il Fatto Quotidiano, 1 novembre 2022
In Francia mega miniera di litio, ambientalisti in rivolta
In Europa è iniziata la corsa all’“oro bianco”. E anche Parigi vuole la sua miniera: alcuni giorni fa, il colosso metal-chimico Imerys (fatturato di 4,4 miliardi di euro nel 2021 e 17 mila dipendenti), ha annunciato di aver trovato un importante giacimento di litio presso Echassières, un comune di 400 abitanti del dipartimento dell’Allier, nel Massiccio Centrale. Il progetto, chiamato “Emili”, vedrà la luce entro il 2027 e, spiega Imerys in un comunicato, permetterà di estrarre 34 mila tonnellate di idrossido di litio ogni anno, a partire dal 2028, con le quali sarà possibile produrre almeno 700 mila batterie per veicoli elettrici all’anno.
La Francia potrebbe diventare quindi uno dei principali produttori di litio al mondo, secondo l’agenzia Reuters, dopo l’Australia (39 mila) e davanti al Cile (21mila) e alla Cina (13mila). Il governo ha appoggiato il progetto: la miniera contribuirà all’indipendenza della Francia e dell’Europa riducendo le importazioni e a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Unione Europa: dal 2035, secondo l’accordo definitivo siglato giovedì scorso dal Consiglio Ue e la Commissione, non sarà più possibile produrre auto con motore a benzina e diesel. Si potranno vendere solo veicoli elettrici.
Il litio è un elemento essenziale per la fabbricazione delle batterie. Il mercato è in espansione e i prezzi sono esplosi dal 2021. Secondo l’IEA, l’Agenzia internazionale per l’energia, la domanda di litio sarà moltiplicata per quattro nel 2040.
L’Ue, che arriva sul mercato con dieci anni di ritardo, insiste per sviluppare una filiera europea. La Commissione ha annunciato una proposta legislativa sulle “materie prime critiche”, indispensabili per la trasformazione delle industrie. Inoltre, in un discorso del 14 settembre, la sua presidente, Ursula von der Leyen, ha detto: “Il litio e le terre rare diventeranno presto più importanti del petrolio e del gas. Dobbiamo evitare di diventare nuovamente dipendenti, come abbiamo fatto con petrolio e gas”.
In Europa la sola miniera di litio attiva si trova in il Portogallo. Esistono poi dieci potenziali progetti di estrazione. Uno dei più importanti è in Germania, dove la Vulcan Energy Resources (una società con sede in Australia ma a partecipazione tedesca) ha individuato un giacimento sotto l’Alta Valle del Reno. Il litio sarà commercializzato a partire dal 2024 e a termine si potranno estrarre fino a 40 mila tonnellate all’anno. Sul sito di Echassières, in Francia, già dalla fine dell’800 si estrae il caolino, un’argilla bianca utilizzata per la produzione delle ceramiche. Le recenti esplorazioni sul sito hanno rilevato la presenza di 1 milione di tonnellate di idrossido di litio contenenti tra lo 0,9% e l’1% di ossido, confermando stime precedenti del Bureau de recherches géologiques et minières (BRGM). Una quantità “molto interessante” per Imerys.
Ma c’è un ostacolo: la miniera sorgerà a ridosso della Forêt des Colettes, un’aria Natura 2000, protetta cioè dalla legislazione Ue, che si estende su una superficie di più di duemila ettari, uno dei boschi più ricchi di Francia, soprattutto di roveri e faggi. Il progetto Emili sarà “esemplare sul piano ambientale e climatico – ha assicurato il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, anticipando le critiche degli ambientalisti – e ridurrà drasticamente il nostro bisogno di importazione di litio”. L’obiettivo di Macron è di produrre 2 milioni di auto elettriche in Francia entro il 2030 e di recente, al Salone dell’Auto, ha annunciato un “bonus ecologico” fino a 7.000 euro per le famiglie più modeste che acquistano un veicolo elettrico. Imerys, che punta sul “litio verde”, promette che il processo di estrazione rispetterà i criteri economici e ambientali più esigenti e gli standard internazionali dell’Irma-Initiative for Responsible Mining Assurance, finalizzati a ridurre gli scarti tossici, il consumo idrico e l’emissione di CO2. Il gruppo stima emissioni di 8 kg di Co2 a tonnellata, contro i 16-20 kg emessi in Australia o in Cina.
Ma il “mito della miniera pulita non esiste”, ribatte Antoine Gatet, vicepresidente di France nature environnement (FNE): “Una miniera necessita sempre dell’installazione di un grosso stabilimento chimico di trasformazione che a lungo termine causa inquinamento dell’acqua e produce quantità importanti di scarti che non si sanno gestire – ha detto Gatet all’agenzia France Presse -. Siamo davvero pronti a sacrificare una parte dell’acqua e dell’ecosistema del Massiccio Centrale per fabbricare auto elettriche a 40 mila euro che pochissime persone potranno permettersi?”. “Non esistono miniere responsabili – ha aggiunto Julie Renaud della Ong Les Amis de la Terre -. Ogni progetto estrattivo comporta occupazione territoriale, danni ambientali e impatti sanitari provocati dall’inquinamento”. Il sito di informazione Reporterre ha pubblicato questo articolo col titolo: “Non abbiamo bisogno di aprire miniere in Europa”.
Il progetto Emili dovrà anche fare i conti con la reazione degli abitanti dell’Allier. Per ora i responsabili politici locali non credono alla manna che la futura miniera rappresenta per il loro territorio: Imerys ha annunciato un investimento di 1 miliardo di euro per lo sfruttamento del giacimento, per una durata di almeno 25 anni, e la creazione di mille posti di lavoro.
Ma estrarre litio inquina e stanno sorgendo già le prime tensioni, a qualche giorno soltanto dall’annuncio. È già successo altrove. A gennaio, la Serbia ha deciso di sospendere il progetto Jadar per l’estrazione del litio nel sud-ovest del Paese e ha annullato i permessi concessi alla multinazionale anglo-australiana Rio Tinto Group, che contava di estrarre 58 mila tonnellate di carbonato di litio all’anno. A pochi mesi dalle elezioni che si sarebbero tenute a aprile, il governo serbo ha ceduto alle contestazioni della popolazione e degli ambientalisti. In Portogallo, i lavori per la miniera che doveva aprire nel 2026 nella regione di Barroso, nel nord del Paese, sono stati sospesi dopo varie proteste. In Francia, nel 2019, il BRGM aveva pubblicato l’inventario delle risorse in litio del Paese, indicando in particolare tre aree: l’Alsazia, il Massiccio Armoricano, in Bretagna, e il Massiccio Centrale.
A marzo è emerso che sul territorio del paesino bretone di Tréguennec, nel Finistère, si troverebbe un giacimento di 66.000 tonnellate di litio, sotto una zona naturale umida protetta sulla rotta degli uccelli migratori. Il sindaco aveva fatto sapere, categorico, che il litio sarebbe rimasto sotto terra.