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 2022  novembre 03 Giovedì calendario

PUTIN CEDE SUL GRANO. MA PASSA ALL’INCASSO – DOPO QUATTRO GIORNI LA RUSSIA È RIENTRATA NELL’INTESA CHE CONSENTE DI RIPRENDERE LE ESPORTAZIONI VIA MARE DI CEREALI DALL’UCRAINA. IN CAMBIO MOSCA PRETENDE IL VIA LIBERA ALL’EXPORT DI FERTILIZZANTI – E COMUNQUE L’ACCORDO SUL GRANO RIMANE FRAGILISSIMO: SCADRA’ IL 19 NOVEMBRE, E UN RINNOVO APPARE MOLTO COMPLICATO...  -

L’accordo sul grano è salvo. Almeno per ora. Quattro giorni dopo essersene tirata fuori, la Russia ha fatto dietrofront ed è rientrata nell’intesa che in estate ha consentito di riprendere le esportazioni via mare di cereali dall’Ucraina martoriata dalla guerra: un accordo fondamentale, che ha permesso di superare i cinque mesi di blocco dei porti ucraini di cui è accusata la Russia e di rilanciare così i tentativi di alleviare la drammatica crisi alimentare che quest’anno ha spinto verso la fame 47 milioni di persone nel mondo.

«Siamo riusciti a ricevere garanzie scritte dall’Ucraina che non utilizzerà per azioni militari contro la Russia il corridoio umanitario e i porti coinvolti nell’esportazione di beni agricoli», ha dichiarato in tv il portavoce del ministero della Difesa di Mosca per spiegare l’inattesa decisione.

Appena sabato scorso, la Russia aveva infatti annunciato di aver sospeso la propria partecipazione all’accordo denunciando un presunto raid di droni ucraini contro le sue navi a Sebastopoli, nella Crimea che Mosca si è annessa illegalmente otto anni fa: un episodio ancora poco chiaro, per il quale Kiev respinge le accuse e parla di «un pretesto falso» usato dal Cremlino per far saltare l’accordo sul grano.

In realtà, dietro il ritorno di Mosca nell’intesa potrebbe esserci altro. Molti osservatori sottolineano come le navi abbiano continuato a salpare dai porti ucraini anche lunedì - giornata record con 354.000 tonnellate di cereali in uscita - e martedì nonostante Mosca avesse girato i tacchi affermando che attuare l’accordo senza la sua partecipazione si sarebbe potuto rivelare «pericoloso». Per la giornata di ieri l’Onu aveva invece annunciato che non ci sarebbero state partenze, ma poi il dietrofront del Cremlino ha fatto riprendere il traffico marittimo. «Si è scoperto che il Cremlino non ha la leva per fermare le esportazioni di grano», ha commentato secondo la Bbc la politologa Tatiana Stanovaya.

Questo però non significa che la decisione di Mosca di sfilarsi dall’accordo non abbia avuto conseguenze. Il prezzo del grano lunedì era aumentato del 6%, fino a 8,8 dollari al bushel (e ieri è sceso del 6,4%, a 8,4 dollari). Ma soprattutto, come sottolineano fonti citate dalla Reuters, le compagnie di assicurazione avevano sospeso momentaneamente l’emissione di nuovi contratti aumentando il timore che le partenze potessero interrompersi nel giro di giorni.

Un altro fattore da non sottovalutare è la volontà di Mosca di esportare più fertilizzanti. Nonostante questi prodotti non siano colpiti dalle sanzioni per l’atroce invasione dell’Ucraina, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha dichiarato che «la Russia sostiene di non avere condizioni di sicurezza affinché grano e fertilizzanti siano esportati». Da parte sua, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres - stando alla stessa Onu - ha ribadito «il suo impegno con tutti gli attori per il rinnovamento e la piena attuazione dell’iniziativa, e per rimuovere i rimanenti ostacoli all’esportazione di cibo e fertilizzanti russi».

L’intesa per ora resta in piedi, con l’autoritario presidente turco Erdogan che ha annunciato il passo indietro di Mosca prima ancora della stessa Mosca ed è stato poi ringraziato sia dall’Ucraina sia dalla Russia per la mediazione. Ma il futuro dell’accordo è sempre in bilico. Poche ore dopo l’apertura, Putin è infatti tornato a fare la voce grossa minacciando un nuovo ritiro «se l’Ucraina viola le garanzie». Ma soprattutto la scadenza del documento è fissata per il 19 novembre e non c’è ancora un patto per il suo rinnovo.