Corriere della Sera, 30 ottobre 2022
Quando l’Occidente ispirava gli zar
Vladimir Putin non ama l’Occidente europeo, una entità geografico-culturale che comprende l’Europa dall’Atlantico alla Polonia, al Baltico e alla Grecia. Per il presidente della Federazione Russa queste terre sono ancora macchiate di nazismo o fascismo e hanno costumi decadenti, fra cui una «diffusa e ostentata omosessualità». La Russia, in questo contesto, dovrebbe evitare di essere «contaminata» alzando una barriera contro il «contagio». Nel Corriere del 23 ottobre, Marco Imarisio ha colto alcuni argomenti con cui Putin giustifica i suoi timori ed esorta i connazionali a difendersi: «Oggi – ha detto il presidente russo – siamo qui a combattere perché in Russia non ci siano i genitori numero 1, 2 e 3 al posto di mamma e papà. Quella contro l’Occidente è una lotta di civiltà. Perché la Russia è l’ultimo avamposto nella difesa dei valori tradizionali contro la deviazione sessuale come norma». Stiamo quindi assistendo a una contro-rivoluzione. La prima rivoluzione russa, non meno importante di quella dell’ottobre 1917, era cominciata tra la fine del XVIII e il XIX secolo. Pietro il Grande e la Grande Caterina sapevano che il loro Paese, se confrontato alla Europa occidentale, era ancora terribilmente medioevale e aveva l’urgente bisogno di essere immerso in un bagno di modernità. Un brillante filosofo europeo, Jean-Jacques Rousseau, scrisse di Pietro che era una «scimmia». Voleva dire che lo zar aveva una straordinaria capacità di imitare e che la sua riforma fu per molti aspetti una composizione di modelli tecnici o istituzionali da lui scoperti e copiati durante i suoi viaggi in Europa occidentale. La nobiltà e la borghesia più facoltosa non tardarono a imitarlo. Per educare i loro figli ed abbellire le loro case arruolarono uno stuolo di maestri, ingegneri, architetti, artisti, musicisti, soprattutto francesi, tedeschi e italiani. Per gareggiare con l’Europa gli zar crearono musei, come l’Ermitage di San Pietroburgo, che sono altrettanti omaggi all’arte dell’Occidente. Se sono rari gli artisti russi che non hanno fatto pellegrinaggi culturali nelle città europee, sono altrettanto rari gli uomini politici russi che non hanno fatto il loro apprendistato in un Paese che appartiene alla cultura occidentale: Lenin a Zurigo, Putin a Dresda, Trotsky a Città del Messico, Gromyko a Londra, Gorbaciov a Londra e negli Usa. Se Putin oggi non dispone del tempo per un viaggio in Europa gli consiglio la lettura dei saggi sulla Russia e l’Occidente che furono scritti da un grande poeta russo, Fëdor Tjutchev (1803-1873). Fu anche diplomatico e rappresentò il suo Paese in Baviera e a Torino dove fu accreditato presso la corte del re di Sardegna.