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 2022  novembre 02 Mercoledì calendario

Intervista a Giancarlo De Cataldo

«La cultura occidentale nasce con Caino e Abele, Caino dopo aver commesso il primo omicidio fonda la prima città» dice Giancarlo De Cataldo, «siamo discendenti da un atto criminale, il lato oscuro appartiene a ciascuno di noi. I delitti che più ci colpiscono entrano in risonanza con le paure più profonde». Ci sono storie che ci turbano e segnano gli anni in cui avvengono. Perché accadono in quel tempo? Prova a spiegarlo lo scrittore, già magistrato, conCronache criminali, dal 7 novembre su Rai 1 in seconda serata, un format originale coprodotto da Rai Approfondimento e Verve Media Company.
Undici storie che dagli anni 60 a oggi hanno fatto epoca, segnando il destino delle vittime, ma anche la nostra società: dagli anni della Dolce vita con l’uccisione di Christa Wanninger, passando per gli anni di piombo e la morte di Pier Paolo Pasolini. Poi uno sguardo sulla Milano da bere con il caso della modella Terry Broome agli anni 90 con quello di Pietro Maso, fino ai giorni nostri con Luca Traini che nel 2018 a Macerata sparò a sei immigrati.
Come nasce “Cronache criminali?”
«È un format nato da un’idea tutta nostra, lo abbiamo scritto io e Giovanni Filippetto. C’è un gioco di squadra come nella fiction, e autori bravissimi che firmano le varie storie. La linea del racconto rispetta la forza del caso e del tempo. Individuata la traccia, ci sono gli interlocutori – che offrono una riflessione – e i filmati d’epoca».
La cronaca nera ha invaso la tv: cosa distingue questo programma?
«Lo spirito dei tempi. Un delitto che attira la nostra attenzione ci pone domande inquietanti: si può uccidere per odio razziale? O pensare che una donna vada eliminata perché vuole un’altra vita? Ci sono delitti che si spiegano in un certo contesto storico. Terry Broome è il dark side della Milano da bere, anno 1984. Torneremo sugli anni 70 per raccontare Pasolini, il Circeo, il 77 con i ragazzi che si sparavano per strada. Ognuna di queste vicende è legata a quel tempo, e cambiano il paradigma. Poi ci sono i delitti della Uno bianca, cosa colpisce con la scia di sangue, i morti? Il dettaglio fondamentale: sono commessi da poliziotti, quella polizia a cui consegniamo la tutela dell’ordine ha dentro di sé i criminali. Sconvolgente».
Ha fatto tutta la vita il giudice, questo cambia la percezione?
«Intanto lo dico subito: non tratto i casi di cui mi sono occupato come magistrato. Sono in pensione, il vero atout è avere un equilibrio, cercare di guardare il delitto nel suo tempo. Non faccio un programma schierato, a tesi, per cui il pubblico deve credere a questo o a quello. Ripeto, i delitti che ci restano impressi sono quelli legati alle nostre paure più profonde».
Usare il crimine per riflettere è una cosa, ma spesso la tv ne fa un uso sensazionalistico.
«C’è l’aspetto nobile del racconto, poi c’è l’uso morboso e tendenzioso della cronaca nera. A me non interessa. Sono abbastanza anziano e aperto, capisco subito l’uso tendenzioso».
Cambiano i delitti dal Sud al Nord o non conta?
«L’Italia è fatta di tante Italie, di città, province di montagna e di mare: sono tutte diverse. Non a caso anche noi autori che scriviamo il noir siamo molto diversi. Chi scrive a Bologna non somiglia a chi crea storie a Roma o a Napoli. Nonostante le identità culturali differenti. Il Male sta dappertutto, non è limitato o circoscritto nel cuore della metropoli corrotta. E si presenta con caratteristiche sorprendenti ovunque».
I crimini cambiano col tempo?
«C’è un’evoluzione, così come cambia la società con le sue riflessioni rispetto ai crimini. Il caso emblematico è il modo di intendere la violenza sulle donne. Dal processo del massacro del Circeo, anno 1976, è diventato inaccettabile mettere le donne vittime di violenzasul banco degli imputati».
Franca Leosini con “Storie maledette” esplora il Male con un lessico diventato marchio di fabbrica: che ne pensa?
«È la più grande raccontatrice di storie umane che sia comparsa sugli schermi. Una fuoriclasse indiscutibile. Nel mio pantheon metto anche Carlo Lucarelli».
Dai suoi libri – “Romanzo criminale”, che festeggia i vent’anni e “Suburra” scritto con Carlo Bonini – sono state tratte film e serie di grande successo. Spesso è ospite in tv ma com’è l’esperienza da conduttore?
«Stiamo ancora girando, tirerò le somme alla fine. Mi dicono tutti: “Cerca di essere te stesso”. È dai tempi della sapienza greca che conoscere – e essere se stessi – è il compito più arduo».