La Stampa, 30 ottobre 2022
Intervista a Ignazio La Russa
Presidente La Russa, cos’ha fatto per il centenario della marcia su Roma?
«Ho preso il treno da Roma a Milano, ho fatto tre incontri politici e la sera sono andato a vedere l’Inter».
Niente commemorazioni?
«Ma cosa c’è da commemorare, scusi? Gli altri anni non se ne era mai accorto nessuno mi pare».
È vero che questa era la casa di Benito Mussolini che lei si è ricomprato?
«Mussolini qua non ci ha mai messo piede in vita sua. Un’altra leggenda. La verità è che ero venuto per comprare un attico e mi hanno proposto questo appartamento al primo piano che era stata la sede della Le Petit e che lo aveva conservato come negli anni ’30».
Uno vede Ignazio La Russa nella sua casa di Milano, tra boiserie, soffitti altissimi e divani sterminati, e subito diventa inevitabile parlare di fascismo: forse perché La Russa, con quel pizzetto mefistofelico, una certa dose di antica aggressività, i cimeli sparsi per casa, per anni è stato un po’ l’icona del neofascismo italiano. Lui alza gli occhi al cielo: «Venga – dice con quell’accento reso celebre da Fiorello – le faccio vedere il famoso “busto” di Mussolini, eccolo: non è nemmeno un busto!». In effetti è una statuetta poco ingombrante del Duce, con stivaloni e mani sui fianchi, appoggiata su una mensola di un corridoio in penombra. «È un oggetto che apparteneva a mio padre, persona che adoravo, e che ho ereditato: avrei dovuto buttarlo? È sempre stato in questo corridoio insieme a un elmetto dell’esercito popolare cinese e un fregio comunista dell’Urss. Invece sembra che io abbia in casa il mausoleo di Mussolini. Ecco, mi dica lei...».
Oggi La Russa è diventato presidente del Senato, la seconda carica dello Stato («Devo dire che, per la parte politica da cui provengo, non me lo sarei mai aspettato e non ci pensavo proprio...») ed è inevitabile chiedere conto di come intenderà esercitare il suo ruolo di super partes.
Allora Presidente, ci spiega come si concilia consegnare le rose bianche a Liliana Segre, riconoscere il valore del 25 aprile e poi tenere in casa la statuetta del Duce?
«La statuetta del Duce l’ha vista, non ha niente che vedere col discorso di Liliana Segre, che non mi ha sorpreso. La cosa che mi stupisce è che qualcuno si stupisca della mia assoluta vicinanza alla Segre e al dramma della Shoah».
Forse per il suo passato?
«Guardi che da quando sono nato, in famiglia e nella mia parte politica, ho sempre sentito una condanna feroce delle leggi razziali e da sempre ho un rapporto strettissimo con la comunità ebraica milanese di amicizia personale, per esempio con Walker Meghnagi e già con suo padre Isacco, esponenti di spicco della comunità ebraica. E non solo con loro. Potrebbe limitarsi ad essere un fatto personale, ma dal punto di vista politico la destra italiana è sempre stata per l’esistenza e l’indipendenza d’Israele, quando altri ne minacciavano l’integrità, ed è sempre stata senza titubanze pronta a condannare le leggi razziali, per non parlare del dramma della Shoah».
Anche lei come il presidente Meloni non ha mai avuto simpatie per le dittature, fascismo compreso?
«Non mi sono posto il problema: la mia scelta per la libertà e la democrazie è sempre stata totale».
Lei ha avuto il coraggio nel suo discorso di riconoscere come data fondante il 25 aprile. Parliamone.
«Non c’è stato bisogno di coraggio ma semplicemente di memoria. Con Pinuccio Tatarella e Gianfranco Fini, ho contribuito a scrivere le tesi di Fiuggi, ed era il 1995! Già allora riconoscemmo il valore della lotta per la Libertà. Con una importante annotazione che riguardava una parte di quella Resistenza, la parte comunista che non lottava per restituire all’Italia libertà e democrazia ma per un sistema certo non migliore di quanto era avvenuto col fascismo».
Celebrerà il 25 aprile?
«Dipende. Certo non sfilerò nei cortei per come si svolgono oggi. Perché lì non si celebra una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra. Non ho avuto difficoltà come Ministro della Difesa a portare una corona di fiori al monumento dei partigiani al cimitero Maggiore di Milano. e non era un atto dovuto».
Quanto è cambiato dal comizio del 1972 che compare nel film di Bellocchio?
«Sono cambiati i tempi, siamo cambiati tutti, le parole che dicevo allora però potrei ripeterle oggi: “Viva l’Italia e bisogna superare fascismo e antifascismo”. Già allora il desiderio era di pacificazione».
Veniamo alla sua maggioranza: che ne pensa del contante a diecimila euro? Davvero aiuterà l’economia e i più poveri?
«Intanto il tetto sarà a cinquemila euro e poi più che i poveri aiuterà l’economia tutta. Non ha senso un provvedimento limitativo del contante come quello attuale che non ha uguale in tutta Europa, dove per altro l’indicazione è di un tetto a diecimila. Non aiuta i turisti, ad esempio. E poi in Austria e Germania non hanno limiti».
Ma nemmeno gli evasori che abbiamo noi e neanche le mafie.
«Non credo che le mafie facciano affari a 5.000 euro».
Ma gli evasori fiscali sì.
«Io dico che l’evasione si combatte con la cultura della legalità e la fiscalità. Fosse così facile, dopo questi provvedimenti avremmo dovuto sconfiggere l’evasione ma non mi pare accada. Vuol dire che ci vuole un approccio diverso».
Come quello per i medici No Vax? Non le sembra che togliere le penalizzazioni sia uno schiaffo a chi ha rispettato le regole?
«Non credo che qualcuno si senta schiaffeggiato. Chi come me si è vaccinato e ha vaccinato anche i propri figli, lo ha fatto a prescindere dal fatto che si trattasse di un obbligo. Oggi non è più necessario e allora continuare a tenere una sanzione per i medici No Vax credo sarebbe un danno più per le strutture sanitarie che per i medici stessi. Abbiamo sempre pensato che il convincimento valga più della coercizione»
Il Presidente Mattarella, però, su questo tema ha messo in guardia.
«Il Presidente ha fatto benissimo a sottolineare che si debba continuare a vigilare. Ma il problema non è che si debba o meno, ma come».
Per molti lei è apparso più un capo del partito che la seconda Carica dello Stato, non crede dovrebbe fare un passo indietro?
«Contesto questa cosa e rivendico di poter mantenere la promessa solenne davanti al Senato di essere presidente di tutti, sforzandomi di garantire sia maggioranza che opposizione. Solo a me hanno cominciato a guardare dove metto i piedi! Ricordo che Bertinotti, Fini e Casini erano capi di partito e facevano i Presidenti della Camera. Oppure ricordo il Presidente del Senato Forlani: altro che La Russa! Per quanto mi riguarda, si devono abituare: se nella forma sarò meno paludato, nella sostanza potete stare sicuri che saprò essere imparziale e possibilmente non del tutto escluso dalla vita politica».