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 2022  novembre 03 Giovedì calendario

Intervista a Stephanie Kercher, la sorella di Meredith

«La sentenza di condanna di Rudy Guede diceva che lui era coinvolto nell’omicidio assieme ad altri, ma dove sono gli altri?». Stephanie Kercher è la sorella di Meredith, la ragazza uccisa a Perugia quindici anni fa. Cerca ancora la verità: «Ci sono troppi interrogativi rimasti aperti».
«Giuro che non capisco...». Stephanie, la sorella di Meredith Kercher non si capacita. Perché non si può riaprire il caso dell’omicidio di sua sorella Meredith e cercare gli altri responsabili oltre a Rudy Guede? Perché se la condanna diceva 16 anni poi Rudy è uscito prima?
L’avvocato Francesco Maresca, con pazienza e con dolcezza, l’altro giorno le ha spiegato una volta di più che il sistema giustizia italiano funziona così. Che si può indicare un imputato come responsabile di un delitto «in concorso» con altri, e poi non individuare gli altri. Che si può essere condannati a 16 anni di carcere e scontarne di meno perché esiste un meccanismo che a determinate condizioni premia il condannato. Che non è possibile tornare indietro e riprocessare Amanda Knox e Raffaele Sollecito, indicati all’inizio come complici di Rudy e poi assolti definitivamente. E non è nemmeno possibile riaprire le indagini e cercare oltre quei tre nomi perché non è mai esistita l’ipotesi di nomi alternativi.
Sono passati 15 anni, Stephanie ha seguito il processo, ha letto le carte, ha pianto accanto ai suoi genitori – che oggi non ci sono più – e mai ha pensato di arrendersi. E ancora oggi, anche se non vede nessuna strada per raggiungerla, chiede giustizia per Meredith, sorella adorata e studentessa Erasmus in Italia morta a 21 anni la sera del 1 novembre 2007 a Perugia, nella casa che condivideva con Amanda Knox.
Stephanie, lei in passato si è detta delusa dalla giustizia italiana. È ancora così?
«Sì. Il passare del tempo non attenua niente e rimane in me un profondo senso di delusione perché il ragionamento dei giudici non coincide con l’esito del processo. La sentenza di condanna di Guede diceva che lui era coinvolto nell’omicidio assieme ad altri ma dove sono gli altri? Nella conclusione di questo processo io vedo molte domande senza risposte».
Knox e Sollecito in questi anni sono stati più volte personaggi da gossip. Si sono visti di recente in Italia, come saprà. Che cosa ha pensato leggendo di loro?
«Diciamo che avrei apprezzato di più se per il 15esimo anniversario della morte di Mez l’attenzione dei media si fosse concentrata sul ricordo di lei».
Lei pensa che Rudy dica la verità quando giura di non essere il killer?
«La risposta a questa domanda doveva arrivare dal sistema giudiziario italiano che, come ho già detto, invece ha lasciato aperti molti interrogativi».
Qual è il primo ricordo di Mez che le viene in mente?
«Il suo sorriso: una cosa memorabile. Ed è contagioso quando guardo le sue fotografie».
Che tipo di sorella era Meredith?
«Era molto divertente, intelligente e premurosa con gli amici e con la famiglia, specialmente con mia madre. Se chiudo gli occhi posso ancora vederla, sentirla... Il vuoto che ha lasciato non potrà mai essere colmato. il dolore rimane anche se passa il tempo. Ci sarà sempre posto per lei nei miei pensieri e nel mio cuore».
Che cosa sognava per il futuro?
«A lei interessava molto l’italiano e la politica, com’era per mia madre. E poi la scrittura, e in quel caso aveva preso da mio padre. Sono certa che la sua vita avrebbe avuto un grande impatto nel mondo».
Che cosa le rimane di Mez, oggi?
«A parte quel che provo ogni volta che penso a lei, custodisco amorevolmente una scatola della memoria. Dopo la sua morte, con i miei, abbiamo messo via i suoi compiti, gli oggetti scolastici, i libri, le fotografie...Era un modo per avere sempre a portata di mano una parte di lei accanto a noi».
Che cosa ricorda di quell’ 1 novembre così drammatico?
«Ricordo che cambiò tutto in un momento ed è doloroso ripensarci. Quel che terrò stretto a me per sempre è il calore, la gentilezza, il sostegno che mi hanno trasmesso amici, vicini, parenti ma anche persone sconosciute da tutto il mondo, specie in Italia».
Qual è stata la ferita più grande che ha dovuto affrontare durante il processo?
«La durata stessa del processo è stata una ferita che ha reso più difficile elaborare il lutto. Assistere alle udienze è stata ogni volta una sofferenza, e soprattutto per i miei genitori è stata durissima».