la Repubblica, 2 novembre 2022
Intervista a Margo Jefferson
Sin da quando ha cominciato a scrivere per ilNew York Times nel 1993, Margo Jefferson è diventata unpunto di riferimento della comunità intellettuale statunitense, distinguendosi per uno sguardo che combina la lucidità alla passione e la cultura alta con quella popolare.
Testimoniano questo approccio il premio Pulitzer per il lavoro da critico, il saggio su Michael Jackson e quindi Negroland, con cui ha vinto il National Book Critics Award. Jefferson non ha mai fatto mancare la propria voce nei passaggi più delicati della vita politica e ora, a pochi giorni dalle elezioni di midterm, prova una profonda angoscia per il proprio paese: «Non si tratta solo della paura di una sconfitta, purtroppo molto probabile», spiega, «ma di quello che rivela sugli Stati Uniti, della valenza simbolica e delle inevitabili conseguenze sul tessuto sociale».
Andiamo per ordine: se, come pare, almeno una delle due camere sarà conquistata dai repubblicani, che cosa succederà?
«Non si tratta semplicemente di repubblicani, ma di trumpiani, e come tali estremisti, rozzi e populisti. Se andrà come temo saranno rinvigoriti dalla vittoria, e Biden, che già si trova in una posizione critica, avrà le mani molto più legate in un momento di crisi mondiale».
Ritiene che i democratici, e in generale il mondo liberal, non abbia nulla da rimproverarsirispetto a questa situazione?
«Hanno molto da rimproverarsi: hanno peccato di elitismo, non sono riusciti a parlare a un’ampia fascia della popolazione che si è sentita rappresentata da Trump e si sono divisi tra radicali e moderati, favorendo gli avversari.
Ma tutte queste caratteristiche, disastrose sul piano elettorale, sono comuni alla sinistra europea. C’è da aggiungere che alcuni dei temi per cui si batte il mondo liberal, come ad esempio il matrimonio tra omosessuali o la battaglia per i diritti civili, hanno poco appeal nella fascia della popolazione che si sente dimenticata e identifica in Trump la possibilità di riscatto».
Quale è la sua valutazione sulla sentenza della Corte Suprema rispetto all’aborto?
«Sono indignata e inorridita, ma non sorpresa: si tratta di un incubopreparato scientificamente da tempo, che denota un grande disprezzo per le donne. Fa impressione anche il tono che è stato usato, gelido, apodittico e punitivo».
In un’intervista Jonathan Safran Foer mi ha detto che pur essendo a favore dell’aborto, rispetta le ragioni di chi è contro.
«L’aborto è una scelta drammatica, e un atteggiamento di comprensione delle ragioni dell’altro è auspicabile, oltre che civile: nulla di peggio della caccia alle streghe o l’imposizione della propria verità. Tuttavia quanto ha fatto la Corte Suprema non ha nulla di dialogante e trascende il dibattito su cosa sia più importante tra la libertà e la vita: un tema così doloroso non può essere trattato con la semplice cancellazione di un diritto».
Il trumpismo rappresentaqualcosa di intrinseco nell’idea stessa di America o una degenerazione della promessa americana?
«Io propendo per la seconda ipotesi, ma oggi vedo un rischio di tradimento di cosa significa l’America che non si vedeva dai tempi del maccartismo. Non dimentico poi che questo Paese ha avuto sin dalla sua fondazione derive di questo tipo: penso ai suprematisti bianchi, e andando indietro allo schiavismo e al linciaggio della gente di colore».
Kennedy sosteneva che quanto c’è di buono in America può sanare quanto c’è di male.
«Kennedy era un eccellente oratore che sapeva come riscaldare e motivare chi lo ascoltava. Voglio sperarlo anche io, ma troppo spesso abbiamo assistito al riemergere di fenomeni mostruosi come la violenza della polizia,organo che invece dovrebbe garantire giustizia e pace».
Se gli organi sono malati prima o poi il corpo collassa e muore.
«Io vedo un altro tipo di rischio, che si sposa con questa forma di corruzione e ne trae forza: il tentativo di sovvertire il sistema radicalmente. Quello che è successo il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill è una mostruosità e i particolari che stanno emergendo delineano ogni giorno di più un quadro agghiacciante».
Come è possibile che nonostante ciò una parte della popolazione continui a credere in Trump e nei suoi candidati?
«Perché la loro voglia di riscatto è enorme, e lui è abilissimo nella comunicazione. Ritornando agli errori della sinistra: l’aborto è certamente un argomento fondamentale, ma il dibattito politico non può essere limitato a temi di questo tipo. Nelle aspirazioni della gente è ancora più determinante quanto succede in campo economico. I repubblicani sono bravissimi a far passare l’idea che l’inflazione sia solo responsabilità democratica, mentre le soluzioni per riportare il benessere sono loro: vendono sogni mentre su questi temi la sinistra balbetta».
Lei ha scritto ripetutamente di razzismo, problema che sembra tornare in auge.
«La situazione è migliorata da quando Biden è presidente, se non altro perché lui non ha preso le difese di chi ha commesso violenze di stampo razziale. Il fenomeno degli ultimi anni è una diversificazione del razzismo: un tempo si scatenava quasiesclusivamente nei confronti dei neri, mentre oggi ne sono vittime in larga misura anche i latini, gli asiatici e altre minoranze».
Continuano a verificarsi stragi orribili, ma nessuno riesce a prendere un provvedimento serio per controllare le armi, e questo vale anche per i presidenti democratici.
«La Nra (Natiornal Rifle Association, l’associazione dei detentori di armi da fuoco, ndr ) ha soldi, potere e grande capacità di propaganda. Esiste poi un mondo che si appella al Secondo emendamento, che garantisce la libertà di portare armi, identificandolo con un simbolo di libertà, potere e di cosa significhi essere un cittadino americano.
Molte donne usano le armi, ma a me sembra invece il simbolo della mascolinità tossica».