la Repubblica, 1 novembre 2022
Dopo 12 anni di lavori riapre la Biblioteca di Francia
Dopo dodici anni di imponenti lavori, la sede storica della BnF (Bibliothèque nationale de France) di rue Richelieu riapre i battenti, rivelando per la prima volta al pubblico la ricchezza e la varietà dei suoi straordinari tesori. Perché a fare della BnF un caso unico in Europa non sono solo le decine di milioni di documenti ma la sua natura bicefala di Biblioteca-Museo. Il suo immenso patrimonio non si limita infatti a incunaboli, palinsesti, libri e manoscritti ma comprende gemme, medaglie, monete, stampe, disegni, mappamondi e carte geografiche, reperti greci e romani, statue, costumi, mobili e oggetti di epoche diverse.
Se nel 1998 libri a stampa, periodici e documenti audiovisivi sono stati trasferiti nella nuova, modernissima sede di Tolbiac, sorta per volontà di François Mitterrand sulla riva sinistra della Senna, manoscritti e collezioni d’arte sono rimasti sulla riva destra, nel complesso monumentale di rue Richelieu, diventato nel frattempo anche sede delle biblioteche dell’Istituto nazionale di storia dell’arte e della Scuola nazionale di archivistica e paleografia (École nationale des chartes). È per consentire questa metamorfosi e ridare al tempo stesso visibilità alle diverse collezioni, per lo più inaccessibili al pubblico, che l’attuale restauro ha riportare all’antico splendore i vari edifici storici – l’hôtel di Nevers, con l’ingresso su rue Richelieu, il palazzo del cardinale di Mazzarino e l’hôtel Tubeuf con l’entrata a rue Vivienne, nonché il vecchio museo del Cabinet des médailles – la cui annessione progressiva aveva segnato i momenti chiave dello sviluppo della grande istituzione. Ma prima di accennare ad alcune delle meraviglie che essa racchiude, conviene ricordare la sua centralità nella storia della civiltà francese.
Era stato Colbert, potentissimo ministro delle finanze di Luigi XIV e grande bibliofilo, a volere dare alla biblioteca reale una sede autonoma, installandola a rue Vivienne nel 1666, ma facendovi trasferire dal vicino Louvre anche i tesori di gemme, monete e medaglie del Cabinet du Roi e destinandole ugualmente la celebre collezione di disegni e di stampe dell’abbé de Marolles.
La concezione colbertiana di unaistituzione capace di illustrare la circolarità del sapere e delle forme artistiche non poté che incontrare il plauso dell’enciclopedismo settecentesco. Riorganizzata dall’abbé Bignon in cinque dipartimenti, la Biblioteca poté triplicare la sua superficie, inglobando l’hôtel di Nevers e quello di Mazzarino con le loro due grandi gallerie. Nel 1741 Luigi XV fece ritornare da Versailles il Cabinet du Roi, trasferitovi temporaneamente durante il regno di Luigi XIV, e ne affidò la decorazione ai maggiori pittori e ebanisti del momento. Ma fu sotto la direzione (1753-1795) del celebre archeologo e numismatico, l’abbé Barthélemy, che il Cabinet desmédailles diventò un importantissimo centro di studi, arricchendosi, grazie al lascito del conte di Caylus – “sapit antiqum”, diceva di lui Diderot – di vasi, busti marmorei e bronzi rari.
Nel 1886, destinando alla Richelieu tut ti i suoi manoscritti, nonché centinaia di disegni, Victor Hugo richiamava l’attenzione degli scrittori sull’importanza di conservare i manoscritti delle proprie opere e il suo gesto faceva scuola. Da allora la BnF ha perseguito una accanita politica di acquisti grazie alla quale ha potuto, anche di recente, assicurarsi il possesso di manoscritti come l’Histoire de ma viedi Giacomo Casanova e
Justine ou lesmalheurs de la vertu del marchese di Sade.
Con la rinascita del sito Richelieu, la Bnf ha anche voluto testimoniare la propria gratitudine ai cittadini francesi che sovvenzionano con le loro tasse gliimmensioneridellasuagestionepatrimoniale edeisuoi servizi,consentendo al pubblico il libero accesso alla sua grande sala di lettura, la salle Ovale.
Scintillano nelle prime vetrine del museoi vasi,le coppe, i piatti d’argento ritualidi un tesoro romano delII secolo d.C.,acuifanno seguitogliavoridelgioco di scacchi di Carlomagno e dell’olifante di Rolando. E ci riportano ugualmente alla Chanson de Gestes, la spada del Saladino e il trono di Dagoberto,diventatonel632redeiFranchi. Siritorna, invece, alla Magna Grecia con la splendida collezione di vasi greci – seconda in Francia solo a quella del Louvre – donata nel 1862 dal duca di Luynes al Cabinetdes medailles – maassolutamente unica è la sardonica raffigurante l’Apoteosi di Tiberio, il più grande cammeo giuntoci dal mondo antico. Vistal’immensità delmateriale conservato, la scelta dei cento capolavori esposti nella Galerie Mazarin verrà invece rinnovata ogni quattro mesi, consentendo così alla BnF di fare conoscere via via i suoi tesori più significativi.
Certo è che quelli ora in mostra lasciano senza fiato. Il visitatore passa da una pagina del manoscritto autografodellePensées di Pascal a una della Recherche proustiana, dalla partitura originale del Don Giovanni di Mozart al manoscritto delle memorie di Casanova. E come non fantasticare davanti all’esemplare degli Essais di Montaigne appartenuto a Elisabetta I d’Inghilterra?
Maaltempostessoèdifficileastenersi dal rilevare come il posto centrale chela politica patrimoniale francese riconosce da più di tre secoli alla BnF contrasti dolorosamente con le croniche condizionidiemergenzaincuiversano le nostre biblioteche. Proviamo a consolarciconstatandoquantolagrandeur francese deve all’Italia. È a partire da due bottini di guerra – quello della biblioteca aragonese perpetrato a Napoli nel 1495 da Carlo VIII e quello della preziosa raccolta dei Visconti-Sforza trafugata a Milano da Luigi XII nel 1500 – che la biblioteca reale francese comincia a diventare una vera e propria “Biblioteca di Stato”.
È prendendo a modello i palazzi romani che, diventato primo ministro, il cardinaleMazzarinoampliailsuoarue Vivienne e chiama ad affrescare la sua bellagalleria,nata perospitare icapolavori della sua collezione. La lista dei debiti potrebbe continuare fino a oggi. È infatti uno storico dell’arte di origine napoletana ma “francese” da oltre trent’anni, Gennaro Toscano, consigliere scientifico del museo, ad aver lavorato conun nutritoecolto staffdicolleghi per la realizzazione di questo ambizioso progetto. Èinfine lostudiodiarchitettura fiorentino Guicciardini & Magni ad avere realizzato il bellissimo e innovativo progetto museografico, degno scrigno per le opere in mostra a Richelieu.