Corriere della Sera, 29 ottobre 2022
Il marito di Nancy Pelosi è stato preso a martellate
«Dov’è Nancy?» Alle 2.27 della notte tra giovedì e venerdì, un uomo entra nella casa a tre piani dei coniugi Pelosi a San Francisco. La Speaker democratica della Camera è rimasta a Washington. C’è, invece, suo marito Paul Pelosi, 82 anni. L’intruso lo attacca con un martello, cerca di legarlo. Ma Paul reagisce, lotta, riesce ad afferrare quell’arma impropria potenzialmente letale. Arriva una pattuglia della polizia, anche se non è chiaro chi l’abbia allertata. I tre agenti si gettano sull’aggressore, lo immobilizzano, chiamano subito un’autoambulanza. Nella mattina i portavoce della Speaker fanno sapere che il marito di Nancy – che è stato operato – non è in pericolo di vita, anche se è stato colpito diverse volte. Si dovrebbe riprendere senza conseguenze.
Nel pomeriggio il comandante della polizia di San Francisco, William Scott, fa il punto in una laconica conferenza stampa: «L’arrestato si chiama David Depape, 42 anni. Stiamo ancora indagando sui motivi di quest’azione». Alcune indiscrezioni, però, filtrano sui media americani: Depape avrebbe condiviso via Internet una serie di post sulle teorie cospirative più strampalate che, ormai da anni, affliggono gli Stati Uniti. Ci sarebbero, in particolare, dei riferimenti alla gestione «dittatoriale» dell’emergenza Covid e, soprattutto alla Commissione di inchiesta sul 6 gennaio.
Per il momento le reazioni dei politici a Washington sono state uniformi. A parte la telefonata del presidente Joe Biden alla Speaker, anche i vertici del partito repubblicano hanno espresso «disgusto», «condanna», e «solidarietà» ai coniugi Pelosi. Si va dal leader dei senatori conservatori Mitch McConnell a Ted Cruz, uno dei parlamentari più ostili alla Speaker. Tace, invece, almeno per ora, l’ex presidente Donald Trump. Anche se è evidente che la fonte primaria delle bugie sia proprio lui. Da due anni a questa parte, dopo l’assalto a Capitol Hill, l’aggressività, l’insulto, la delegittimazione degli avversari sono diventate moneta corrente nella campagna elettorale condotta da centinaia di trumpiani, candidati, a vari livelli, nelle consultazioni di midterm (martedì 8 novembre). Ma, come dimostra l’esperienza, la violenza politica è uno dei virus sociali più contagiosi. Ieri tutti hanno ricordato il pericolo corso dal giudice della Corte suprema, Brett Kavanaugh l’8 giugno scorso, quando un ventiseienne californiano, John Roske, arrivò a Washington con un piano per ucciderlo. Motivo? Le posizione restrittiva sull’aborto di Kavanaugh e degli altri cinque togati conservatori. Il Dipartimento di Giustizia e l’Fbi sono da tempo in allarme. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le minacce a deputati e senatori, specie a quelli più visibili, come la repubblicana Liz Cheney o la democratica Alexandria Ocasio-Cortez, giusto per fare due esempi. In questo caso, però, colpisce come l’abitazione dei Pelosi a San Francisco non fosse protetta dalla polizia. A Washington, invece, l’appartamento della Speaker nel quartiere di Georgetown è costantemente vigilato dalla Capitol Police.
A quanto risulta finora, Paul era da solo. Raramente accompagna la moglie negli spostamenti politici. È così fin dall’inizio. I due si conobbero nell’Università di Georgetown. Si sposarono nel 1963. Cinque figli. Nancy seguì Paul a San Francisco e fu eletta nel Congresso solo nel 1987. Il marito, invece, continuò la sua attività di finanziere, accumulando un patrimonio stimato da «Forbes» in 130 milioni di dollari, compresa la casa di Pacific Higths, una delle aree più eleganti di San Francisco. Paul si era fatto notare nell’agosto scorso, quando fu arrestato e poi condannato a quattro giorni di carcere, poi sospesi, per «guida in stato di ebbrezza».