Il Messaggero, 2 novembre 2022
Glenn Cooper: «Mai dire “gender”»
«Non mi sarei mai aspettato che in America rifiutassero di pubblicare Un nuovo papa. Sono sorpreso e un po’ turbato, lo ammetto». Glenn Cooper - scrittore bestseller apprezzato per le sue trame complesse e la serietà del lavoro di documentazione - ha venduto oltre tre milioni di copie solo nel nostro paese, ma proprio l’Italia, ad oggi, è l’unica nazione ad aver pubblicato il suo ultimo romanzo.
Un nuovo Papa (Editrice Nord, tr. Elisa Banfi) si svolge ai giorni nostri, in Vaticano. All’indomani di un lungo Concilio, il cardinale inglese Anthony Budd diviene il nuovo pontefice, e sceglie il nome di Innocenzo XIV. Casto e retto, Budd può essere artefice del cambiamento poiché si è sempre battuto contro gli abusi del clero e non accetta alcun compromesso. Ma proprio il suo animo integerrimo lo porrà dinanzi ad un bivio etico: deve accettare l’elezione al soglio pontificio? Per la prima volta, il 69enne Cooper esce dalla rotta dei suoi grandi thriller storici, narrando un Papa con un dilemma sulla propria identità sessuale, firmando il suo libro più delicato, scomodo e intimo. All’indomani dell’uscita nelle librerie, in questa intervista per il Messaggero, Cooper rilancia: «Non credevo che la cancel culture fosse così forte sul tema gender. Ma scrivere questo libro ha fatto bene alla mia anima».
Glenn, come ha reagito ai rifiuti delle case editrici di tutto il mondo?
«Sapevo che il libro sarebbe stato controverso ma la reazione dell’editoria mi ha turbato. Credo che Un nuovo Papa sia il miglior libro che abbia mai scritto, dal punto di vista dello sviluppo dei personaggi e della profondità delle emozioni. Un romanzo intimo che ha avuto un grande impatto su di me e devo ringraziare Nord per la fiducia riposta nel mio lavoro».
L’arte non dovrebbe essere un’espressione di libertà?
«No, penso che ci siano dei limiti ragionevoli, evitando di fomentare l’odio, incitare alla violenza, minacciando la sicurezza pubblica o violando la proprietà intellettuale. Ma Un Nuovo Papa non lede nessuno di questi principi».
E allora?
«La cancel culture e i boicottaggi dei lettori possono creare problemi economici spiacevoli per una casa editrice. Evidentemente, nessuno voleva assumersi questo tipo di rischio».
Con delicatezza e senza mai scivolare in contesti morbosi, lei immagina che Budd/Innocenzo XIV abbia una disforia di genere ovvero sia un uomo a disagio con il proprio corpo. Cosa l’ha spinta a scrivere di un argomento così forte?
«Il tema dell’identificazione di genere mi affascina molto e per diversi anni ho pensato di scrivere un libro gender. Lo so, ci sono molti scrittori di narrativa il cui percorso personale li rende probabilmente più adatti di me a esplorare le tematiche gender, ma sentivo di poter applicare questi temi in modo credibile alla Chiesa e al Vaticano».
Anthony Budd trova la sua nemesi nel cardinale italiano, Vito Speranza. Cosa l’ha ispirata?
«Budd è il prodotto di un’educazione della classe media inglese, caratterizzata da un padre brutale e una madre che non è riuscita a proteggerlo. Non desiderava diventare papa e ha un’oscura ragione per evitare a tutti i costi l’incarico, ma se fosse scelto, potrebbe rifiutare il papato? Invece, il cardinale Vito Speranza proviene da uno stormo di prepotenti dalla mentalità ristretta e bigotta».
Come sempre, si è ben documentato e nel libro cita più volte un documento, Maschio e femmina li creò. Di cosa si tratta?
«Si tratta del documento vaticano creato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica che indica alle scuole cattoliche come insegnare e dialogare sull’identità di genere. È profondamente conservatrice. I gruppi tradizionali hanno applaudito il documento, invece, i gruppi progressisti lo hanno etichettato come transfobico».
In linea di successione, il suo Papa Innocenzo XIV sostituisce Papa Francesco. Le piace l’attuale pontefice?
«Sì. Penso che, come Anthony Budd, sia un uomo di principi e sensibile. Ho la sensazione che Francesco sia come Sisifo che cerca di spingere un masso gigante su per una collina ripida. La Curia vaticana e le ricche diocesi sono così radicate e intransigenti che persino un Papa è limitato nella possibilità di cambiare l’istituzione».
Cooper, perché ci sono così tanti film e romanzi di successo ambientati in Vaticano?
«Il Vaticano rimane sufficientemente bizantino da permettere agli scrittori di lasciar vagare l’immaginazione. È il diavolo o la semplice tentazione umana che mi porta a inventare le mie storie sul Vaticano?»