La Stampa, 30 ottobre 2022
Intervista ad Antonio Tajani
Roma Ministro Antonio Tajani sulla guerra non si vede nessuno spiraglio di pace, noi siamo ancora candidati a un ruolo di garanzia per un eventuale negoziato?
«È chiaro che il nostro obiettivo è raggiungere la pace, ma non può esserci pace senza giustizia, dunque senza indipendenza di Kiev. È la difesa dei valori in cui crediamo, che ha un costo anche economico, come stiamo sperimentando, ma bisogna sempre partire da un dato: c’è un invasore e una parte che ha subito un’aggressione. Sicuramente, quando sarà il tempo, saremo chiamati a un ruolo non secondario, compreso il processo di ricostruzione dell’Ucraina, che prima o poi arriverà».
Quanto è salda la postura della maggioranza nei confronti di Mosca? Lei è arrivato alla Farnesina rivendicando un ruolo di garanzia sulla collocazione internazionale. Dall’estero però continuano a guardarci con sospetto.
«La nostra posizione è sempre stata chiara, in tutte le sedi istituzionali, anche al Parlamento europeo, dove tutti, compreso Berlusconi, abbiamo votato testi molto duri contro l’invasione. La Russia è un Paese che si è volontariamente allontanato dall’Occidente, ma questo non significa che non si debba lavorare per la pace. Detto questo, lo ribadisco, tutte le nostre scelte, nostre di Forza Italia, così come quelle della Lega e del partito della Meloni sono inequivocabili, schierate insieme alla Ue e agli Stati Uniti, a favore dell’Ucraina».
Putin ha appena disdetto l’accordo sull’export del grano ucraino.
«Significa togliere cibo a milioni di persone in povertà, anche questo significa macchiarsi di gravi azioni contro l’umanità».
Come cambiano i nostri equilibri a Bruxelles con un premier che appartiene al Conservatori europei?
«È un dibattito sterile, le nostre alleanze saranno sempre quelle che contribuiscono a difendere il nostro interesse nazionale e che ci consentono di dare un contributo efficace e costruttivo in sede europea. Il partito europeo della Meloni ha votato per l’elezione della Von der Leyen, così come per l’elezione della Metsola. Stiamo parlando di una destra europea, non dell’estrema destra. Noi investiremo sempre di più sulle istituzioni comunitarie. Una delle mie prime decisioni è stata quella di aumentare il numero dei diplomatici nella nostra Rappresentanza presso la Ue: dobbiamo contare di più in quella sede. E sarà un aumento importante, che ci porterà più in linea con il peso, anche del personale, che hanno Germania e Francia. Rafforzare e sostenere la nostra presenza a Bruxelles, dove già abbiamo delle eccellenze, sarà una delle nostre priorità».
Avremo un legame più saldo con Budapest e Varsavia piuttosto che con Parigi o Berlino?
«Credo che nessuno possa mettere in dubbio che sono un europeista convinto. La mia nomina è già una risposta alla sua domanda. È un dato politico che il primo incontro europeo della Meloni è stato con Macron, e il suo primo viaggio di Stato sarà giovedì a Bruxelles. Non occorre aggiungere altro, se non che lo Stato di diritto e le sue regole vanno rispettate ovunque e per me questo è un dato imprescindibile».
Lo stato di diritto
Budapest e Varsavia?
Lo stato di diritto e le sue regole vanno rispettate ovunque, questo è
un dato imprescindibile
Quali devono essere i prossimi passi in avanti nei Trattati della Ue?
«Il primo è politico, rafforzare la democrazia delle istituzioni, dando il potere di iniziativa legislativa al Parlamento europeo. Poi arrivare a una vera Difesa comune. Bisogna arrivare ad un’Europa che sia veramente parte del principio di sussidiarietà. È meglio fare un regolamento in meno di dettaglio e fare reali iniziative politiche di ampio respiro: penso oggi alla crisi del gas, penso ai flussi migratori e possiamo continuare con un lungo elenco. Per proteggere maggiormente i cittadini europei, bisogna cambiare alcuni equilibri per come li abbiamo conosciuti finora».
La Nato: per il successore di Stoltenberg quante possibilità ha l’Italia?
«L’Italia ha un capitale umano eccezionale, abbiamo avuto due presidenti del Parlamento di Strasburgo negli ultimi dieci anni, un grandissimo presidente della Bce, possiamo aspirare a qualsiasi ruolo».
La Cina è sempre di più il vero antagonista dell’Occidente, noi continuiamo a muoverci sia come Stati nazionali, sia come Ue. Deve cambiare qualcosa?
«La Cina è un partner, è un concorrente ed è un rivale sistemico. La protezione migliore dei nostri interessi è quella di potenziare la politica estera della Ue. Sulle grandi questioni Bruxelles può certamente avere un peso maggiore delle singole Capitali. Per citare solo un aspetto, di sicuro esiste un problema sulle collaborazioni economiche e industriali: occorre un level playing field, cioè una parità di condizioni che sia effettiva, occorre impedire che gli investimenti stranieri influenzino gli asset che riguardano la sicurezza nazionale. A questo proposito bisogna anche sviluppare e investire maggiormente sulla nostra cooperazione e le nostre relazioni con l’Africa: per tutelare i nostri interessi economici, per essere reali portatori di sviluppo locale, ma anche per contrastare i rischi di nuove colonizzazioni. L’Africa è un nostro partner naturale, nostro e della Ue, se non facciamo noi alcune cose le fanno gli altri».
Nel vostro programma il Mezzogiorno dovrebbe diventare un hub dei flussi delle fonti di energia. Come?
«Sono interessati a dare un contributo molti investitori stranieri, è un grande progetto strategico sul quale siamo pronti a lavorare».
A quando la liberazione di Alessia Piperno?
«È in cima al lavoro di questi giorni, siamo tutti impegnati quotidianamente».