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 2022  ottobre 29 Sabato calendario

Fdi quasi al 30%. Il sondaggio di Pagnoncelli



Gli ultimi due anni e mezzo sono stati all’insegna di un diffuso senso di concordia favorito prima dall’emergenza sanitaria e poi dal governo di (quasi) unità nazionale che hanno contribuito ad attenuare la conflittualità politica e a garantire la pace sociale. La campagna elettorale e il voto del 25 settembre hanno posto fine a questo clima, sancendo il ritorno ad una accesa contrapposizione tra i partiti e gli elettorati in uno scenario che è diventato quadripolare. Non stupisce quindi che le opinioni sul nuovo governo e su Giorgia Meloni siano meno trasversali e più polarizzate rispetto a quelle riguardanti il suo predecessore e il governo uscente. I giudizi positivi prevalgono di poco su quelli negativi per il neonato esecutivo (42% contro 40%) e in misura superiore per la premier (44% contro 38%); l’indice di gradimento – calcolato come sempre mettendo in relazione le valutazioni positive e quelle negative, escludendo coloro che non esprimono un giudizio – risulta pari a 51 per il governo e a 54 per la presidente del Consiglio (il sondaggio è stato condotto dopo il suo discorso programmatico alle Camere). Sono dati che denotano un’apertura di credito anche da parte di una quota minoritaria ma non trascurabile di elettori che non hanno votato per i partiti della maggioranza.
Bisogna tener conto, infatti, che il centrodestra si è imposto con il 43,8% dei consensi (12,3 milioni di elettori) ma, tenuto conto del livello-record di astensione (16,7 milioni di elettori hanno disertato le urne e a questi si sommano 1,3 milioni di schede bianche o nulle) e dei voti ottenuti dai partiti dell’opposizione, la coalizione vincente rappresenta il 26,7% del totale degli elettori. In altri termini: la maggioranza nelle urne è minoranza nel Paese. In questo contesto non era affatto scontato per Meloni ottenere un giudizio positivo dal 23% degli elettori del centrosinistra, dal 27% dei pentastellati e dal 29% degli astensionisti, il che fa salire il suo gradimento ben oltre il livello del bacino elettorale della coalizione vincente.
Rispetto ai premier precedenti, Giorgia Meloni ottiene valori sostanzialmente in linea con chi ha guidato esecutivi molto caratterizzati politicamente (Prodi II, Berlusconi IV, Conte II) ma inferiori nel confronto con i presidenti dal profilo tecnico/istituzionale (Monti e Draghi) e con coloro che hanno guidato esecutivi di (più o meno) larghe intese (Letta e Renzi). A fronte dell’apertura di credito, tuttavia, i giudizi sulla squadra di governo sono più negativi (42%) che positivi (38%), presumibilmente per la presenza di 11 ministri che avevano già fatto parte di precedenti esecutivi di centrodestra. Da notare che tra gli elettori di Fratelli d’Italia il 20% si esprime negativamente e tra quelli degli alleati il dissenso sale al 23%, a conferma del fatto che la scelta di chi mettere a capo dei dicasteri non è mai indolore e provoca diversi malumori tra gli alleati.
Quanto i pronostici sull’azione del governo, il sondaggio fa emergere luci e ombre, infatti considerando otto diverse aree di intervento, per due di queste la previsione è di un miglioramento (controllo dell’immigrazione e politiche fiscali), per altre due gli ottimisti e i pessimisti di dividono a metà (ripresa economica/tenuta del Pil e rapporto dell’Italia con l’Unione Europea) e per le altre quattro prevalgono coloro che si aspettano un peggioramento (politiche ambientali, coesione e pace sociale, riduzione delle diseguaglianze e sostegno alle fasce sociali più deboli, rafforzamento dei diritti civili). Da notare che su quasi tutti i temi presi in esame, all’incirca uno su cinque sospende il giudizio in attesa di vedere i risultati e una quota analoga mostra disincanto, nella convinzione che le cose rimarranno invariate. I pronostici sulla durata del governo sono senza dubbio influenzati dalle tensioni all’interno della maggioranza che si sono manifestate in occasione dell’elezione del presidente del Senato e della scelta dei ministri: un italiano su quattro (27%) prevede che l’esecutivo durerà per l’intera legislatura, il 10% per tre o quattro anni, il 20% per un paio d’anni mentre il 18% ritiene che avrà vita breve.
Da ultimo gli orientamenti di voto e il gradimento dei leader. Il risultato elettorale ha confermato il famoso aforisma di Ennio Flaiano secondo il quale «gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso dei vincitori»: FdI vede aumentare di 3,8 punti il consenso rispetto al risultato ottenuto nelle urne, sfiorando il 30%; a seguire il Pd con il 18,8% (in flessione di 0,3%), il M5S con il 16% (+0,6%), la Lega con l’8% e il Terzo polo con il 7,1% (entrami in flessione di qualche decimale), quindi Forza Italia che fa registrare il calo più rilevante (perde 2 punti) attestandosi al 6,1%. Nel complesso il centrodestra grazie alla crescita di FdI e, in misura minore, di Noi moderati (+0,2), aumenta di 1,2% passando dal 43,8% al 45% ed incrementando il vantaggio sul centrosinistra che cala di 0,7% (da 26,1% a 25,4%). Tra i leader, escludendo Giorgia Meloni che nel nuovo ruolo ha visto aumentare il gradimento di quasi 20 punti rispetto a fine luglio, si registra una forte crescita dell’apprezzamento per Conte (+5), che guida la graduatoria, e Lupi (+3), mentre Letta fa segnare il calo più significativo (-7) seguito da Berlusconi e Calenda (entrambi -5) e Fratoianni (-3).
In un contesto caratterizzato da un’opposizione assai divisa, l’aumento del consenso per il centrodestra e per Giorgia Meloni denota la forte aspettativa di porre rimedio a problemi complessi e urgenti, a partire da quelli economici (inflazione e costo dell’energia in primis) e sociali (diseguaglianze crescenti e rischio povertà) che hanno determinato una crescente domanda di protezione da parte di famiglie e imprese in difficoltà. Ci si chiede quanto durerà la «luna di miele» che solitamente accompagna i governi nella fase iniziale della loro vita. Molto dipenderà dalla capacità di intervenire sulle emergenze e dall’attuazione delle riforme previste dal Pnrr, ma le incognite sono soprattutto due: innanzitutto la capacità di mantenere la pace sociale, aspetto tutt’altro che scontato dopo l’esperienza di governo di unità nazionale; è un problema di risorse economiche e di vincoli di bilancio, nonché di metodo (disponibilità a coinvolgere le parti sociali e non solo). In secondo luogo, la coesione della maggioranza: quest’ultimo da sempre risulta l’aspetto che maggiormente si riflette sull’apprezzamento del governo, a prescindere dal colore politico. A tale proposito, la crescita del consenso di FdI e di Giorgia Meloni a scapito degli alleati potrebbe rappresentare una seria minaccia.