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 2022  novembre 02 Mercoledì calendario

Biografia di Giuliano Giuliani

Lo sport è l’attività umana a più alto tasso di rimozione di ciò che spaventa. Il calcio è lo sport che ha perfezionato questo meccanismo meglio di tutti. Il calcio italiano è, in questo, praticamente imbattibile.
E infatti, per quasi tutti Giuliano Giuliani è il portiere del Verona che il 20 ottobre del 1985 subisce uno dei gol più incredibili mai segnati da Diego Maradona: un esterno sinistro improvviso, da 35 metri, che sbatte contro il palo ed entra. È il Verona con lo scudetto sul petto, in cui Giuliani ha preso il posto di Claudio Garella, che sta nella porta di fronte, visto che è da poco passato al Napoli dove conquisterà un’altra vittoria storica: il primo scudetto, quello del 1987.
Curiosamente, sarà di nuovo Giuliani a prendere il suo posto, a partire dal 1988-89. Con Garella si assomigliano quanto Schubert a Iggy Pop, ma stavolta il risultato sarà lo stesso: lo scudetto nel 1990, il secondo della storia del Napoli e della leggenda di Maradona.
Eppure, quando (molto tempo dopo) l’ex moglie di Giuliani, Raffaella, chiede aiuto a Diego per l’organizzazione di una partita in memoria di Giuliano (morto nel 1996, a soli 38 anni), il Pibe nemmeno risponde, a dispetto della generosità più volte dimostrata nei confronti di tutti i compagni di quegli anni indimenticabili. E quel silenzio non è dovuto al fatto che Giuliani era (e resterà per sempre) l’unico portiere italiano ad avergli parato due rigori in carriera, da portiere del Verona. È, soprattutto, un silenzio che quei compagni li ha accomunati praticamente tutti, tranne Alessandro Renica, Ciro Ferrara, Luca Fusi, Giancarlo Corradini e pochi altri. Perché a uccidere Giuliano Giuliani era stato l’Aids. Che ancora oggi, in un ambiente come quello del calcio, è una malattia che si fa fatica anche solo a nominare. Figurarsi allora, quando si moriva molto di più e l’associazione con l’omosessualità (che per il calcio italiano è notoriamente il tabù assoluto) era pressoché ferrea.
E a niente è servito sapere che Giuliano Giuliani non era gay. E che con ogni probabilità aveva contratto il virus a inizio novembre 1989, per un’avventura (l’unica della sua vita di marito fedele) a Buenos Aires in occasione dell’addio al celibato di Maradona.
Meno che mai, era bastato sapere un’altra cosa che già allora si sapeva benissimo: che il virus dell’Hiv si trasmette solo col sangue o attraverso rapporti sessuali. Quindi, non con la semplice vicinanza (e nemmeno con un bacio).
Ma tanto bastò a far precipitare Giuliani in un buco nero di solitudine e oblio. Sia l’uomo che il portiere, se proprio non si può fare a meno di usare questa locuzione orrenda. Perché, sì, Giuliani è stato anche un grande portiere, che prima di scomparire era stato di ispirazione a tanti. Tra i quali c’era un bambino di Treviso, che nel novembre (un mese evidentemente del destino) del 1986 faceva la terza elementare, tifava per il Verona, era come lui un portiere e a Giuliani scrisse una lettera: «Sono un tuo ammiratore, mi piace il modo in cui giochi. Mi sono entusiasmato per le tue parate favolose, ho tue foto e conosco la tua carriera, mi piacerebbe avere notizie di quando tu eri bambino».
Dieci anni dopo, quando era al liceo, il piccolo autore della lettera fu informato da un compagno di classe della morte di Giuliani. E adesso, dal 4 novembre, quel bambino di nome Paolo Tomaselli, che scrive di calcio per questo giornale, uscirà in libreria con Giuliano Giuliani, più solo di un portiere, pubblicato da 66thand2nd.
Le notizie sulla vita del suo idolo d’infanzia se le è dovute cercare lui. E gli è costato una notevole fatica, visto che ancora oggi di Giuliano Giuliani e della sua vita così diversa da quella del calciatore-tipo (e non solo per come è finita) non vuole parlare quasi nessuno. Ne è valsa la pena, per l’autore di quella letterina riprodotta anche in foto a inizio libro, perché quelli che hanno accettato di parlare (la ex moglie, la figlia Gessica, i pochi amici che gli sono stati vicini fino alla fine) hanno aiutato Paolo Tomaselli a comporre una storia che è allo stesso tempo bella, vergognosa e triste. Un aggettivo, quest’ultimo, che compare verso la fine, in una citazione tratta dal film L’uomo in più, di Paolo Sorrentino. Sarebbe un regista perfetto, per una versione cinematografica di questo libro.