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 2022  ottobre 30 Domenica calendario

Biografia di Caterina Guzzanti raccontata da lei stessa

La felicità nel dramma: “Finalmente interpreto la mamma di una figlia malata”. Bene. “Sono contenta quando mi prendono sul serio”. Di nuovo bene. “Non è semplice”.
Pausa pranzo sul set.
Caterina Guzzanti si siede su uno scalino, è in attesa del cestino, sopra la testa il Raccordo Anulare di Roma, dentro la testa le strade intraprese per conquistare il giusto spazio da attrice; “metri quadrati” costruiti passo dopo passo, dal 1997 in poi, quando ha esordito in tv al Pippo Chennedy Show (“grazie ai miei fratelli”) e proseguito con film, piccolo schermo, imitazioni e Boris, la serie delle serie, un laboratorio di battute, personaggi, tormentoni e saggezza tornato in questi giorni per la quarta stagione a quindici anni dal debutto.
Rispetto al passato, secondo Max Bruno, la differenza è che siete molto più impegnati.
Allora quasi nessuno era consapevole di cosa stava accadendo, di cosa sarebbe diventato Boris: alcuni di noi, quelli con maggiore esperienza, a un certo punto dissero: è una bomba. Avevano ragione.
E lei?
Ero persa, disorientata dalla routine della serie, dagli obblighi e dagli orari forsennati: a un certo punto mi sentivo quasi sotto sequestro.
Addirittura.
Non ci mandavano via prima di aver finito di girare, anche le condizioni di pura quotidianità erano differenti da oggi; (cambia tono, sorride) era tutto più arrangiato, giravamo in alcuni studi vicini all’aeroporto di Ciampino, con gli aerei al decollo o all’atterraggio che mandavano ai matti il fonico.
E poi?
Guardavo, assorbivo, decifravo il mio ruolo rispetto a quel tipo di vita; era veramente faticoso: durante le pause ci chiudevamo in stanzini dove potevamo riposare accartocciati su noi stessi, con la testa storta e la cervicale a farsi benedire.
Quindi?
Ogni tanto rimpiangevo di aver messo da parte il “piano A” rispetto al futuro.
Qual era?
Sognavo di diventare veterinaria, poi ho pensato a Ingegneria genetica, ma sempre applicata agli animali, che sono la mia passione; (sorride) da piccola ogni gattino abbandonato era mio, spesso li portavo a casa e li nascondevo sotto il letto, soprattutto se avevano la tigna e le orecchie mozzate.
A casa cosa dicevano?
Lasciamo perdere.
E la tigna?
L’ho presa pure io.
Torniamo a Boris.
Io stavo accanto a Francesco (Pannofino), guardavo lui, i suoi atteggiamenti, i suoi tempi di recitazione, e cercavo di scovare la mia cifra sul set; (pausa) non era semplicissimo.
Perché?
Un po’ per la mia inesperienza, un po’ perché ero, e sono ancora, uno dei pochi personaggi non comici della serie: ho dovuto imparare un ruolo in sottrazione, ho evitato di recitare con smorfie, ho evitato di dare un contributo comico. Sono stato costretta a trovare l’essenziale.
Si rivede mai?
Sta scherzando? No.
Zero.
Non mi piaccio, al massimo, nei momenti di massima generosità, mi do un sei.
Severa.
Con me stessa, molto; ci sono film che non ho visto neanche il giorno della prima.
Per la prova scarsa o il film pessimo.
Entrambe le cose.
Titolo?
Non rispondo.
Il suo esordio.
In tv? Al Pippo Chennedy Show, spinta dai miei fratelli.
E…
Ero agitatissima, così agitata che quando sono entrata in diretta ho fatto un tale casino da non suscitare nessuna risata; (pausa) interpretavo una fan esagitata davanti al suo mito: ho iniziato a correre a urlare, a non capirci nulla.
C’è un però.
Che mi sono divertita.
Lol ha dichiarato: rido solo per cortesia.
Lì ho un po’ esagerato solo per mettere pressione agli altri concorrenti.
C’è un fondo di verità.
Conosco i tempi comici, sono abituata a una famiglia brava nelle risposte d’istinto, alla velocità, alla battuta servita nei decimi di secondo; questo allenamento mi porta a sgamare in un attimo dove un comico intende andare a parare, dove va a finire la sua costruzione: è come indovinare l’assassino nelle prime pagine di un giallo.
Cosa la fa ridere?
È brutto da ammettere: le imprecazioni.
I peti?
No, sono abituata con mio figlio (ha otto anni, ndr).
Secondo Freccero, Saverio Raimondo ha un’età indefinibile tra i 10 e i 40 anni. Anche lei sembra avere lo stesso dono o problema.
(Ci pensa) Per tanti anni è andata esattamente così, sempre con il viso da ragazzina: mi guardavo e pensavo “quando avrò una bella faccia matura, da donna?”; adesso va meglio, anche se per interpretare i ruoli da donna sono costretti a disegnarmi le rughe.
Non si farà mai il botox.
Non lo escludo a priori, ma vorrei passare da grande, prima dei ruoli da vecchia.
“Se mi incazzo, allo scontro preferisco la fuga”, parole sue.
Ma che, sa tutto?
È vero?
Sì, in parte sono ancora così. Sto cercando di migliorare.
Anche con i registi?
Quando sono sul set assecondo in toto; il regista per me è un totem, un personaggio quasi sacro da rispettare e seguire, però se qualcosa non va, penso: “Col cavolo che ci lavorerò ancora”. E questo sfogo mi basta.
Ha la sindrome dell’impostore?
Allo stadio avanzato.
Addirittura?
Ho imparato tutto da sola, o grazie all’esperienza diretta con altri attori; poi negli anni ho integrato con i corsi, ma non ho le basi dell’accademia.
Per Proietti non era fondamentale.
Non giudico, non ci sono stata.
Ha 46 anni, ci andrebbe a insegnare?
(Il tono è da “ma che, è impazzito”, ndr) Io? No! Non sono in grado di trasmettere nulla.
Suo padre ha dichiarato: “Ci assomigliamo solo per i polpacci”.
Pensi che meraviglia.
Ma è così?
Purtroppo sì. E negli uomini è un aspetto piacevole, maschio, ma per una donna non è proprio il massimo.
Quanti l’hanno avvicinata per arrivare ai suoi fratelli?
Tantissimi; (resta zitta) negli anni sono migliorata e impiego sempre meno tempo: ora è un attimo e rispondo “no”; (ci pensa) ho imparato a non farmi portavoce dei miei fratelli, a non farmi coinvolgere quando mi chiamano e con tono complice dicono “Scusa se ti disturbo, ho provato a contattare tua sorella, ma non risponde. Puoi chiederle…”.
E…
Un tempo sarei intervenuta, ora piazzo un salvifico “noooo”.
Ancora Boris: 15 anni fa alcuni erano già famosi, altri no…
Io lo ero.
Quando ha capito di essere famosa.
Oddio, va chiarito.
Riconosciuta.
Complicato; quando mi chiedono una foto, ho la sensazione che la metà di loro non sappia chi io sia, inquadrano solo un viso, a loro familiare, poi magari mi domandano: “Fai l’attrice?”.
E lei?
Ho smesso.
Cosa?
Di replicare “perché la foto?”; adesso se uno estrae il cellulare mi butto sorridente nell’inquadratura.
Ha studiato un’espressione?
No, cerco di apparire solo decente: di casa esco sempre struccata e vestita senza troppa attenzione, così penso: “Oddio ora sto scatto finisce sui social”.
Si sente una bella donna?
A momenti; (ci pensa) in questo periodo sì.
È piacevole.
Sì, però mi vedo sempre più vecchia di come mi sento, ma capita a tutti; nel complesso mi ritengo una bella donna.
De Sica sostiene: “L’unico vantaggio della fama è che trovi sempre posto al ristorante”.
Quando c’è da prenotare, e siamo un po’, anche se non telefono io, suggerisco di presentarsi come Guzzanti; oppure chiamo, e con modi amichevoli, scandisco il cognome. Funziona.
Per i suoi personaggi a chi ha “rubato”…
Spesso quando ne invento uno o studio una nuova voce, mi sento un po’ cojona.
Come mai?
Ho paura di imitare qualcosa che hanno già realizzato Corrado e Sabina: questo dubbio un po’ mi blocca e mi fa essere cojona, perché non è sempre vero; (sorride) però è molto difficile scovare qualcosa che non hanno già fatto loro.
Gli dice mai: avete rotto le palle?
A chi?
Ai suoi fratelli.
Sono io a essermi accodata.
È pigra?
Tantissimo.
Lei si massacra: dichiari una qualità.
(Ride) Pigro non è un difetto: ho solo bisogno di dormire.
Sì, ma un suo pregio.
Sono leale. La parola data la rispetto sempre.
Quando esce a cena lei è il capobanda?
In alcuni periodi, in altri sono più riflessiva; ora sono meno caciarona, un tempo mi piaceva circondarmi di persone.
Aggettivo per Pannofino.
(Prende fiato) È la mia roccia; gli voglio proprio bene e l’ho capito durante le riprese di Boris 4. È un amicone buono.
Pietro Sermonti.
Vulcanico. È un continuo di proposte.
Paolo Calabresi.
Me li fa dire tutti? È tremenda questa situazione; (pausa) un sallucchione, un gigante buono, poi si muove con quest’aria nobile da attore di Ronconi e il cappellino da Biascica (il suo personaggio in Borisndr).
Suo fratello Corrado.
In Boris è deflagrante.
Lei chi è?
(Silenzio infinito) Boh. (Altro silenzio) Ma dentro Boris?
No, nella vita.
Ne parlerò con il terapeuta.
Cosa gli chiederà?
Voglio capire perché non sono riuscita a rispondere a questa domanda.