il Giornale, 31 ottobre 2022
Ritratto di Silvio Baldini
Ma vaffa A chi? zzo vuoi? Stai al tuo posto! Vai via, esci! E gli volta le spalle. Lui lo raggiunge, fa un balzo e gli piazza un piatto destro nelle terga. È l’85esimo di Parma-Catania, serie A, prima di campionato, casino inverecondo, lo bloccano in quattro o cinque, forse voleva completare l’opera con un uno – due, chissà. Morale, un mese di squalifica, o meglio, cinque giornate di campionato. Il ricevente è Domenico Di Carlo, lui è Silvio Baldini ai tempi allenatore del Catania, uno così. Tutto sempre a modo suo, 18 cambi di panchina in 34 stagioni e qualcuna anche buona: Ho 64 anni e non mi aspetto niente dal futuro, attendo solo la morte sereno.
Balza nuovamente all’attualità per due auto esoneri in pochi mesi, prima al Palermo e adesso al Perugia, via a zero euro stracciando il contratto, uno che piace ai poeti, immaginifico, a parte il calcio nelle terga. A Palermo pensava a una salvezza tranquilla, gli inglesi del City Group gli hanno fatto sapere a breve giro che non se ne parlava proprio, volevano salire in serie A. Con quella squadra? A poche settimane dall’inizio del campionato lui e il direttore sportivo Renzo Castagnini si dimettono, ufficialmente per divergenze di mercato mentre c’era chi stava brigando per dedicargli una statua dopo la promozione in serie B. Svuota l’armadietto, buona fortuna e se ne va. A Perugia invece svuota il sacco della sua indole emozionabile, cardioterapeuta fai da te: In una squadra senza cuore non si va da nessuna parte, per carità, gente in gamba ma ognuno per conto proprio, e allora meglio togliere le tende. Nessuno ha capito che allenarsi è un modo per esprimere le proprie idee, conoscersi e liberarsi, come per i monaci pregare. Dice che adesso andrà a trovare l’amico Spalletti nella sua tenuta: Mi vado a disintossicare, lì a Perugia non c’era una famiglia, quando vedi solo egoismo allora non c’è molto da costruire. Non la butta lì, una coerenza che mette paura in un calcio che sembra andare in senso contrario.
Undici anni fa decide di allontanarsi da tutto, si spara sei anni sabbatici fino al ritorno alla Carrarese, gratis, senza un contratto e neppure gli storni dei rimborsi spese, ottiene solo una buona uscita in caso di esonero ma solo perché sarebbe rimasto senza far niente tutto il giorno, e si sa che non è bello. Dà le dimissioni per tre volte, respinte, poi durante una conferenza ribalta il Comune che minaccia di occupare e poi incatenarsi al suo interno se il Consiglio della città non prenderà la decisione di ripristinare l’agibilità dello stadio Dei Marmi: Loro lo sanno che sono un pazzo e sono capacissimo di farlo.
Anzi no, non è pazzo, anche se chi lo crede ha in mano delle carte buone. Una mattina all’alba va da Lele Adani, erano al Brescia, lo tira giù dal letto e lo porta in un bosco con la promessa che lì avrebbero trovato il loro karma. Adani lo segue, Silvio si mette a torso nudo anche se era pieno inverno e respira profondo l’odore dell’immenso che lo circonda, insomma. Da ragazzo conosce la Rosy, lei è giovane, bella e anche brasiliana, vanno a ballare in discoteca, si innamorano, lei aspetta un bambino, si devono sposare, tutto fatto, data, invitati e il resto ma a tre giorni dalle nozze cambia idea e la Rosy torna in Brasile, abortisce e tenta il suicidio. Cose che lasciano il segno. Ma ha cambiato idea, non è pazzo: Mi sono dimesso due volte nel giro di pochi mesi perché ho scelto la libertà, non prendetemi per matto. Non mi vergogno del mio passato e non mi vergogno di quello che ho fatto, ognuno ha la sua storia, la vita è corta e io non sono capace di adattarmi, non mi chino e andrò a morire per i fatti miei in montagna come i cani e gli indiani, e quando la Signora vestita di nero verrà a prendermi io l’aspetterò sereno anche se cercherò di ammaliarla per spiegarle che non ho rimpianti e nella vita non mi sono fatto mancare niente. Le lettere ai calciatori, il bisogno di abbracciarli, un amore straziante per la moglie, una figlia disabile, un santino nel portafogli, una fluidità cognitiva che arriva dritta dritta da lontano. Si stacca, sparisce, ci riprova, tormentato e felice. L’ultimo nuovo inizio aveva preso l’avvio il 20 settembre in seguito all’esonero di Fabrizio Castori con il Perugia quart’ultimo e 4 punti in classifica dopo 6 giornate. Il 16 ottobre dopo tre sconfitte e la squadra all’ultimo posto, nuova fuga, fine delle trasmissioni. Per ora.