta sentendone la mancanza oltre che in scena, certo anche nell’elevazione libera del pensiero anti-tifoso perché estetico e oltre-anzista.