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 2022  novembre 03 Giovedì calendario

PERCHÉ BOLSONARO CONTINUA A SOFFIARE SULLA BRACE DELLA RIVOLTA POPOLARE, DOPO AVER PERSO LE ELEZIONI? PERCHÉ HA PAURA DEI PROCESSI – SULLA TESTA DELL’EX PRESIDENTE POTREBBERO ARRIVARE DECINE DI PROCESSI: DAGLI SCANDALI DELLE FATTURE GONFIATE DEL SUO ENTOURAGE ALLA COMPRAVENDITA DI SENATORI – NEL PAESE I SUOI SOSTENITORI, TRA CUI TERRAPIATTISTI E COMPLOTTARI, BLOCCANO LE AUTOSTRADE E PUNTANO IL DITO CONTRO LA “MAFIA DI SINISTRA”. VIDEO: UN’AUTO TRAVOLGE LA FOLLA DI MANIFESTANTI… -

In un Brasile spaccato dalla protesta dei settori più radicali tra i seguaci del presidente Jair Bolsonaro una scena ha fatto rapidamente il giro dei social. Un gruppo di ultras organizzati del Corinthians, la squadra più popolare di San Paolo, si sono presentati davanti ad un blocco stradale dei camionisti appena fuori città; in dieci minuti hanno liberato la strada, stracciando i cartelli giganti inneggiando a un golpe militare. La forza del futebol che batte la rabbia della politica. Diverso il quadro davanti al comando militare della regione Sud-Est, nei pressi del parco Ibirapuera. È un grande accampamento dei patrioti bolsonaristi; tende ovunque, bandiere e ogni dieci minuti qualcuno che suona la diana o intona l’inno nazionale.

Davanti al Circolo Militare, che ha un debito enorme con il comune di San Paolo per l’occupazione dello spazio pubblico, c’è la signora Lucia, bardata da testa ai piedi, la maglietta d’ordinanza della seleção verde-oro. Prima di parlare vuole sapere da dove veniamo. «Voi in Italia avete fatto bene, avete scelto una donna di destra per liberarvi dai comunisti. Noi abbiamo vinto, ma la mafia di sinistra che ha comprato la corte elettorale ci ha rubato l’elezione. Siamo qui per ristabilire la verità, costi quel che costi». La rabbia generale è contro il Partito dei lavoratori ma anche contro i giudici della Corte Suprema, che da tre anni si scontrano con Bolsonaro.

«Sette su undici sono stati nominati da Lula e Dilma Rousseff, sono nemici della Patria». Complottismo e terrapiattismo sono il fil rouge della destra brasiliana. Dalla negazione del Covid, che qui ha fatto quasi 700.000 morti, al rifiuto del responso delle urne. Ci sono tanti motociclisti, uno dei pubblici preferiti di Bolsonaro, che ha organizzato diversi cortei in moto durante la campagna elettorale. Ogni tanto un gruppetto si stacca e va sull’Avenida Paulista, luogo simbolo della città; domenica sera il rosso la dominava per il comizio di vittoria di Lula, oggi è tutto un giallo-verde. Nel resto del Paese continuano, ma con meno forza, i blocchi stradali che hanno iniziato a causare i primi problemi di approvvigionamento in negozi, fabbriche e supermercati.

Nel suo breve discorso di due minuti il presidente ha incitato i suoi a manifestare pacificamente, molti dei suoi supporter ieri, giorno festivo in Brasile per la ricorrenza dei morti, hanno chiamato moglie e figli. La polizia federale non ha fatto nulla per fermarli, anzi, sono comparsi diversi video con gli agenti che rassicuravano i manifestanti. «Noi siamo qui per garantire la vostra sicurezza, serviamo i cittadini per bene come voi». Sarebbe andata diversamente con un panorama invertito, la destra vittoriosa e il movimento dei contadini «sem terra» pro Lula a protestare.

Tutti, a questo punto, si chiedono dove voglia andare Bolsonaro. Non ha riconosciuto la sconfitta, ma ha dato il suo placet al processo di transizione; dal punto di vista formale Lula può diventare presidente. La protesta potrebbe essere una dimostrazione di forza in chiave futura.

Dal primo gennaio è un cittadino comune e su di lui potrebbero cadere decine di processi. I motivi non mancherebbero, dalla cattiva gestione della pandemia, a scandali di fatture gonfiate del suo entourage, a compravendita di senatori e deputati con i fondi del «bilancio segreto» di 3,5 miliardi di euro fatto approvare quest’ anno. Per questo soffia sulla brace della rivolta popolare, la minaccia di un incendio alla Trump.

Lula, nel frattempo, tira dritto. La parola d’ordine è non rispondere alle provocazioni della piazza e cercare di spostare il fuoco dell’attenzione su altri lidi. La transizione, che sarà molto difficile, è salva, questo quello che conta. Lula parteciperà questo fine settimana alla Cop27 in Egitto, lo scenario ideale per presentarsi come salvatore dell’Amazzonia rispetto al disastro dell’attuale governo (45.000 km quadrati di foresta distrutti, quanto Lombardia e Veneto messi insieme) e ricevere applausi dalla comunità internazionale.

Al ritorno, dovrà iniziare a formare il suo governo, cercando alleati anche al centro, per rassicurare i mercati nella speranza che nel frattempo si saranno placate in parte le velleità golpiste della base bolsonarista. Sei brasiliani su dieci, tra destra e astensione, non l’hanno votato, dovrà conciliare più che dividere. Non sarà facile.