Corriere della Sera, 31 ottobre 2022
Un giro al rave di Halloween
Cris ha gli occhi lucidi, arriva da Bologna e parla così: «Qui si creano delle connessioni, qui c’è il battito tribale, qui c’è tekno con la kappa, senti che roba, bum bum bum, non la trovi da nessuna parte, dopo due giorni torni a casa con questo nella testa, le onde ti vanno nella memoria e voli».
Seduto su una sedia dentro il capannone, Cris guarda verso il muro di casse acustiche che sparano una musica da stordimento davanti a centinaia di ragazzi sulle soglie dell’estasi. «Machine of delirium» è lo striscione neppure tanto ambiguo che domina sulle loro teste mentre ballano, bevono, fumano. Altri dormono per terra o se ne stanno seduti come Cris a raccogliere le idee: «Sono spaccato».
Siamo al Rave di Halloween che sabato sera ha portato fra i campi di grano di Modena Nord migliaia di giovani che hanno preso possesso di questo gigantesco capannone industriale abbandonato a un passo dall’uscita autostradale. «Mi affascina l’organizzazione, ti mandano la posizione esatta tre ore prima e si arriva in massa in modo che nessuno possa fare nulla, quando sei in tremila come oggi è fatta. Sono stati davvero bravi... i migliori li fanno in Italia e Repubblica Ceca, anche in Francia... senti che roba». Bum bum bum. Fuori, sulla strada, c’è la polizia che blocca gli accessi e si trova nella difficile situazione di chi deve obbedire all’ordine partito dall’alto di sgomberare la zona in breve tempo. «Interrompere il rave party e liberare l’area», ha deciso in modo netto il neoministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «Bisogna tutelare ordine pubblico e incolumità delle persone, senza forzature», ha invitato alla prudenza il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli augurandosi che vengano individuati e denunciati gli organizzatori del rave che sta creando disagi alla città. Stretti fra queste due esigenze, sgombero e incolumità, gli agenti della Digos hanno cercato inutilmente un dialogo con qualcuno che possa rappresentare questo popolo piombato di colpo a Modena. Cris, che non è l’ultimo arrivato e di rave ne ha già visti una quindicina, fa spallucce: «Ma gli organizzatori saranno stranieri, non li becchi dai». Nessuno qui dentro sembra avere intenzione di andarsene, così almeno fino alla tarda serata di ieri. «Ma se la festa dura fino a martedì perché dobbiamo sgomberare prima? Ricordati che questa si chiama libertà, questa è comunione, è fratellanza», spiega pacifica Ramona mentre il ragazzo che le sta accanto ci guarda storto. Lei, coloratissima, faceva la commessa vetrinista. Da due anni ha perso il lavoro e si è messa a fare piercing sul lago di Garda. Ne ha una decina sul viso. Spunta un tipo con gli occhi agitati: «Quel muro di casse è come il muro di Berlino, perché queste cose non le scrivete?». Lui non ci guarda, prende la mira: «Perché non le scrivi, eh?». All’interno della struttura, privata, sono parcheggiati furgoni e allestiti banchetti. C’è chi prepara piadine, chi vende pizze e vin brulè a 5 euro e magliette «trouble family» a 15. Ci sono bandiere di pirati, zucche, diavoli. Ma su tutto domina lei: la canna. «Hashish, hashish, est-ce que tu veux?», chiede una ragazzina giovanissima e tatuatissima in minigonna nera e anfibi. Molti arrivano dall’estero, soprattutto dalla Francia. «Io sono un artista musicale e ho composto l’inno della cannabis, se la legalizzano faccio il botto», spera Cris che dice di essere laureato e nel frattempo si è alzato ed è uscito dal capannone. «Quando sono lucido saltello, jumper, mi piace di brutto, un po’ come l’elettroswing».
Effetto sorpresa
«Ti mandano il luogo
esatto dell’evento
tre ore prima, si arriva
in massa ed è fatta»
All’esterno il campo di pannocchie è una distesa di tende, macchine, camper, molti scassati e con la targa coperta. I raver sono giovani, multietnici, underground, ribelli. Arrivano da Bologna, da Roma, Milano, Torino, Venezia, dall’estero. «Vedo sempre le stesse facce dalla Francia e dall’Olanda... sono traveller», spiega Cris che ogni tanto si blocca e chiede dov’era rimasto. C’è un furgone ammaccato con targa elvetica, ci sono dei Ducati che hanno stipata dentro qualsiasi cosa, mentre tre Vigili del fuoco gironzolano intorno al capannone. «Siamo qui a controllare la solidità della struttura, non ci dovrebbero essere problemi». Passeggiano e osservano circospetti. Qualcuno li punta intonando la canzoncina: «Il pompiere paura non ne ha». Fa caldo e molti si mettono a torso nudo, come un ragazzo rasta che barcolla sostenuto dalla fidanzata.
La polizia osserva tutto dall’esterno e cerca di capire come fare. «Abbiamo provato a contattare qualcuno per avviare un dialogo ma è stato inutile», sospira un dirigente. La sensazione è che qualcosa stia per scattare a breve. «Nooo, mancano ancora questi che sono artisti tosti», si dispiace Cris che ti fa vedere il programma dell’evento Witchtek: «Schockraver/fab23, Space invaders, Insane Teknology... Dov’ero rimasto? Capisci no? Musica illegale, allucinante, il mio mondo, qui dentro sopporto tutto... e poi è riuscito bene, o no?». Lui ha un sogno: «Un food and beverage su una spiaggia in un posto teso con il sound system sempre al massimo. Perché ti da stabilità».