Il Messaggero, 30 ottobre 2022
Intervista a Damiano Tommasi
Damiano Tommasi, quattro mesi da sindaco di Verona. Faticoso?
«Con la campagna elettorale, anche di più. È un lavoro nuovo, impegnativo».
Quanto le è cambiata la vita?
«Un bel po’, meno tempo per la famiglia, che vedo la mattina e la sera. Sono diverse le persone che si incontrano, gli orari, i ritmi. Questo ruolo ha senso se si ha la fiducia degli altri, quando giochi a calcio e hai la palla non ti muovi a nome di tutti, qui invece sì. Contano le deleghe».
Sono i primi quattro mesi della sua vita in cui non si occupa di calcio?
«Come sindaco ho l’assessorato allo sport. E qui a Verona, tra stadio, piscine, c’è parecchio da fare».
Periodo non esaltante per il Paese, giusto?
«Il caro bollette è un problema per molti settori, anche lo sport ne sta soffrendo. Tante piscine rischiano la chiusura».
L’Italia ha un nuovo governo. Giorgia Meloni che allenatore è?
«Più che allenatore è un capitano. C’è una squadra, lei ne è la rappresentate principale».
Ha trovato consensi anche a sinistra.
«In quel ruolo devi pensare al Paese al di là della maglietta che indossi. Conta quello che fai, non quello che sei o chi rappresenti: mi auguro possa portare miglioramenti in un periodo complicato. Andrà giudicata per il suo lavoro».
Le piace Andrea Abodi come ministro dello Sport?
«Intanto mi piace che lo sport abbia un ministero. Abodi conosce questo mondo, il calcio, si è sempre distinto in ogni incarico che ha ricoperto. Penso sia l’uomo giusto».
Lorenzo Fontana, presidente della Camera, è suo concittadino. Lo conosce?
«No ma spero di farlo presto. Lui ha ottenuto la fiducia di tutti, è un ruolo delicato il suo. E’ come un arbitro».
Il calcio italiano, come il Paese, merita di essere curato?
«Ci sono problemi, ma alla fine penso che la serie A resti un campionato appetibile, specie per le proprietà straniere, che sono una risorsa importante per il futuro».
E’ questa la strada?
«E’ un qualcosa che porta miglioramenti, oggi le società devono puntare all’equilibrio economico-finanziario, hanno necessità di risorse».
Cosa deve succedere per tornare ai vecchi fasti?
«Ridare forza ai progetti sportivi, che durino nel tempo. Che vadano oltre i risultati immediati, come una salvezza o una conquista del quarto posto. Oggi in molte squadre troviamo capitani che stanno lì da due anni e questo la dice lunga sulla durata dei progetti tecnici. Ma c’è un altro aspetto che va controllato, ad esempio le proprietà territoriali».
Che intende?
«Per una questione di marketing, molti club allargano il mercato oltre i propri tifosi: cambiano il logo o puntano su maglie con colori diversi rispetto alle tradizioni e questo rischia di portare - a lungo andare - a una perdita delle proprie origini».
Beh, questo è un qualcosa che fanno le proprietà straniere?
«Non è detto, penso alla Juve, alla stessa Nazionale quando propose la maglia verde. In Premier hanno imposto ai club di non modificare loghi o colori delle proprie tradizioni o di farlo solo con il consenso della gente. Io sono per l’album Panini, dove i giocatori hanno la maglia con i colori originali».
La Premier è ancora troppo avanti a noi?
«Temo sia irraggiungibile. E’ avanti sull’aspetto economico, nei ricavi, negli stadi, per la cultura che hanno per lo sport».
Qual è un progetto interessante in Italia?
«La Roma mi sembra abbia cominciato bene, ha una proprietà seria. Prendere Mourinho significa investire, costruire. Non si sceglie un tecnico come lui, così a caso. Anche il Napoli ha abbattuto i costi e ha messo su una squadra, affidandola a Spalletti, bravissimo a far crescere giocatori».
Il Milan?
«Per storia ha l’obbligo di stare in Champions e stare sempre a quei livelli è complicato».
La Juve? Non c’è solo l’aspetto tecnico da curare, la questione plusvalenze è qualcosa di serio, pericoloso.
«Quello è un problema che va risolto a livello strutturale. Quanto al resto, dopo anni di successi è difficile dire chi abbia sbagliato. C’è una ricostruzione tecnica in atto, per questioni di riconoscenza ci sono calciatori che sono rimasti e oggi non sono al top. Nelle ricostruzioni serve tempo. Tornare, per Allegri, non è stato facile: a volte si vive su vecchie certezze».
La Roma è da scudetto?
«Penso le manchi qualcosa, un paio di giocatori per alzare il livello, per avere una rosa adatta per tutte le competizioni».
Gli infortuni non l’hanno aiutata.
«No ma ci sono squadre che hanno superato questo problema, noi vincemmo lo scudetto con Batistuta acciaccato, senza Emerson...».
Verona-Roma è un problema di coscienza per lei?
«Di solito tifo per chi ha bisogno di punti e in questo caso mi pare evidente che ne abbia maggiore necessità il Verona. E’ una partita che mi crea imbarazzi, però è l’unica che non mi fa soffrire troppo in caso di sconfitta dell’una o dell’altra».