La Stampa, 1 novembre 2022
Intervista a Tim Burton. Dice che ha paura di internet e che si rivede in mercoledì Adams
«Mercoledì sono io». Esattamente come Emma Bovary per Gustave Flaubert. Gli sproloqui non sono il suo forte e, ancora oggi, dopo i premi, i successi, l’amore sconfinato dei fan, Tim Burton appare sempre vagamente a disagio ogni volta che è costretto a spiegare con le parole la genesi delle sue meravigliose creature. Stavolta, però, al Lucca Comics & Game, prende coraggio e si confessa: «Amo Mercoledì perché mi identifico in lei, per metà della mia vita ho avuto problemi di salute mentale e capisco molto bene il suo disagio. Per me è una fonte di ispirazione, dice sempre in modo molto diretto quello che prova, cosa che spesso, nei rapporti con gli altri, ti mette nei guai, però, proprio per questo, la considero un simbolo importante. Ha una forza semplice, tranquilla, silenziosa».Da dove nasce, secondo lei, il successo della «Famiglia Addams»?«Sono convinto che tantissime famiglie siano strane più o meno come gli Addams, chiunque può trovare un modo per identificarsi in quel nucleo familiare. E poi un sacco di bambini e di ragazzi provano imbarazzo per i loro genitori, figuriamoci se uno si ritrova ad avere Morticia come madre».Quando ha conosciuto gli Addams e perché le sono tanto piaciuti?«Sono cresciuto guardando la serie tv, naturalmente dopo aver letto i fumetti. Mercoledì è stato, fin dall’inizio, il personaggio che più mi ha affascinato, anche perché fin da ragazzino mi sono sempre sentito come lei. Condividiamo lo stesso sguardo in bianco e nero sulla vita, per questo ho cominciato presto a chiedermi come sarebbe diventata crescendo, frequentando la scuola, entrando in contatto con gli insegnanti, andando in terapia».Mercoledì è soprattutto una outsider, lo dimostra il suo rapporto con i social, di totale estraneità, all’opposto di quello dei suoi coetanei. Lei come li vive?«Ho letteralmente paura di Internet, ogni volta che ci vado per cercare qualcosa mi ritrovo in qualche buco nero, in qualche strano video con gatti impressionanti… forse i social possono anche essere utilizzati bene, e Internet è uno strumento creato per il bene, io li temo, ma esistono, sicuramente su qualcuno avranno effetti positivi. Però, come Mercoledì, io continuo a rifiutarli».La scuola, non solo la Nevermore Academy frequentata dalla protagonista, può essere difficile per tutti. È stato così anche per lei?«Mi viene in mente un mio ricordo personale, il ballo di fine anno delle superiori, nel 1976, lo stesso anno in cui era uscito Carrie Lo sguardo di Satana. A quella festa mi sono sentito come Carrie, cioè con la sensazione di essere obbligato a stare lì, senza sentirmi parte di quello che mi circondava. Sono sensazioni che non si dimenticano, ecco, anche per questo, sono in sintonia con Mercoledì. Lei si sente reietta tra i reietti, ed è quello che io ho provato per l’intera esistenza, nei confronti dei miei genitori, della scuola, di tutto».Per la prima volta dirige una serie, come è andata?«Ho trovato interessante avere l’occasione di lavorare con un ritmo diverso, con una “cottura” più lenta rispetto a quella del cinema. Mi è anche piaciuto stabilire il tono del racconto, sapendo che poi altri registi avrebbero diretto le altre puntate, traggo sempre ispirazione dalle persone con cui lavoro e ho un gran rispetto nei loro confronti. Creare una serie significa entrare a far parte di un universo un po’ strambo, curioso. Il cinema resta comunque il mio primo amore, sono convinto che ci sia ancora spazio per i film e credo che poi, in fondo, i due mezzi non siano così dissimili».Come è stata scelta l’attrice protagonista, Jenna Ortega?«È un personaggio iconico, era difficile trovare un’attrice che potesse interpretarlo. Senza Jenna la serie non sarebbe potuta nascere. Sono stati importanti i suoi occhi, bellissimi, e poi la forza di carattere, Jenna è stata capace di ritrarre una figura in bianco e nero, con qualche sprazzo di luce, qualche lato umano, che non intacca la sua natura profonda».Gli insuccessi sono il pane quotidiano dei suoi personaggi prediletti. Lei come li ha superati?«Ognuno fallisce, la vita è fatta di svolte improvvise, di alti e di bassi, magari sei convinto di fare la cosa giusta e all’improvviso ti accorgi che non è così. Tutti devono vedersela con questo tipo di fallimenti, succede a Mercoledì come a chiunque, nel mondo reale».Qual è il suo rapporto con la galassia dei fumetti?«La loro eredità è fondamentale, ho fatto Batman, insomma qualche fumetto devo pure averlo letto… Amo disegnare, anche se da ragazzino ho sempre avuto problemi nel leggere le didascalie delle storie, non capivo mai a quale riquadro si riferissero». —